Ambiente

Usa: Enel deve rimuovere 84 pale eoliche nella Riserva Osage per non aver consultato i nativi

Il popolo indigeno dell’Oklahoma, protagonista del film Killer of the flower moon, ha denunciato la multinazionale per non aver chiesto i permessi necessari all’installazione degli impianti al Consiglio della tribù
Un frame dal film “Killer of the flower moon” 
Un frame dal film “Killer of the flower moon”  Credit: Apple TV+ 
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30 gennaio 2024 Aggiornato alle 07:00

Tempi duri per l’eolico negli Stati Uniti. In una fase in cui decine di progetti offshore sono fermi a causa della mancanza di materiale per le costruzioni, permessi e soprattutto materie prime, dall’Oklahoma arriva un’altra storia che questa volta coinvolge anche l’Italia e il popolo dei nativi Osage, lo stesso protagonista del nuovo film di Martin Scorsese Killer of the flower moon, pellicola con Leonardo Di Caprio.

Nelle scorse settimane i nativi americani hanno infatti vinto una battaglia legale contro Enel: l’accusa, da parte degli Osage nei confronti del colosso italiano, era quella di aver installato in Oklahoma sulle loro terre un parco eolico senza però aver mai ottenuto i permessi dei nativi. Il giudice ha dato ragione agli Osage e Enel ora dovrà pagare 260 milioni di dollari per rimuovere le 84 pale eoliche.

Secondo il giudice federale l’azienda italiana (che è impegnata in investimenti sulle energie rinnovabili in tutto il mondo) non avrebbe mai ottenuto infatti l’apposito permesso dal Consiglio Osage. Da tempo, al grido di “ti costerà una fortuna non averci richiesto un permesso”, gli Osage chiedevano la rimozione del parco eolico già in funzione: questo non per aver avviato un progetto legato alla transizione energetica, cosa che gli Osage approvano, ma per non aver mai richiesto (e dunque anche riconosciuto il ruolo del Consiglio) i necessari permessi per costruire a un popolo che già in passato, soprattutto per il petrolio come racconta il film Killer of the flower moon, ha dovuto combattere contro l’ingerenza di chi voleva sfruttare le sue terre.

Everett Waller, presidente dell’Osage Minerals Council, ha infatti spiegato al Financial Times che il primo passo per ogni operazione, che si tratti di minerali, eolico o fotovoltaico, deve passare per una consultazione con il Consiglio. Enel ha risposto spiegando che “Enel e Osage Wind rispettano il procedimento giudiziario riguardante Osage Wind e, pur non essendo d’accordo con la decisione della Corte distrettuale federale dell’Oklahoma emessa il 20 dicembre, continueranno a agire in buona fede per gestire il progetto in conformità con la legge fino a quando sarà determinato l’esito definitivo della vicenda. Osage Wind non ha mai avuto intenzione di estrarre minerali di proprietà della nazione Osage né di metterne in discussione la sovranità, e ha agito nella genuina convinzione che le sue azioni fossero coerenti con i requisiti legali applicabili. Osage Wind opera a beneficio della comunità locale. Scuole, agricoltori, allevatori e altri proprietari terrieri di Osage beneficiano della presenza dell’impianto e la regione beneficia di energia pulita e rinnovabile per 50.000 case. La cessazione di attività del parco eolico avrebbe un impatto negativo su questi benefici per la comunità locale. Osage Wind chiederà una revisione della decisione in appello a tempo debito, compatibilmente con i suoi diritti legali”.

Si tratta di una delle prime sentenze di rimozione di un parco eolico in funzione per questioni di permessi. Un segnale da esaminare, per gli Stati Uniti, in un momento in cui nonostante le difficoltà legate al reperire materiale e manodopera per sviluppare i parchi eolici, c’è un generale traino positivo (oltretutto in tempi di elezioni) per le energie rinnovabili.

Ovviamente questa vittoria degli Osage avrà un peso su quelle scelte, legate alle terre tribali, per lo sviluppo di nuovi progetti: sarà fondamentale, anche per la credibilità di questi stessi progetti, che dovranno essere ben diversi per logica e per etica rispetto a quelli del passato, basati sui combustibili fossili, in cui le terre venivano sfruttate senza sosta per ottenere petrolio e gas.

In sostanza, la transizione verde non dovrà operare nello stesso modo di quella fossile, ricordano ambientalisti e attivisti a stelle e strisce. Lo stesso film racconta proprio uno di quegli episodi, ovvero la storia di come il popolo Osage divenne ricco quando fu scoperto il petrolio nella loro terra e di conseguenza venne sfruttato e molti membri della comunità furono uccisi “dall’uomo bianco”.

Secondo nuovi rapporti di Human Rights Resource Center, su 28 aziende eoliche e solari quasi nessuna, nei loro impegni, menziona i diritti degli indigeni, nonostante la necessità di ottenere il consenso informato delle popolazioni native riguardo l’uso delle loro terre e risorse ”è sancito come un diritto”.

Una questione che d’ora in poi dovrà essere sempre più al centro delle politiche legate alle rinnovabili, dato che grazie alllInflation Reduction Act voluto da Joe Biden negli Usa, per via di incentivi redditizi, si è verificata un’accelerazione negli ultimi mesi della diffusione di impianti rinnovabili; non sempre però questi progetti hanno appunto tenuto conto della partecipazione dei nativi.

Proprio i minerali e i metalli cruciali per la transizione, dal litio al rame, si trovano oggi soprattutto nelle riserve dei nativi americani che, come da legge, hanno il diritto di essere consultati per tutte quelle operazioni, in nome della transizione verde, che saranno cruciali per dare ulteriore spinta a eolico e fotovoltaico e diminuire lo sfruttamento dei combustibili fossili.

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