Diritti

Il Myanmar ha ampliato in segreto le sue prigioni

Secondo l’analisi satellitare della Ong Myanmar Witness, in 27 delle 59 carceri identificate sono stati costruiti nuovi edifici: si teme che il Governo voglia intensificare la repressione dei manifestanti pro-democrazia
Un manifestate pro democrazia mostra il tatuaggio di Aung San Suu Kyi, la leader del Paese estromessa e imprigionata dopo il colpo di Stato militare nel 2021
Un manifestate pro democrazia mostra il tatuaggio di Aung San Suu Kyi, la leader del Paese estromessa e imprigionata dopo il colpo di Stato militare nel 2021 Credit: Peerapon Boonyakiat/SOPA Images via ZUMA Press Wire
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5 febbraio 2024 Aggiornato alle 16:00

Nascosta quasi all’ombra dei conflitti “più mediatici”, c’è la guerra in Myanmar. Secondo l’analisi satellitare di Myanmar Witness, il Paese sta vivendo una preoccupante espansione del sistema delle carceri: il timore è che il Governo stia intensificando la repressione contro i manifestanti pro-democrazia.

Le immagini raccolte da febbraio 2021 a gennaio 2024 mostrano l’ampliamento di 27 prigioni su 59; in alcuni casi sembrerebbe che siano stati addirittura progettati nuovi edifici. Un vastissimo programma di costruzione ufficialmente non dichiarato dalle forze armate al potere che sta sollevando nuove preoccupazioni riguardo il ruolo delle strutture nella repressione dei cittadini che protestano a favore della democrazia: dall’inizio del colpo di Stato militare nel 2021, più di 29.400 prigionieri politici sono stati arrestati, e quasi 20.000, secondo l’Associazione di assistenza per i prigionieri politici, sarebbero ancora detenuti.

Il report mette in luce come siano stati costruiti nuovi edifici: «A causa della sicurezza che circonda questi edifici, riteniamo che si tratti di nuove strutture di detenzione collegate alle prigioni ufficiali», spiega Matt Lawrence, direttore di Myanmar Witness, gestito dalla London Center for Information Resilience.

Inoltre, l’analisi ha individuato 53 campi di lavoro, concentrati prevalentemente nelle aree rurali (per esempio cave e strutture agricole): la loro proliferazione sembra coincidere con gli arresti di massa di oppositori politici, giornalisti e attivisti avvenuti dopo il colpo di Stato.

Le carceri di Insein e Naypyidaw

Tra tutte le carceri presenti nel territorio, ce ne sono 2 in particolare che sono state oggetto di analisi. La prima, quella di Insein, la prigione più famosa del Paese, caratterizzata da un design radiale e costruita dai colonizzatori britannici nel 1887; nel luglio 2022 ha attirato l’attenzione dei media internazionali quando 4 attivisti democratici sono stati giustiziati: è stato il primo caso di pena capitale nel Paese dopo decenni.

L’indagine sembra aver individuato la posizione della forca utilizzata durante le esecuzioni: attraverso immagini open source, la Myanmar Witness ha individuato una piccola struttura senza tetto visibile nel marzo 2022, situata proprio all’interno del muro perimetrale originario della struttura. Le foto successive, però, mostrano che la stessa struttura è stata successivamente coperta con un tetto: gli attivisti, dunque, sostengono che la copertura possa essere stata aggiunta per nascondere la forca alla sorveglianza.

Il secondo edificio è quello di Naypyidaw, che ospita anche Aung Suu Kyi, leader del movimento civile arrestata in un raid all’inizio del colpo di Stato. Anche in questo caso, sembrerebbe che nella prigione ci siano state nuove costruzioni: se si osservano le immagini satellitari, è possibile identificare alcuni edifici presenti nel febbraio 2022, subito dopo il golpe; un anno dopo, nell’aprile 2023, ci sono state ulteriori aggiunte a nord della struttura.

Nuove prigioni

L’indagine condotta dal Myanmar Witness ha identificato anche 2 nuove prigioni, costruite dopo febbraio 2022. Ma, come Lawrence stesso ammette, non è da escludere che la reale espansione delle carceri sia molto più grande di quanto osservato fino a oggi: «La nostra metodologia potrebbe sottovalutare l’espansione degli alloggi dei detenuti. I dati open source non ci consentono di vedere l’interno di ogni nuovo edificio né di accertare a cosa serve ogni blocco».

Ad aggravare il già preoccupante scenario, poi, ci sono le condizioni delle carceri, con scioperi della fame, percosse ai detenuti, violenze sessuali e sovraffollamento.

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