Diritti

Le giovani attiviste che vogliono cambiare il mondo

In occasione dell’8 marzo, abbiamo deciso di dare voce a 3 donne che stanno mettendo al centro della loro vita l’ambiente, i diritti, il futuro. Qui vi raccontiamo le loro storie e le loro battaglie. E i traguardi, tanti ma non impossibili, ancora da raggiungere
di Caterina Tarquini, Valeria Pantani e Chiara Manetti

Carolina de’ Castiglioni, 26 anni, sceneggiatrice e attrice: «Nei miei cortometraggi racconto le discriminazioni di genere»

Un anno fa una donna con un completo color mattone si accomodava su una sedia al centro di una stanza. Le sue parole riecheggiavano tra le pareti bianche: «Oggi è la nostra festa» diceva Carolina de’ Castiglioni, attrice, sceneggiatrice, attivista e femminista classe 1996. Su Instagram è famosa come “Carothesituation”, quel video è sul suo profilo e conta più di 800.000 visualizzazioni: faceva parte di un progetto dedicato alle 113 donne uccise dall’inizio della pandemia fino all’8 marzo del 2021. Oggi Carolina esce con un nuovo cortometraggio, lo strumento che utilizza per esplorare tematiche come la discriminazione di genere, il catcalling, i femminicidi e i disturbi del comportamento alimentare.

«Matriarchy parla di un mondo capovolto in cui sono le donne a discriminare gli uomini, e non viceversa» spiega Carolina da New York, dove ha studiato prima recitazione e poi Filosofia, facendo avanti e indietro tra la Grande Mela e la sua Milano. «Il mio obiettivo era di mostrare, attraverso l’ironia, quanto occasioni come la giornata internazionale della donna possano divenire futili se esistono solo come strategia di marketing, e non per far riflettere e spingere a un cambiamento concreto. Volevo creare un mondo “estremo”, nel quale l’ingiustizia risulti davvero palese. Vorrei ci scandalizzassimo allo stesso modo quando la violenza colpisce le donne».

Matriarchy è il quarto cortometraggio che de’ Castiglioni scrive in Italia, stavolta in collaborazione con MamaChat e a fianco di attrici come Cecilia Dazzi, Jane Alexander, Valentina Melis e l’attore Pierluca Mariti. «A volte parlare di questi temi può essere alienante, si rischia di venire etichettate come “femministe terroriste”» spiega la sceneggiatrice. «Ma sono convinta che, se si agisce con rispetto ed empatia, in un modo o nell’altro il nostro messaggio arriverà».

Il suo attivismo nasce «con New York, il teatro e alcuni errori che ho fatto nel passato». A 18 anni si trasferisce nella Grande Mela, studia alla NYU Tish, conosce persone radicalmente diverse da lei, per cultura ed esperienze, e si porta con sé i loro insegnamenti, che si uniscono a una nuova consapevolezza data dal teatro e dalla laurea in Filosofia: «Le parole possono causare ferite inimmaginabili». I suoi cortometraggi ne sono la prova, tentano di arrivare lì dove la società non riesce a spingersi.

Chiediamo a Carolina quali siano, dal suo punto di vista, le questioni di genere più urgenti: «L’introduzione dell’educazione affettiva nelle scuole: è fondamentale insegnare il rispetto, non solo a casa, ma anche all’interno di una comunità̀, come può essere la classe. Poi c’è il tema della sicurezza delle donne: i femminicidi sono una costante, non scioccano più̀. Di questi problemi bisogna parlare. L’ignoto fa paura e il cambiamento terrorizza» aggiunge de’ Castiglioni.

