Futuro

Intelligenza artificiale: per crescere le aziende devono saperla applicare

Un report condotto dalla multinazionale Hotwire, in collaborazione con House of Beautiful, mostra i possibili scenari futuri delle realtà che decideranno di integrare o meno l’AI nel loro storytelling
Credit: Teslariu Mihai 
Tempo di lettura 5 min lettura
10 marzo 2024 Aggiornato alle 20:00

Colui che non va avanti, inevitabilmente torna indietro. Quanto è vero, e a dimostrarlo è una delle questioni che più sta influenzando il modo di concepire la realtà: l’intelligenza artificiale.

Odio e amore, paura e coinvolgimento. Il suo avvento ha provocato in molti un turbinio di emozioni talmente contrastanti che ancora adesso è complesso comprendere cosa effettivamente ne pensino le persone. Quello che non tutti sanno è che il termine intelligenza artificiale, seppur recente, non è così contemporaneo come si crede. Il suo esordio è collocato a metà degli anni ‘50. Precisamente nel 1956, quando un gruppo di studiosi si riunì al Dartmouth College, negli Stati Uniti, con lo scopo di esaminare la congettura secondo cui ogni aspetto dell’intelligenza umana potesse essere descritto talmente bene da essere simulato poi da una macchina. Ma allora, perché il dilemma sulla sua nocività è emerso solamente ora?

Sicuramente, complici di ciò, sono gli studi sull’AI che si sono perfezionati con il tempo, così come il fatto che soltanto ai giorni nostri se ne sia trovata l’applicabilità consona anche nei settori meno scientifici e nella vita quotidiana. Mai come negli ultimi anni, d’altronde, il fenomeno ha condizionato non solo il modo di vivere, ma anche la definizione di lavoro.

Le aziende adesso si trovano quindi di fronte a un bivio: abbracciare questa nuova tecnologia e appropriarsi dei benefici e dei rischi, o perdere un treno che però potrebbe definire la loro esistenza futura.

A cercare di dipanare i dubbi sul da farsi ci prova il report La narrazione di marca nell’era dell’IA, svolto dall’agenzia di consulenza di marketing e comunicazione tecnologica Hotwire e dal suo team di esperte ed esperti, in collaborazione con House of Beautiful Business, una rete dedicata all’economia la cui missione è creare un business inclusivo e sostenibile.

Lo scopo dell’indagine, presentata da Beatrice Agostinacchio, Managing Director di Hotwire Italia e Spagna, in occasione dell’Italian Tech Alliance, è stato chiaro fin da subito: comprendere come le imprese possano (e debbano) integrare nel loro storytelling la rivoluzione in atto e, ancor di più, cosa accadrà a chi deciderà di non farlo.

Da questa domanda si sono sviluppate le interviste a esperti di intelligenza artificiale, giornalisti, cyber psicologi e designer che hanno portato alla creazione di una “Matrice” delle narrazioni, ovvero un quadro di spazi pensati per accompagnare i brand nella decisione di come orientare la loro prospettiva. Detto con parole più semplici, sono stati individuati 4 parametri di collocamento in cui le aziende sono in grado di individuare le sfide e le opportunità che si aprono decidendo di integrare e sviluppare, o di non farlo, strategie rapportate con l’IA.

Come da manuale, agli estremi di questi archetipi c’è chi ha già scelto di porre l’intelligenza artificiale al centro della narrazione e chi invece si mostra scettico tendendo al conservatorismo. Vi sono poi le vie di mezzo rappresentate da coloro che la utilizzano, ma non ancora in modo integrale. Secondo i risultati del report la prima categoria sarà quella che riuscirà meglio a farsi strada in futuro, e non perché le altre scarseggino di abilità o competenze, ma perché inevitabilmente il mondo sta cambiando e, con esso, la concezione di quotidianità e del lavoro così come lo abbiamo pensato finora.

Si tratta, banalmente, della fine di un ciclo e dell’inizio di un altro. Un flusso che è già avvenuto in passato anche solo con la crescita di internet o, prima ancora, con la rivoluzione industriale. Il cambiamento è parte integrante della natura e dell’uomo, che in questo caso ne è l’artefice, ed è compito suo decidere se adeguarsi e comprenderlo oppure rimanere indietro. E per quanto la seconda strada possa apparentemente sembrare la più semplice, la prima è quella che necessita di essere intrapresa.

Questo concetto, collegato all’intelligenza artificiale, non significa annientare la mente o addormentare il cervello, ma esattamente il contrario. Vuole dire allenarlo ancor di più per raggiungere risultati a oggi impensabili, in termini economici, ambientali e di salute. A spiegarlo bene è la stessa Beatrice Agostinacchio nel suo intervento: «è dovere dei marchi abbracciare l’IA e determinare il proprio comportamento nei suoi confronti, per impostare una narrazione coerente e aggiornata che rimanga in linea con il loro pubblico di riferimento. Grazie alla Matrice che abbiamo sviluppato, le aziende possono avere una visione più chiara di come comportarsi e di come applicare l’Intelligenza Artificiale nelle loro strategie di business e di comunicazione, comprendendo le sfide e le opportunità di questa nuova era».

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