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Proteste trattori, Ong Deafal: solidarietà con gli agricoltori, ma il problema non è l’Europa

Andrea Cattaneo, responsabile della comunicazione della Delegazione Europea per l’Agricoltura Familiare di Asia, Africa e America Latina, ha spiegato a La Svolta perché non è corretto considerare «il Green Deal e le misure ecologiste Ue» responsabili della crisi del settore
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23 febbraio 2024 Aggiornato alle 17:00

Mentre le proteste dei trattori continuano con presidi e blocchi stradali sparsi per l’Italia, Deafal - Agricoltura Organica e Rigenerativa ha preso posizione: «Siamo solidali con i coltivatori, ma non possiamo arretrare sulle politiche ecologiche europee». Secondo l’organizzazione non governativa, occorre prendere atto della crisi evidente nel settore agricolo ma «additare il Green Deal e le misure ecologiste Ue come responsabili è miope e pericoloso».

La Svolta ne ha parlato con Andrea Cattaneo, responsabile comunicazione di Deafal - Agricoltura Organica e Rigenerativa.

Qual è la vostra posizione sulle proteste dei trattori?

Le proteste degli agricoltori in Europa hanno sin qui avuto un merito, quello di porre sotto i riflettori la crisi strutturale che affligge il settore primario e l’intera filiera agroalimentare nell’Unione europea. Il problema, però, è che queste rivendicazioni indicano un colpevole sbagliato: le strategie del Green Deal e Farm to Fork dell’Ue. Additare le misure ecologiste comunitarie come responsabili delle difficoltà del settore agricolo equivale a guardare il dito, quando si dovrebbe guardare la Luna. La luna, in questo caso, è l’evidenza che oggi produrre cibo in Europa è economicamente insostenibile e gli agricoltori sono costretti a vendere sotto i costi di produzione: in questa prospettiva le manifestazioni di dissenso sono anche comprensibili e legittime. Attribuire invece al Green Deal le responsabilità di questa crisi è un atto miope e pericoloso, considerando anche che queste politiche sono state vanificate dalle recenti decisioni delle stesse istituzioni europee. Esprimiamo quindi solidarietà agli agricoltori, per le evidenti difficoltà che si trovano a fronteggiare, ma sosteniamo la necessità di affrontare con urgenza le sfide che minacciano la sostenibilità economica e ambientale dell’agricoltura europea e siamo contro ogni strumentalizzazione della campagna per scopi politici o di tutela di interessi economici.

Se produrre cibo in Europa è economicamente insostenibile, cosa si può fare?

Le politiche dell’Ue sono a nostro avviso cruciali per il settore agroalimentare e possono avere un impatto enorme per garantire la sopravvivenza delle aziende agricole e al tempo stesso assicurare una transizione verso pratiche sostenibili: è evidente che un cambiamento può e deve partire proprio dalle politiche agricole comunitarie. Riformare la Politica Agricola Comune (Pac) è senza dubbio molto complesso, ma la transizione ecologica non è rinviabile.

Cosa potrebbe fare, nel dettaglio, l’Unione europea?

L’Ue dovrebbe trovare e applicare nuovi strumenti in grado di garantire la redditività delle aziende in questo nuovo scenario di transizione e riconversione ecologica. Riportiamo qui giusto alcuni esempi:

- modificare i sussidi e la loro assegnazione, favorendo le pratiche che vanno in direzione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, e non solo l’estensione dell’azienda agricola;

- introdurre politiche di salvaguardia della produzione e della commercializzazione interna, per proteggere i prodotti Ue dalla competizione con prodotti extra europei, che dovranno rispettare standard di sostenibilità inferiori e quindi costeranno meno;

- regolamentare in modo chiaro tutta la filiera agroalimentare, con particolare attenzione alla grande distribuzione, oltre che effettuare controlli efficaci per riconoscere e garantire un prezzo equo agli agricoltori europei, eliminando ogni pratica speculativa

A monte di tutto, quali sono le cause della crisi del settore agricolo?