Le sue aspettative, anche a livello personale, sono grandi ma sempre in via di ridimensionamento. «Poche settimane fa ti avrei detto che tra 5 anni mi sarei vista con un Oscar, un film con Emerald Fennell e un Bracco francese. Adesso ciò che mi auguro è di essere felice e soddisfatta delle mie piccole o grandi conquiste, di continuare ad avere accanto la gente che amo, di fare ancora del bene e un Bracco francese». Risultati che potrà raggiungere con «persistenza e la fiducia in me stessa», valori trasmessi dalle donne che l’hanno ispirata nel suo percorso: la madre, la nonna, le donne della sua famiglia e le sue amiche. Poi la primissima insegnante di teatro, Chiara, e l’ultima, Karen. Ci sono anche le idole come Patti Smith, che «con il suo libro Just Kids mi ha insegnato cos’è l’amore. Marina Abramović, le cui performance mi hanno affascinata e la cui vita per me è un’ispirazione. E Hilary Duff, il mio mito da ragazzina (ma anche adesso, non raccontiamoci bugie!)».

Beatrice Costantino, 28 anni, ecoattivista: «Ci attende la più grande rivoluzione della nostra storia, ma il tempo sta per scadere»

«Terrorizzata». Così si definisce Beatrice Costantino, giovane attivista per l’ambiente di Ultima Generazione, campagna nata all’interno del movimento globale Extinction Rebellion. «Il tempo sta per scadere» dice, citando non a caso lo slogan di denuncia dei ragazzi che, come lei, hanno deciso di schierarsi in prima linea per portare l’emergenza del Pianeta in cima alla lista delle priorità dei Governi, in tutto il mondo.

28 anni, piemontese di Cuorgnè (To), la sua presa di coscienza risale all’estate del 2017, giorno del suo ultimo esame universitario alla Facoltà di Veterinaria. Quel giorno gli incendi stavano distruggendo la “sua” provincia di Torino. Dolosi, specifica l’attivista, ma alimentati dalla siccità estrema di quell’estate. «Gli occhi bruciavano, la gola bruciava. Ricordo che in università non si riusciva a vedere bene attraverso i corridoi a causa del fumo. Ho pensato che questa laurea fosse completamente inutile, che il disastro era davanti ai miei occhi e che non c’era verso di illudersi di una vita normale».

Un anno dopo Beatrice scopre Extinction Rebellion, il movimento nonviolento che, con azioni di disobbedienza civile, chiede ai governi una maggiore attenzione e partecipazione alla crisi climatica ed ecologica. A febbraio, insieme ad altrə compagnə, ha partecipato a uno sciopero della fame per ottenere un incontro pubblico con i rappresentati del governo italiano.

Beatrice ha paura, e non teme di dirlo. È terrorizzata dal riscaldamento globale, per la sua incessante avanzata che, secondo lei, nel giro di 10, massimo 20 anni, porterà a un collasso economico e sociale. Ancora di più è allarmata dalla crisi ecologica, una questione che viene perlopiù ignorata dalle istituzioni e dai media. «Stiamo distruggendo gli ecosistemi da cui dipendiamo e le conseguenze saranno decisamente più catastrofiche di quelle climatiche». Per l’attivista esiste un’unica soluzione: «Un cambio di paradigma, una riduzione dei consumi, un cambiamento sistemico del nostro stile di vita e della nostra produzione di cibo».

La sua visione della vita, di certo molto negativa e con pochi spiragli di speranza, è cambiata da quell’ultima estate all’università. «Sto cercando sempre di più di allontanarmi da ciò che comunemente viene considerata “una vita normale”». Un lavoro fisso, una casa, una famiglia: obiettivi lontani, per lei. Anche quando le chiediamo che messaggio vorrebbe trasmettere alle nuove generazioni, confessa che lei, ai giovanissimi, non riesce a pensare: «Non abbiamo queste ambizioni, ma davanti a noi c’è la possibilità di fare la più grande rivoluzione della storia. Dove in gioco c’è la nostra vita». Il nome Ultima Generazione non è stato scelto casualmente: rappresenta proprio ciò che Beatrice e altrə attivistə della campagna vogliono comunicare: «Noi siamo l’Ultima Generazione: in assoluto? A poter agire? Ma cosa cambia. Abbiamo 3 anni per invertire la rotta».

