Storie

In Italia i giovani sono sottorappresentati: Parlamento, presidenti di Regione e sindaci. Meritiamo di meglio

Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, ha raccontato a La Svolta l’importanza politica delle nuove generazioni: «dobbiamo creare insieme opportunità affinché i giovani possano occupare più spazi»
Maria Cristina Pisani
Maria Cristina Pisani
Tempo di lettura 10 min lettura
17 gennaio 2024 Aggiornato alle 14:15

Fin dal primo giorno, La Svolta si è occupata di raccontare i grandi cambiamenti in corso nel mondo, prestando particolare attenzione all’ambiente, ai diritti, all’innovazione sociale, culturale e tecnologica, dando voce soprattutto ai giovani e alle donne, nelle cui mani è riposto il futuro, a partire dalla transizione ecologica.

Per fare questo, vuole dare spazio e parola a professionisti e professioniste impegnate nel sociale, fonti di ispirazione, che con la loro visione e intraprendenza ogni giorno si impegnano a far rete e creare progetti di crescita, per migliorare il benessere della comunità.

Ha quindi intervistato la presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, Maria Cristina Pisani, riconosciuta da Forbes Italia come una delle 100 donne più influenti del 2023 per la sua dedizione e il suo contributo alla crescita sociale e culturale del Paese.

Prima donna eletta presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani, vicepresidente della Association Femmes Europe Meridionale (Afem), la federazione europea che raggruppa piattaforme di associazioni dei Paesi del sud dell’Unione europea, rappresentante del Governo italiano per le Nazioni Unite (Ecosoc), attivista per la parità di genere e i diritti umani da sempre. Oltre le ingenti responsabilità dovute al suo ruolo istituzionale, chi è nel privato Maria Cristina Pisani?

Una femminista sfegatata che crede che la parità di genere sia ancora un lontano miraggio, una sognatrice determinata e appassionata che ha affrontato sulla propria pelle, come tanti miei coetanei e coetanee, tutte le incertezze di un futuro che per definizione lo è, ma che per la nostra generazione lo è stato un po’ di più. A noi è toccato andare per tentativi, essere performanti, in una competizione che è diventata globale e che io ho sempre purtroppo avvertito e contro la quale ho duramente lavorato. Personalmente credo di aver vinto le mie insicurezze, semplicemente buttandomi un passo oltre la mia zona di comfort e di paura. Avevo 19 anni quando decisi di lasciare Napoli dove avevo iniziato il mio percorso universitario e dove viveva una parte della mia famiglia per trasferirmi, sola, a Roma, per poter avere l’opportunità di coniugare gli studi in Giurisprudenza con l’impegno politico e la passione per la cooperazione internazionale.

Negli anni, ho lavorato tanto per realizzare le mie più grandi passioni ed è quello che vorrei raccontare a tutte le ragazze e i ragazzi che davanti a queste instabilità si sono fermati. Allo stesso tempo, nonostante la fortuna di avere avuto una famiglia che mi ha sostenuta nel mio percorso formativo (oggi le famiglie sono diventate l’unico ammortizzatore sociale nel nostro Paese ed è questo che impedisce la possibilità di creare per tutti le stesse opportunità) ho lottato tanto per costruire, nel mio piccolo, con gesti quotidiani, nella mia vita privata, nel mio impegno politico e nelle istituzioni e da questa posizione, un mondo più giusto, dove possa esserci l’opportunità per tutti di realizzare il proprio diritto alla felicità anche attraverso un equilibrio migliore nel bilanciamento tra vita personale e lavorativa, soprattutto per le giovani donne che faticano, ingiustamente, a realizzarsi quando si ritrovano a vivere e lavorare in contesti in cui ancora la loro libertà di emancipazione è calpestata da stereotipi sociali che le vorrebbero un passo dietro gli uomini.

Ci racconta brevemente la sua carriera e i risultati di cui è più orgogliosa?

