Diritti

La presenza di donne nei consigli di amministrazione migliora i processi decisionali

L’Harvard Business Review evidenzia l’impatto positivo delle manager nei Cda: sono più preparate, approfondiscono maggiormente i temi rispetto ai loro colleghi e non hanno paura di ammettere di non sapere qualcosa. Inoltre, aumentano le probabilità di crescita dell’azienda
Credit: Cloris Ying 
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26 febbraio 2024 Aggiornato alle 09:00

In Ue entro il 2026 le donne dovranno essere il 40% degli amministratori non esecutivi nei consigli di amministrazione delle aziende quotate in borsa. A stabilirlo è stata nel 2022 l’Unione, per “garantire che l’equilibrio di genere nei Cda delle grandi società quotate sia assicurato”.

“Dopo 10 anni dalla proposta della Commissione europea, ora avremo una legge europea sulla parità di genere nei Consigli di amministrazione delle società. Il soffitto di vetro che impediva alle donne di accedere alle posizioni di vertice delle aziende è stato infranto. È un momento davvero storico e commovente”, aveva twittato in merito Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea.

Entro la fine di giugno 2026, il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi e il 33% di tutti i posti di amministratore dovranno quindi essere occupati dalle lavoratrici. Il criterio principale durante le procedure di selezione rimarrà il merito e l’attribuzione dei posti dovrà essere trasparente. Le società interessate dalla direttiva dovranno fornire ogni anno alle autorità competenti le informazioni riguardo la rappresentazione delle donne nei loro Consigli di amministrazione (l’obbligo non si applicherà alle Pmi con un numero inferiore ai 250 dipendenti). Nel 2022, anno in cui il decreto è entrato in vigore, la media europea per la presenza di amministratrici nei Cda era del 30,6%, ma con forti disuguaglianze tra gli Stati membri.

Come osserva William Russell, società assicurativa parte del gruppo Allianz, a fine 2022 il Paese con il tasso più alto di donne nei Cda era l’Islanda con il 47,1%, seguito dalla Francia con il 45,3% e dall’Italia che, tramite la Legge Golfo Mosca del 2011, è passata dal 7% circa al 38,8%.

La presenza femminile nei ruoli dirigenziali può essere particolarmente positiva da un punto di vista decisionale. Lo sottolinea l’Harvard Business Review nello studio Come le donne migliorano il processo decisionale nei Cda, che fornisce indicazioni e opinioni di dirigenti (maschi e femmine di oltre 200 società quotate nelle principali borse Ue e Usa) su come la presenza delle donne influenzi i consigli d’amministrazione.

Dalla ricerca è emerso che le donne consigliere arrivano alle riunioni ben preparate, attente alla responsabilità, presentando domande che influiscono sulle decisioni, come testimoniano alcune risposte: “Le donne sono le api operaie, quelle super preparate e pronte a fare il lavoro” ha notato una delle intervistate, al quale ha fatto eco un’altra risposta, “Le donne sono direttrici più attente, più preparate e più competenti”.

Altro aspetto interessante riguarda la condotta per “rompere gli schemi” rispetto alle norme tradizionali: le donne direttrici ammettono quando non sanno qualcosa e sono più disposte a fare domande approfondite. Come ha osservato un altro partecipante all’intervista, “le donne non hanno paura di chiedere e di mostrare che ci sono cose che non sanno”. Un dirigente che ha fatto parte di oltre 20 consigli di amministrazione nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Germania ha detto: “Non mi sono mai seduto in un consiglio di amministrazione in cui una donna non dicesse nulla”.

Inoltre, la presenza femminile depoliticizza il dialogo. Come ha commentato una direttrice: “L’atmosfera è diversa quando ci sono donne in sala… Gli uomini diventano meno competitivi e le donne creano un’atmosfera più aperta. Questo lascia spazio alla discussione di argomenti che altrimenti non sarebbero stati affrontati”.

E ancora, un’altra testimonianza riportata nella ricerca: “I presidenti mi hanno detto che sentono che il rischio è minore quando prendono una decisione, perché è stata considerata con più attenzione, mentre in passato, quando erano tutti uomini, si limitavano a guardare le componenti finanziarie”.

La partecipazione femminile nei Cda pare dunque ridurre “l’ignoranza pluralistica”, che si manifesta quando gli individui di un gruppo sottovalutano la misura in cui gli altri possono condividere le loro preoccupazioni; con la loro presenza, inoltre, le donne rendono possibili discussioni più sfumate e profonde.

E la partecipazione femminile nei consigli aumenta anche le possibilità di crescita per il rendimento finanziario. Come evidenzia l’analisi Diversity Matters Even More: The Case for Holistic Impact, il quarto rapporto di McKinsey dedicato alla relazione tra diversità di leadership e performance aziendale, le imprese con una rappresentanza femminile superiore al 30% nell’ambito del top management hanno molte più probabilità di registrare buoni rendimenti finanziari, addirittura superiori rispetto alle aziende con una quota rosa pari o inferiore al 30%. Allo stesso modo, le imprese con diversità etnica hanno un vantaggio finanziario del 27% in più rispetto alle altre.

Le politiche sulla diversità, equità e inclusione (Dei), quindi, sono vantaggiose. Dal 2015 (il primo anno di pubblicazione dei report sulla diversità di McKinsey) a oggi la rappresentanza femminile nei team esecutivi è cresciuta costantemente. Se 9 anni fa, infatti, le società con più donne avevano una probabilità maggiore del 15% di avere una sovra-performance finanziaria rispetto alle altre, a fine 2023 la cifra ha raggiunto il 39% (così come nel caso della diversità etnica).

E le quote rosa, intanto, crescono. I dati più aggiornati mostrano infatti che, a livello globale, un quinto dei membri del top management delle aziende sono donne, un terzo in più rispetto al 2020. 8 aziende su 10, inoltre, hanno almeno una donna nel loro team esecutivo, mentre 7 su 10 ne hanno più del 10%. Allo stesso tempo, la diversità di genere nei team esecutivi è passata dal 14% nel 2020 al 20% odierno, mentre quella riferita alla diversità etnica è passata dal 12% del 2020 al 15% di fine 2023.

Ma l’impatto non è solo economico: in tutti i settori esaminati, una maggiore diversità nei Cda e nei gruppi dei dirigenti è correlata a punteggi di impatto sociale e ambientale più elevati. In particolare, analizzando la relazione tra la diversità e le 3 componenti dell’impatto olistico (comunità, forza lavoro e ambiente), McKinsey ha riscontrato correlazioni positive con la diversità di leadership etnica e di genere in tutti i casi.

La partecipazione femminile al mercato del lavoro è importante per creare ulteriore ricchezza e crescita economica all’interno dei Paesi. La direttiva europea sulla presenza femminile nei Cda va in questa direzione, nell’auspicio che contribuisca a favorire l’uguaglianza di genere in tutti gli ambiti.

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