Ambiente

Rapporto Ambiente: quali sono i trend positivi e in cosa dobbiamo migliorare?

Il quadro che emerge dal 4° rapporto Ambiente di Snpa è incoraggiante. Buoni i dati circa energia rinnovabile e agricoltura biologica, ma c’è molto da fare per ridurre le emissioni di gas serra e il consumo di suolo
Credit: Gioia Maurizi  

Tempo di lettura 9 min lettura
23 febbraio 2024 Aggiornato alle 13:00

Come procede la lotta al cambiamento climatico in Italia?

Il quadro emerso dal Rapporto Ambiente di Snpa, presentato il 21 febbraio alla presenza del Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, non descrive un panorama privo di sfide, certo, ma quantomeno è incoraggiante.

Il Paese si sta muovendo bene verso gli obiettivi europei di sviluppo sostenibile per quel che riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, si registrano progressi significativi nella raccolta differenziata dei rifiuti e, seppur lentamente, nella qualità dell’aria, con una diminuzione del particolato Pm 2,5.

Ancora, ci sono buoni risultati nell’ambito dell’agricoltura biologica e nell’aumento dei controlli sugli impianti produttivi.

I problemi, invece, che vanno segnalati riguardano le emissioni di gas serra, l’impatto del turismo sui rifiuti urbani, la crescente produzione di rifiuti speciali e il consumo del suolo: tutte aree in cui il lavoro da fare è ancora in salita. La situazione rimane stabile per quel che riguarda i piani di adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione delle aree protette e quella del rumore.

Cosa va migliorato: i trend negativi

Vediamo più da vicino ciascuna delle voci comprese tra i trend negativi.

Le emissioni di gas serra rispetto al 1990 hanno registrato un abbassamento complessivo del 20%. Dunque, il traguardo per il 2020 è stato raggiunto, ma sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere quelli fissati per il 2030. In particolare, nel 2021, dopo una temporanea battuta d’arresto durante il periodo pandemico, le emissioni hanno registrato un aumento dell’8,5% rispetto all’anno precedente.

Il trend di riduzione delle emissioni, notato soprattutto a partire dal 2008, è il risultato di diversi fattori. Da un lato, si registra una diminuzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali, conseguenza della crisi economica e della delocalizzazione di alcune attività produttive; dall’altro, si assiste a una crescita significativa nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nell’aumento dell’efficienza energetica.

Se il quadro della gestione dei rifiuti è nel complesso incoraggiante, ci sono due aspetti specifici su cui sono necessarie strategie mirate. Prima di tutto, l’impatto che ha il turismo sui rifiuti urbani, la cui incidenza nel corso degli ultimi 15 anni ha avuto un percorso fatto di alti e bassi.

Dal 2006 al 2009 si è registrato un decremento costante, seguito da un aumento, seppur lieve, nel biennio successivo. Successivamente, si è assistito a un ulteriore calo fino al 2013, per poi risalire e raggiungere il picco di 9,71 kg pro capite nel 2019.

L’analisi conferma che le regioni con una forte pressione turistica sono quelle che subiscono maggiormente l’impatto sui rifiuti urbani: a essere particolarmente colpite da questo fenomeno sono il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta.

Ancora, sempre parlando di rifiuti, il report segnala una crescente produzione dei rifiuti speciali: qui, l’ambizioso obiettivo di una riduzione significativa entro il 2030 si scontra con una realtà in cui la produzione è in netta crescita. Solo nel 2021, il Paese ha generato circa 165 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, corrispondenti a 98 tonnellate per ogni milione di euro di Pil. Particolarmente preoccupante è il confronto con il 2020: nonostante una crescita del Pil del 7%, la produzione di rifiuti speciali ha visto un aumento del 12,2%.

Seppur in lieve miglioramento, un trend negativo è stato registrato per la qualità dell’aria: tra il 2013 e il 2022, il 45% delle stazioni di monitoraggio ha registrato una diminuzione nella concentrazione di Pm 10, con una media annuale di riduzione del 2,1%. Tuttavia, raggiungere gli obiettivi resta una sfida: nel 2022, il superamento del valore limite giornaliero è stato riscontrato nel 20% dei casi, segnalando una difficoltà nel rispettare le normative vigenti su tutto il territorio nazionale.

Infine, a preoccupare è il consumo del suolo, che continua a crescere senza sosta con un aumento di oltre 120.000 ettari nel periodo tra il 2006 e il 2022. Questo incremento, che rappresenta quasi il 40% del totale, è concentrato soprattutto nelle regioni settentrionali, in particolare in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna.

Dati, questi, che allontanano sempre di più il Paese dall’obbiettivo di azzeramento del consumo netto del suolo, come previsto dall’Ottavo Programma di Azione Ambientale e registrano una tendenza preoccupante, soprattutto considerando la brusca inversione di rotta dopo i segnali di rallentamento registrati nel 2020.

Cosa rimane stabile (ma migliorabile)

A registrare livelli sostanzialmente stabili, ci sono l’applicazione delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, la questione del rumore e l’attenzione per le aree protette, terresti e marine. Ma procediamo con ordine.

Nel corso del 2021 sono state approvate 4 strategie di adattamenti ai cambiamenti climatici, segnando un leggero aumento rispetto alle 2 approvate nel 2018. Tuttavia, questo incremento è da considerarsi insufficiente di fronte alle sfide climatiche in corso.

In particolare, è preoccupante osservare che, nonostante la Strategia Nazionale sia stata approvata già nel 2015, i progressi sono rimasti modesti e, nel complesso, insoddisfacenti. È dunque chiaro che è necessario un impegno maggiore e una visione condivisa per sviluppare piani di adattamento e mitigazione più efficaci.