Domanda molto complessa, che richiederebbe un intero trattato. Provando a sintetizzare, possiamo identificare 5 principali elementi critici:

1. L’insostenibilità economica. Il sistema agroalimentare, nonostante gli alti costi di produzione che devono sostenere gli agricoltori, non riconosce il valore del prodotto agricolo e costringe, in molti casi, e vendere la propria produzione sottocosto.

2. Le logiche monopolistiche. Dobbiamo essere coscienti del fatto che un numero limitato di grandi gruppi industriali esercita un controllo significativo sul mercato globale delle attrezzature agricole, sul settore delle sementi, dei fertilizzanti e dei pesticidi e sulla commercializzazione di cereali e altre derrate alimentari. Questo controllo può influire direttamente in due modi: da un lato incide sui prezzi di acquisto per gli agricoltori, soggetti a forti oscillazioni, dall’altro sui prezzi di vendita dei prodotti agricoli, che non seguono l’andamento dei costi delle materie prime.

3. La speculazione finanziaria e le pratiche commerciali sleali. Ai fattori elencati si aggiunge la mancata attuazione della direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali, approvata nel 2022, in cui si impone ai distributori di pagare ai produttori il giusto prezzo, per evitare che i prezzi agricoli siano soggetti a speculazioni finanziarie o a speculazioni lungo la filiera distributiva.

4. La distribuzione iniqua dei fondi europei. L’Ue destina un terzo del proprio budget proprio alla Politica Agricola Comune (Pac), ma oggi l’80% dei fondi viene assegnato al 20% delle aziende agricole, principalmente grandi gruppi agricoli. Una delle conseguenze di questo approccio è la scomparsa delle piccole aziende agricole e l’aumento di estensione di quelle che rimangono: negli ultimi 20 anni il numero di aziende agricole in Italia si è dimezzato, ma la superficie media è più che raddoppiata.

5. Il cambiamento climatico. Agricoltura e cambiamento climatico sono strettamente connessi e gli agricoltori ne pagano le conseguenze. La maggiore frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi, per fare un esempio, può compromettere le rese delle coltivazioni e provocare danni economici, non solo azzerando i raccolti, ma anche danneggiando le strutture dell’azienda. Gli effetti del cambiamento climatico possono portare a rese sempre più instabili e incerte, alla diffusione di nuove infestanti e patogeni, a un aumento del fabbisogno idrico, a fronte di risorse sempre più scarse: tutto questo mette gli agricoltori in condizioni di fragilità.

In che senso il sistema agroalimentare mette gli agricoltori in condizioni di dipendenza rispetto a grandi gruppi agroindustriali, fonti fossili e sussidi europei?

Il modello agroindustriale e la crisi del settore agricolo, come abbiamo visto con le proteste di queste settimane, mettono gli agricoltori in condizioni di subalternità, che minano l’indipendenza dell’azienda. Per riassumere potremmo identificare 3 ambiti.

1. La dipendenza dai grandi gruppi agroindustriali per l’acquisto di sementi, fertilizzanti, pesticidi e altri input agricoli. Queste società, spesso grandi gruppi che hanno quote importanti del mercato, sono nelle condizioni di esercitare un controllo sui prezzi e sulle condizioni di fornitura.

2. La dipendenza dalle fonti fossili. Il settore agricolo è fortemente dipendente dall’uso di combustibili fossili per alimentare i macchinari agricoli, per il trasporto dei prodotti e per la produzione di fertilizzanti e pesticidi. Questa dipendenza rende gli agricoltori soggetti alle fluttuazioni dei prezzi del petrolio, oltre ad aumentare l’impatto ambientale dell’agricoltura.

3.La dipendenza dai sussidi europei. Gli agricoltori possono essere fortemente influenzati dai sussidi agricoli forniti dall’Unione Europea a causa della scarsa redditività dell’agricoltura. Questi sussidi possono determinare scelte colturali e investimenti seguendo le direttive (anche se queste non sono in linea con le esigenze aziendali o con una gestione sostenibile delle risorse).