Mi capita spesso di avere impegni e svolgere il mio ruolo in luoghi fantastici, a contatto anche con istituzioni europee e internazionali come le Nazioni Unite che ho sempre sognato di conoscere sin da bambina. Eppure, devo dirle che, sebbene faccia piacere, le soddisfazioni più grandi le ritrovo nei livelli territoriali, in quelli dove è tangibile e concreto l’apporto che possiamo dare. È nel sorriso di una ragazza di periferia, che tramite noi riesce a portare le sue istanze e le sue richieste ai più alti gradi dello Stato, che trovo il senso del mio impegno e il motore dei prossimi.

Si ricorda quando e per quale “battaglia” ha iniziato a essere un’attivista per i diritti umani? Di quale filone si è maggiormente occupata negli anni?

Non so dirle quando è stato il preciso momento in cui tutto è cominciato, perché da sempre l’ho vissuta come una missione. E per le missioni, guidate dalla passione, non c’è una data di inizio né una di scadenza. Posso dirle che sicuramente tutto è nato dalle letture dei manuali politici e giuridici di mio nonno, dai telegiornali che seguivo a ora di pranzo rientrata da scuola, dalla cura verso gli altri che contraddistingueva ogni gesto di mia nonna, dall’impegno civico dei miei primi modelli: mia madre e mio padre. Ma ho avuto la curiosità di cercare e costruire rapporti anche in realtà diverse dove ho conosciuto uomini e donne che mi hanno insegnato tanto, mi hanno offerto fiducia e aiutata a sperimentare nelle istituzioni, già a 21 anni, quello che studiavo e che mi appassionava.

Come tanti e tante, sin da adolescente, provavo rabbia per le ingiustizie, e forse è anche il motivo per il quale ho cominciato a studiare Giurisprudenza. Desideravo dare il mio contributo nel determinare un cambiamento, senza lamentarmene. Quindi sono partita dalle donne, che ancora oggi subiscono una disparità oggettiva, e mossa anche da quello che vedevo, ascoltavo e molte volte vivevo, ho scelto di impegnarmi per i giovani. Ho vissuto il binomio donna-giovane che ancora oggi porta con sé una marea di pregiudizi e difficoltà.

Quali sono state le risorse (libri o simili) o le persone che l’hanno supportata o ispirata nel suo attivismo per la consapevolezza sociale?

Tanti romanzi e saggi giuridici e politici ma c’è un libro che credo abbia lasciato una impronta nella mia vita: Violeta di Isabel Allende. La possibilità di prendersi cura degli altri, combattendo le ingiustizie, è la grande lezione che Violeta apprende nella sua esperienza. Perché se una cosa sa fare la storia, è insegnarci lezioni spesso dolorose e Violeta, attraverso quella storia difficilissima, impara la vita. La sua trasformazione la porta all’impegno verso le altre donne, in una stagione politica terribile.

Otre i testi ci sono però anche tantissime persone che mi hanno ispirata e supportata. Sicuramente mio nonno, che ho conosciuto attraverso i tantissimi testi di diritto e di politica sui quali scriveva meticolosamente ogni suo pensiero, mia madre che mi ha insegnato la forza femminile, mio padre che mi ha mostrato la forza della gentilezza, ma soprattutto mia nonna che mi ha accompagnato ogni giorno, sorretta in ogni caduta, trasmesso la potenza della cura per l’altro. A lei credo devo tutto quel che sono.

Ci può descrivere la quotidianità della Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani?

Difficile riassumerla. Ho una giornata molto fitta, al punto che (e so che è sbagliatissimo) a volte metto da parte me stessa per dedicarmi soltanto agli altri. Dormo pochissimo, non ho orari e non ho giorni di festa; è difficile, soprattutto nella mia vita privata, essere compresa da chi non vive i miei stessi ritmi. Mi sposto continuamente, provo a essere presente ovunque, ai limiti davvero di ogni mia possibilità. Studio ogni documento che mi viene sottoposto, da un atto normativo alle proposte che mi vengono inviate anche da ragazzi e ragazze che condividono con me le loro idee, preoccupazioni, esperienze. Ho aperto persino un canale diretto per poter avere una comunicazione costante. Ho sempre una mail aperta, una valigia pronta e un cellulare in mano. Ci sono appuntamenti dettati dal quotidiano, dalle emergenze del giorno, e tutte le attività calendarizzate, fatte di impegni locali, nazionali e internazionali. Le riunioni delle Commissioni, quelle con l’Ufficio di Presidenza, le Assemblee.