Ecco, forse in queste ultime parole è racchiuso il vero messaggio che Beatrice vuole (e cerca di) trasmettere. Senza dimenticare le donne che quotidianamente la ispirano: Angela Davis, del movimento afroamericano statunitense; Christabel Pankhurst, militante nel movimento per il suffragio femminile britannico; Nicoletta Dosio, attivista No Tav. Infine, Oriana Fallaci della quale, «nonostante non condivida molte delle sue posizioni, ho sempre ammirato il coraggio di agire, oltre che la schiettezza e la crudezza con le quali si esprimeva».

Martina Rogato, 38 anni, consulente e docente di sostenibilità: «Le donne costruiscono mondi più equi»

Classe 1984, calabrese, Martina Rogato ha un job title piuttosto lungo e tante competenze in campo: è una consulente di sostenibilità, in inglese “Sustainability Advisor” e Women7 (G7) Climate Justice Co-Chair. Durante gli anni universitari, mentre frequenta il corso di laurea in Relazioni Internazionali alla LUISS di Roma, entra in contatto con Amnesty International e attraverso l’attivismo - un’esperienza durata 10 anni – si appassiona al non profit e alle questioni legate all’impatto delle aziende sui diritti umani: decide di farne un mestiere.

A 28 anni, dimostrando già una certa dose di intraprendenza, con alcune colleghe fonda Young Women Network, la prima associazione in Italia dedicata al networking, al mentoring e all’empowerment delle giovani donne. L’idea è quella di creare una rete di collaborazione con corsi di formazione sulle soft-skill e con programmi di reverse mentoring per mettere in contatto professioniste e professionisti di generazioni diverse. “Dovremmo tuttə supportare un nuovo modello di leadership che valorizzi talenti differenti” spiega Martina. “Credo che le donne possano contribuire a costruire un mondo più equo e sostenibile e che sia altrettanto fondamentale portare gli uomini a bordo di questa sfida, da costruire assieme per il bene di tuttə”.

Ma Martina non si è fermata qui. Come libera professionista, si occupa poi di consulenza aziendale in tema di sostenibilità, fino a ricoprire il ruolo di docente per la 24Ore Business School e diventare portavoce di Women 20 e Women 7, engagement group per riunire movimenti e associazioni impegnati in difesa dei diritti delle donne e delle ragazze durante i lavori del G20 e G7. “L’esperienza di quest’anno mi ha portata a gestire giorni di negoziazioni con centinaia di donne provenienti da tutto il mondo e a credere ancora di più all’importanza di fare squadra tra noi”.

Convinta che sia necessario un approccio scientifico alla sostenibilità, (“anche se la passione non può certo mancare”), Rogato pensa a un modello di business in cui il perseguimento del profitto non implichi danni ambientali o violazioni dei diritti umani. “La sfida più urgente è far comprendere finalmente che ambiente e diritti delle persone sono due facce della stessa medaglia” dice. “L’immissione di gas climalteranti in atmosfera”, spiega, “non riguarda solo l’inquinamento dell’aria ma anche l’impatto in termini di diritto alla salute delle persone che vivono in un determinato territorio. E se si tratta di una comunità di pescatori e agricoltori che lavorano in prossimità del sito inquinato, ciò comporta anche un effetto negativo sul loro diritto al lavoro e sull’accesso al cibo”.

Qualche nota positiva, però, per Martina c’è: “Se da un lato i report e le ricerche pubblicati ci dicono che le donne sono le più colpite a livello globale dalla crisi climatica e dalle catastrofi naturali, la transizione energetica e lo sviluppo di un approccio più sostenibile al business stanno creando nuove opportunità di lavoro, chance occupazionali che le donne non possono assolutamente perdere”. Incluse le nuove generazioni “che sapranno fare la differenza. Compito di noi millenials sarà spianare loro la strada”.