La Ong Deafal (Delegazione Europea per l’Agricoltura Familiare di Asia, Africa e America Latina), costituita nel 2000, si occupa di Sviluppo Rurale. Quali sono i vostri progetti in questo momento?

Deafal è un’organizzazione non governativa senza fini di lucro che si impegna per migliorare le condizioni di vita dei produttori agricoli, l’autodeterminazione alimentare delle comunità e la tutela del territorio e dell’ambiente. Supportiamo la rigenerazione e la cura degli agro-ecosistemi, a sostegno dei diritti e della dignità delle comunità rurali e urbane, attraverso la collaborazione con agricoltori, allevatori, cittadini, studenti, docenti, famiglie. Siamo una realtà estremamente eterogenea, attiva su diversi fronti.

- La Cooperazione Internazionale: abbiamo attivi alcuni progetti in Africa, Togo e Marocco, a esempio, per condividere esperienze e conoscenze con agricoltori locali, in una logica di scambio e arricchimento reciproco:

- L’Educazione alla Cittadinanza Globale: organizziamo progetti, anche internazionali, di educazione e sensibilizzazione rivolti alle scuole e ai cittadini.

- L’Agricoltura Organica e Rigenerativa: seguiamo diverse aziende agricole da un punto di vista agronomico, organizziamo corsi di formazione e divulgazione e portiamo avanti progetti di innovazione con enti di ricerca e realtà agricole italiane.

Inoltre facciamo parte di Azione TerrAE, coalizione per la transizione agro-ecologica, formata da 7 associazioni di cooperazione internazionale (ACRA, CISV, COSPE, DEAFAL, LVIA, Mani Tese, Terra Nuova) e nei mesi scorsi abbiamo lanciato la campagna Difendi La Rigenerativa, per difendere e promuovere l’agricoltura rigenerativa, a cui hanno aderito già oltre 160 aziende agricole e più di 500 cittadini.

Cosa si intende per agricoltura organica e rigenerativa?

In estrema sintesi, l’agricoltura organica e rigenerativa (Aor) è un approccio che si fonda sulla rigenerazione del suolo e sulla corretta nutrizione delle piante, incrociando le buone pratiche con le moderne conoscenze scientifiche. L’Aor mira non solo a coltivare cibo, ma anche a ripristinare e migliorare la salute del suolo, preservare la biodiversità, contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, allo scambio delle conoscenze e alla rigenerazione delle comunità, dei territori, delle relazioni tra esseri viventi. L’Aor mette a disposizione dei produttori tecniche e tecnologie facilmente applicabili in campo, riducendo il ricorso a input esterni e contribuendo ad aumentare il dinamismo dell’azienda e a contenere i costi di produzione. Con questa modalità di lavoro, l’agricoltura organica e rigenerativa cerca di fare dell’azienda agricola un sistema efficiente dal punto di vista economico, ambientale e sociale.

Come si può educare la “cittadinanza globale” e italiana su questi temi?

Sicuramente uno sforzo importante deve essere fatto dalle realtà che si occupano di agricoltura e sostenibilità: occorre unirsi per raggiungere un obiettivo comune, quello di portare questi temi e le proprie ragioni nel dibattito pubblico. Un altro ruolo fondamentale è quello dell’opinione pubblica: bisogna evitare semplificazioni eccessive, sensazionalismo e strumentalizzazioni per interessi politici o economici, come purtroppo avvenuto su molti media per la protesta dei trattori. Sono tematiche estremamente complesse che non possono avere soluzioni semplici. Noi proviamo a fare la nostra parte da un lato attraverso attività di divulgazione e formazione, rivolte sia ai cittadini che alle aziende agricole, dall’altro cercando di costruire reti tra le realtà che si occupano di queste tematiche.

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