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Rapporto esseri umani - biodiversità: ecco perché dovremmo ispirarci alla Thailandia

Secondo Elisa Serafini «In Italia abbiamo una visione antropocentrica» mentre in altri contesti «come quello tailandese, gli animali hanno addirittura più diritti, perché più vulnerabili». Intervistata da La Svolta, la giornalista ha parlato anche di governance, battaglie sociali, interculturalità e diritti umani
Elisa Serafini
Elisa Serafini
Tempo di lettura 9 min lettura
14 febbraio 2024 Aggiornato alle 10:00

Fin dal primo giorno, La Svolta si è occupata di raccontare i grandi cambiamenti in corso nel mondo, prestando particolare attenzione all’ambiente, ai diritti, all’innovazione sociale, culturale e tecnologica, dando voce soprattutto ai giovani e alle donne, nelle cui mani è riposto il futuro, a partire dalla transizione ecologica.

Per fare questo, vuole dare spazio e parola a professionisti e professioniste impegnate nel sociale, fonti di ispirazione, che con la loro visione e intraprendenza ogni giorno si impegnano a far rete e a creare progetti di crescita, per migliorare il benessere della comunità.

Ha quindi intervistato Elisa Serafini, giornalista economica, ex manager e investitrice; laureata in Economia Internazionale (ha studiato in Italia e negli Usa), oggi collabora con media italiani e internazionali, scrivendo principalmente di economia, finanza, politica ed esteri. All’attività di giornalista, Serafini affianca quella di ghost writer per fondi di investimento e banche, e di investitrice, principalmente in startup e immobili. Nel 2021 ha fondato la sua startup Politically, piattaforma tecnologica che permette a candidati alle elezioni politiche di raccogliere fondi in maniera trasparente; è anche autrice di Fuori dal Comune - Dietro le quinte della politica, Economia e Unicorni - capire l’economia dalle notizie di tutti i giorni.

Manager, imprenditrice, giornalista e attivista. Chi è Elisa Serafini?

Ho iniziato a lavorare molto giovane, a 19 anni, e da sempre sono riuscita a portare avanti diversi lavori contemporaneamente allo studio e alla mia attività associativa e civica. Durante l’università ho svolto diversi tirocini, uno inerente le attività di stage internazionali presso l’Università Bocconi e l’altro nell’ufficio Responsabilità sociale d’impresa in Borsa Italiana. Sempre durante gli anni universitari ho iniziato a lavorare in una società immobiliare, occupandomi di marketing e strategia; la sera mi dedicavo a un’altra passione: la scrittura di blog e articoli di giornale. Nei successivi otto, nove anni sono passata al settore tech e nel 2017 sono stata eletta al Consiglio Comunale di Genova in una lista civica, e nominata Assessore al Marketing Territoriale, Cultura e Politiche Giovanili. Mi sono dimessa dalla carica l’anno successivo per divergenze con l’amministrazione comunale, denunciando pressioni riguardo indicazioni di spesa di fondi pubblici.

Ci racconta brevemente i risultati di cui è più orgogliosa?

Ho cercato di svolgere il mio lavoro con serietà e passione, pertanto i risultati sono semplicemente conseguenze di questo approccio, ottenibili da chiunque dedichi impegno al proprio lavoro. Ho fatto anche molti errori ma se devo citare qualche risultato di cui sono più orgogliosa, probabilmente riguardano la riorganizzazione tecnologica e strategica di House&Loft che ha portato a un aumento del fatturato e dell’efficienza organizzativa rispetto alle criticità che la società immobiliare stava vivendo, in particolare nell’anno nero dell’immobiliare ovvero il 2012.

Un altro risultato di cui sono orgogliosa è il successo di Uber Pop nella città di Genova, divenuta la città a più alta crescita in Europa nell’utilizzo di Uber, nel periodo in cui ricoprivo il ruolo di Marketing Manager. Un altro traguardo ancora di cui posso definirmi orgogliosa è l’aver promosso e ottenuto la prima discussione sindacale tra AssoDelivery (l’associazione italiana dell’industria del food delivery) e le tre principali sigle sindacali italiane, Cgil, Cisl e Uil. Per ultimo, l’attività di Assessore presso il Comune di Genova, dove sono riuscita a ridurre i costi della spesa pubblica di circa il 15% e aumentato gli sponsor che hanno investito in attività culturali a favore della città.

Si ricorda quando e per quale “battaglia” ha iniziato a essere un’attivista per i diritti umani? Di quale filone si è maggiormente occupata negli anni?

Fin da bambina mi sono sempre interessata a tematiche di giustizia sociale e ricordo quando a sei anni ho sgridato un passante che aveva buttato una carta di gelato per terra. Le mie battaglie “sociali” iniziano dalla scuola e dall’università, fin dal liceo dove ho ricoperto il ruolo di rappresentante. Ho sempre avuto un forte interesse per i diritti umani, leggendo libri a riguardo e analizzando strategie per promuovere il dialogo interreligioso e interculturale, prendendo esempio da casi reali di attività di dialogo e di promozione della collaborazione tra studenti palestinesi e israeliani che erano stati promossi dalla Jerusalem University.

Quali sono state le risorse (libri o simili) o le persone che l’hanno supportata o ispirata nel suo attivismo per la consapevolezza sociale?

Tra il terzo e il quarto liceo, ho provato un forte interesse verso le tematiche riguardanti la libertà individuale. Ho iniziato a documentarmi e leggere tutti i classici del pensiero liberale, quali John Stuart Mill, John Locke, Voltaire, Max Weber, per poi interessarmi anche degli economisti attraverso i libri dell’Istituto Bruno Leoni, una fondazione che promuove la diffusione del pensiero liberale nell’economia.