Lei sta portando avanti una battaglia contro l’astensionismo politico dei giovani in Italia. Come valuta l’inclusione delle esigenze delle nuove generazioni nell’agenda politica e nelle politiche socio-economiche dei prossimi anni sia in Italia che in Europa?

Sono assolutamente una priorità da affrontare, in primis da un punto di vista culturale. Non è un caso che il più grande e recente programma di investimenti europei si chiami Next Generation Eu. Il tema della sostenibilità diventa sempre più centrale, e il vero sviluppo sostenibile è quello che si costruisce rendendo centrale il benessere delle prossime generazioni. Per questo chiediamo e abbiamo chiesto, anche ottenuto, che sulle misure generazionali e potenzialmente generazionali ci fosse una valutazione di impatto, per capire in che modo indirizziamo le politiche del nostro Paese. Al contrario avremmo investimenti che non colgono il segno, sprechi di risorse che comunque graverebbero sul debito pubblico enorme che abbiamo già drammaticamente ereditato. Oggi i giovani in Italia sono poco rappresentati, basti pensare all’esiguo numero di giovani presenti nella composizione parlamentare, o a quanti sono gli under 35 sindaci di città capoluogo o addirittura presidenti di Regione. Dico che è un tema culturale perché altrove non è così. Allo stesso tempo, senza generare scontri generazionali, dobbiamo creare insieme opportunità affinché i giovani possano occupare più spazi. È per questo che alla sfiducia generale contrappongo sempre un instancabile e testardo impegno.

Come vede il futuro della sua terra, la Basilicata, in considerazione del continuo spopolamento e della “fuga dei cervelli”? A suo parere, quali interventi legislativi dovrebbe operare la politica per rendere il Meridione un luogo competitivo?

Occorre costruire un terreno che sia fertile agli investimenti, predisponendo infrastrutture fisiche e digitali capaci di trasportare le transizioni che stiamo vivendo, per limitare anche i fenomeni migratori di giovani dalle aree interne e soprattutto dal Mezzogiorno del Paese creando una strutturata dorsale digitale che interconnetta il mondo dell’educazione e dell’impresa; bisogna legare fondi e programmi formativi per il raggiungimento di veri risultati occupazionali e garantire un diritto imprescindibile all’istruzione che consenta parità d’acceso a tutti i nostri ragazzi e le nostre ragazze.

Lei che è sempre vicina ai giovani e giovanissimi, come valuta il valore della sostenibilità ambientale per le nuove generazioni? Nota differenze generazionali rispetto a questo tema?

Se il tema oggi è così sentito è perché la rivoluzione è partita dai giovani e dai giovanissimi. Ora che la sensibilità è alta e addirittura riconosciuta in Costituzione. Questa generazione vive un senso di eco-ansia, che è paralizzante. Bisogna raccontare però loro che il futuro sarà meglio di quello che abbiamo vissuto fino a ora, e tutte le statistiche lo riportano. Ma allo stesso tempo il mondo industriale deve agire con responsabilità, senza fare greenwashing e youthwashing.

Quali suggerimenti darebbe ai e alle giovani professionisti/e che vorrebbero percorrere le sue orme?

Non ho la presunzione di dire a nessuno cosa debba fare, se non quello di seguire sempre le proprie passioni. Ognuno di noi in cuor suo sa qual è la sua missione nel mondo, sa dove può offrire meglio il suo contributo. A me, come le dicevo prima, è servito molto vivere la vita con un approccio curioso, uscendo dalla bolla della comfort zone, con l’umiltà di poter sempre imparare da qualcuno e la determinazione di voler generare cambiamento. Capire qual è il proprio sogno, credendoci fino in fondo, anche quando siamo assaliti dallo sconforto, è sicuramente uno dei segreti della felicità.

Ci può indicare 3 profili di professionisti/e attivisti/e che sono una sua fonte di ispirazione e/o un punto di riferimento valoriale e culturale?

Simone de Beauvoir sicuramente, Bianca Bianchi giovanissima donna tra le nostre madri costituenti, Salvatore Allende.

Leggi anche
Lavoro
di Pierpaolo Molinengo 3 min lettura