Diritti

Conosci il burnout ma ignori il boreout? Scopri se e quanto sei a rischio

Le persone in boreout vivono una forte demotivazione sul posto di lavoro. Una condizione che porta alla noia e al malessere. Ecco come riconoscerla per fuggirne e non indurla sui collaboratori
Credit: Luis Villasmil
Tempo di lettura 5 min lettura
2 marzo 2024 Aggiornato alle 06:30

Non sarà un morso - come nell’Alba dei morti viventi - a trasformarci in zombi, ma il boreout!

Boreout (o bore-out) indica uno stato di insoddisfazione e di profonda demotivazione che un lavoratore può vivere e nasce proprio da un gioco di parole con il termine burn-out .

Il primo film in cui sono apparsi degli zombi è stato L’isola degli zombies*, un crudelissimo Bela Lugosi interpretava il dott. Legendre, che utilizzando un rito della religione vuduista era in grado di ridurre in schiavitù delle persone, costringendole a lavorare nelle sue piantagioni, sospendendole - rendendole degli zombie - tra la vita e la morte, e privandole della loro “vitalità”, nel vero senso della parola. Ecco! Il boreout è proprio: lavorare senza vitalità.

Moravia, nel suo capolavoro La Noia descrive così quello che oggi definiremmo il momento del passaggio al boreout: «la noia aveva lentamente ma sicuramente accompagnato il mio lavoro durante gli ultimi sei mesi, fino a farlo cessare del tutto in quel pomeriggio in cui avevo lacerato la tela; un po’ come il deposito calcareo di certe sorgenti finisce per ostruire un tubo e far cessare completamente il flusso d’acqua.» Boreout: la vitalità che smette di fluire.

La “sindrome da boreout” è stata descritta per la prima volta nel 2007 in un libro di due svizzeri, Philippe Rothlin e Peter Werder, in relazione alla sofferenza specifica derivante dalla sotto stimolazione e dalla noia sul lavoro.

Bisogna però essere chiari, è vero che esiste un diritto alla noia, ma solo quando siamo noi - liberamente - a sceglierlo.

L’espressione “annoiarsi da morire” ha delle basi scientifiche: stando a uno studio su 7.000 dipendenti pubblici seguiti per 25 anni, alti livelli di noia portano al doppio delle probabilità di decessi per malattie cardiache o ictus (correlate a cattive abitudini come fumo o alcool).

Inoltre un sondaggio condotto su circa 23.000 lavoratori francesi ha rilevato che oltre 2 lavoratori su 5 soffrono di noia sul lavoro. Rothlin e Werder stimavano al 15% la quota di lavoratori afflitti da boreout. Varie ricerche, a partire da quelle pionieristiche sulla noia di Wyatt del 1929, hanno dimostrato che la noia è causa di una minore produttività, errori, assenteismo, depressione, stress, ansia e bassa autostima.

Perché ci annoiamo a lavoro? Lo facciamo quando ci mancano 5 elementi:

- Senso più ampio e più grande del nostro lavoro;

- Sfide piccole o grandi, che possano motivarci e consentirci di personalizzare il nostro lavoro. Nulla è più noioso, lo sappiamo, di un lavoro che richieda un livello più basso delle nostre capacità;

- Cambiamenti e variazioni lavorative che rendano le nostre attività più interessanti e stimolanti;

- Interesse professionale per quello che facciamo o per l’azienda;

- Prospettive di crescita e di sviluppo personale e professionale.

I capi con i quali “non ci si annoia mai” lo sanno bene. Sono capaci di costruire uno storytelling del lavoro pieno di senso e ricorrono spesso a spiegare il perché piuttosto che il come di quello che ci chiedono di svolgere. Sono sempre alla ricerca di sfide e sanno valorizzare il contributo individuale di ciascuna e ciascuno. Non hanno paura di cambiare modello o organizzazione (anzi, forse lo fanno troppo spesso!) e sono sempre attenti alla crescita professionale (non solo economica) dei propri collaboratori.

Secondo alcuni ricercatori, la noia lavorativa si accompagna spesso al senso di colpa per essersi lamentati di “non avere nulla da fare” o al malessere per non averlo potuto dire per “vergogna”. Mentre essere sovraccarichi di lavoro arriva a essere motivo di vanto (il famoso busy bragging), essere annoiati genera vergogna, perché si ha paura di essere additati come scansafatiche o addirittura inutili.

Secondo gli psicologi, sono a maggior rischio di boreout donne, non-responsabili (chi non ha responsabilità di gruppi o di progetto), chi non osa lasciare il proprio impiego solo per paura di non trovarne un altro, millennials abituati a lavorare per obiettivi e in autonomia, se uno di questi due elementi viene meno, e iperqualificati o creativi se ingabbiati in attività ripetitive.

Per sapere se potresti soffrire di boreout, puoi farti delle domande.

- Trovo il mio lavoro insignificante o senza significato?

- Il mio capo mi delega compiti insignificanti?

- A lavoro, vengo utilizzato sotto le mie potenzialità?

- Nel mio lavoro mancano sfide nuove?

- Passo tutto il giorno – a lavoro - aspettando che finisca?

- Nel mio lavoro mi sento annoiato?

Se hai risposto troppi “Si” allora potresti essere a rischio boreout.

Non guardiamo però al problema del boreout solo come “vittime” o potenziali vittime. Chiediamoci, sempre, se non siamo il dott. Legendre di qualche nostro collega o se non stiamo trasformando in zombi una collaboratrice con il nostro modo di essere e di lavorare.

* La credenza degli zombi nasce proprio ad Haiti, dove in creolo si dice zonbi. È curioso che il film abbia fornito, venti anni dopo, al despota haitiano François Duvalier (che si faceva chiamare Papa Doc) un ulteriore strumento per alimentare il suo potere: si diceva che disponesse al suo servizio di un esercito di ex-oppositori trasformati magicamente in zombi. Mischiando superstizione (che si basava sull’uso distorto della cultura vudù) e violenza, arrivò ad assassinare oltre 30.000 persone. Creò un forte culto della personalità distribuendo volantini nei quali era ritratto insieme a Gesù che ponendogli una mano sulla spalla, diceva: “Io l’ho scelto!”

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