Ha scritto Fuori dal Comune – dietro le quinte della politica dove ha denunciato episodi di illegalità e proposto modelli a sostegno della trasparenza nella Pubblica Amministrazione. Può indicarci proposte pratiche per la costruzione di nuovi sistemi di interazione e gestione tra politica, società, imprese e media?

Tra le proposte pratiche che ho inserito in Fuori dal comune ci sono principalmente proposte di governance, ovvero di gestione del rapporto tra pubblico e privato. Al momento in Italia soggetti pubblici e soggetti privati cooperano e collaborano, ma non sempre in un’ottica di interesse pubblico. Mi spiego meglio: in un’ottica di interesse pubblico noi dovremmo avere un soggetto pubblico che delega al privato dei compiti o delle responsabilità, trovando un vantaggio reciproco. Quindi il pubblico risparmia e il privato guadagna. Non sempre è così. Oggi in Italia, in alcune tipologie di partnership pubblica privata, il pubblico perde e il privato guadagna. E se il pubblico perde perdono anche i contribuenti perché aumenta la spesa pubblica o aumentano le inefficienze e quindi bisogna alzare le tasse o ridurre i servizi. Quindi le proposte principali del mio libro sono rivolte a una riorganizzazione delle governance pubblica private in particolare nelle attività promozionali delle città, nei musei, nei servizi sociali, nei servizi alla persona e in molti altri aspetti.

Crescita collettiva, imprese sostenibili, politiche a lungo termine: descrive così la politica e l’economia della Thailandia dove ha scelto di trasferirsi. Pensa che il Sud Est asiatico sia il nuovo modello su cui vivere e investire rispetto alla vecchia Europa?

Il Sudest asiatico è la regione più in crescita al mondo sia dal punto di vista economico che sociale. Qui la velocità di crescita è impressionante ed è dovuta a fattori tecnologici, culturali e di politiche pubbliche. Tutti questi tre fattori concorrono a uno sviluppo che genera grande ottimismo nella popolazione e un clima di serenità e fiducia. Credo che lavorare, studiare o investire nel sud est asiatico possa rappresentare per ogni europeo una possibilità di crescita di evoluzione. Si possono apprendere dei modelli di crescita e di gestione della governance pubblica e delle aziende private che poi possono essere sfruttati anche in Occidente. A esempio, qui tutte le società, anche di piccoli servizi, gestiscono le relazioni con i clienti tramite dei programmi di chat appositi. Esistono consegne per qualunque tipo di prodotto. La relazione con il pubblico è completamente digitale e ci si può relazionare con qualunque ufficio pubblico velocemente. In Thailandia la disoccupazione è meno dell’1% e il mismatch tra domanda e offerta nel mercato del lavoro non esiste.

Al centro dei suoi scritti e dibattiti c’è spesso la sostenibilità ambientale, tema caro al nostro quotidiano. Quanto strada deve fare ancora l’Italia per raggiungere i livelli dei Paesi esteri?

Io credo che serva una rivoluzione del pensiero intorno all’ambiente, ovvero: in Italia noi abbiamo una visione antropocentrica; quindi, la natura è al servizio dell’essere umano. La natura è intesa come piante ma anche come animali. In contesti come quello tailandese questo approccio è completamente diverso. Esempio pratico: in Italia se un orso uccide una persona, l’orso viene ucciso. In Thailandia capita che ci siano morti a causa degli animali selvatici, come a esempio gli elefanti, ma nessuno si sognerebbe di uccidere gli elefanti; nessuno si sogna di uccidere nemmeno i serpenti. Questo perché l’idea è che gli animali hanno, se non gli stessi diritti, addirittura diritti maggiori rispetto a noi, perché sono esseri più vulnerabili e soprattutto non hanno lo stesso livello di coscienza e di consapevolezza che hanno le persone. Questa cultura a favore degli animali che vedo e apprezzo in Thailandia non esiste in Italia e si può facilmente proiettare anche su tutto quello che riguarda l’ambiente e l’ecosistema in generale.

Faccio un altro esempio: in Thailandia, la famosa Maya Bay - Phi Phi Islands è un parco naturale. Questo significa che non si può fare il bagno. Noi in Italia abbiamo delle baie analoghe, dove abbiamo stabilimenti balneari, ombrelloni, moto d’acqua e dove l’ecosistema è stato completamente distrutto. A nessuno viene in mente di vietare la balneazione in questi lidi perché si andrebbe a intaccare degli interessi presenti e pre-esistenti e questo, secondo me, è significativo rispetto a come intendiamo noi la natura e come intendiamo il rapporto tra natura e persone.

Quali suggerimenti darebbe ai professioni o alle giovani professioniste che vogliono percorrere le sue orme?

Credo che ogni persona debba assecondare la propria natura e le proprie passioni, e quando possibile orientarle verso attività che possano generare un reddito e soddisfazione personale. Chi desidera, come ho fatto io, esplorare carriere diverse tra loro, anche se unite da alcuni fil rouge, deve semplicemente seguire la propria passione, ignorando chi suggerirà di mantenere approcci più “tradizionalisti”, come posti fissi o lunghe carriere in una sola azienda. La contaminazione è ciò che genera maggiore innovazione.

Ci può indicare tre profili di professionisti/e attivisti/e che sono una fonte di ispirazione e/o un punto di riferimento valoriale e culturale per lei?

Il mio riferimento umano e culturale è Marco Cappato: attivista, ma anche manager dell’Associazione Luca Coscioni, nonché persona di grandi qualità umane. Senza di lui l’Italia avrebbe molti meno diritti. Non conosco nel Paese una persona che abbia raggiunto gli stessi risultati con la stessa tenacia.

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