Nel 2021, la percentuale di sorgenti che registrano superamenti dei limiti normativi per il rumore rimane alta, al 42,7%, seppur leggermente inferiore rispetto al dato del 2013, rimanendo nel complesso stabile.

Per mitigare l’inquinamento acustico, la normativa nazionale ha stabilito valori limite assoluti per diverse tipologie di sorgenti, sia per ambienti esterni sia per quelli interni, anche abitativi.

La zonizzazione acustica del territorio, che suddivide le aree in zone acustiche omogenee con limiti specifici, è uno strumento chiave per gestire il problema. Tuttavia, nel 2021 solamente il 63% dei comuni italiani ha approvato il Piano di classificazione acustica, evidenziando differenze significative nell’applicazione di questo strumento a livello regionale.

L’Unione europea si è posta l’ambizioso obiettivo di proteggere almeno il 30% della superfice terrestre e marina entro il 2030; tuttavia, per raggiungere il target, c’è ancora un gap del 19% da colmare per le acque marine e dell’8% per la superficie terrestre.

I trend positivi

Le energie rinnovabili

L’impiego di energia rinnovabile ha contribuito alla diminuzione delle emissioni dei gas serra. In particolare, l’analisi del trend dal 2004 al 2020 rivela un notevole aumento di queste fonti di energia, con una quota che quasi triplica nel periodo considerato dal 6,3% al 20,4%. Questo incremento, sostenuto dalle politiche di incentivazione, si è tradotto in un passaggio da 14 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) nel 2005 a 29 nel 2021, rappresentando circa il 20% del mix energetico nazionale. In parallelo, la domanda di energia da fonti fossili ha registrato una contrazione complessiva di circa 60 Mtep, con un decremento annuo del 3%.

Dunque, nonostante sia ancora distante l’obiettivo del 2030, nel 2020 la quota di energia rinnovabile ha superato il target di riferimento del 17%, registrando un notevole progresso rispetto al 2004.

Agricoltura biologica

Il Piano strategico nazionale per la politica agricola comune 2023-2027 ha posto la soglia del 25% dei terreni agricoli da destinare all’agricoltura biologica, anticipando così gli obiettivi del 2030 e sottolineando un’impostazione sempre più orientata alla sostenibilità. Questo dato è frutto di una costante crescita avuta nel corso dell’ultimo trentennio, sia in termini di operatori che di estensione dei terreni coltivati, contribuendo non solo alla produzione di alimenti più salutari, ma anche alla salvaguardia della biodiversità e alla tutela del suolo.

La gestione dei rifiuti urbani e la raccolta differenziata

Nel 2022, la produzione nazionale dei rifiuti urbani si è attestata a 29,1 milioni di tonnellate, registrando una riduzione dell’1,8% rispetto all’anno precedente. In questo scenario, la raccolta differenziata riveste un ruolo fondamentale nel mantenere separati i diversi flussi di rifiuti in base alle loro caratteristiche, favorendone il trattamento e il recupero.

Gli sforzi verso una gestione più efficiente sono evidenti soprattutto nel dato relativo al 2022, quando la raccolta differenziata ha registrato un incremento del 65%. In particolare, analizzando le frazioni dei rifiuti, emerge che l’organico è la tipologia più raccolta in Italia, rappresentando il 38,3% del totale, seguito da carta e cartone (19,3%) e vetro (12,3%).

Nonostante i progressi, rimangono alcune sfide significative da affrontare: sempre al 2022, i rifiuti urbani smaltiti in discarica ammontano a 5,2 milioni di tonnellate, pari al 17,8% del totale prodotto a livello nazionale.

Particolato Pm 2,5

Come visto, il trend sulla qualità dell’aria è ancora negativo, ma nel caso del PM2,5 si registra una riduzione dei livelli atmosferici, risultato conseguente alla riduzione delle emissioni di particolato primario e dei principali precursori del secondario, come ossidi di azoto, ossidi di zolfo e ammoniaca; tuttavia, il valore di riferimento annuale dell’Oms risulta superato nella maggior parte delle stazioni di monitoraggio.

Controlli agli impianti produttivi

I controlli effettuati sugli impianti produttivi per gli anni 2020-2021 mostrano complessivamente un trend positivo, con un aumento sia del numero di visite ispettive a livello nazionale e regionale, sia del numero di ispezioni Sveso. Questo aumento significativo delle verifiche rappresenta un passo importante verso una maggiore vigilanza e controllo sul rispetto delle normative ambientali e di sicurezza negli impianti industriali.

Qualità delle acque

Infine, registra un buon risultato anche la qualità delle acque. Nello specifico, negli ultimi anni, l’Italia ha registrato significativi miglioramenti nello stato chimico dei suoi fiumi e dei laghi: nel periodo 2016-2021, a livello nazionale, ben il 78% dei fiumi è stato classificato in stato chimico buono, mentre solo il 13% è risultato non buono (il restante 9% ancora non è stato classificato). Per quanto riguarda i laghi, il 69% si è dimostrato in stato buono, mentre l’11% ha ottenuto una valutazione negativa e il restante 20% è in attesa di valutazione.

Parallelamente, per quanto riguarda le acque sotterranee, a livello nazionale nel periodo di riferimento il 70% dei corpi idrici è stato classificato in stato chimico buono, con un notevole incremento del 58% registrato tra 2010 e 2015.

Infine, l’analisi delle acque marino-costiere nazionali mostra che più del 66% dei corpi idrici si trova in uno stato ecologico buono, avvicinandosi così agli obiettivi stabiliti dalla norma vigente.

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