Diritti

Chagos: quando i nativi furono deportati per una base militare

L’organizzazione Human Rights Watch ha accusato Uk e Usa di aver sacrificato i diritti umani dei chagossiani tra gli anni ‘60 e ‘70: quasi 2.000 persone furono allontanate per far posto a una base aeronavale
I chagossiani manifestano contro il Governo del Regno Unito, per il rispetto dei diritti umani
I chagossiani manifestano contro il Governo del Regno Unito, per il rispetto dei diritti umani Credit: Alberto Pezzali/Pacific Press via ZUMA Wire
Tempo di lettura 3 min lettura
24 febbraio 2023 Aggiornato alle 06:30

Il rapporto di Human Rights Watch accusa Regno Unito e Stati Uniti di avere violato gravemente i diritti umani delle popolazioni delle isole Chagos per l’installazione di una base militare tra gli anni ’60 e ’70: non solo con la deportazione forzata, ma anche negando loro i diritti di rimpatrio nonostante l’esistenza di numerose decisioni nazionali e internazionali emesse in questo senso.

Le Isole Chagos all’epoca appartenevano alle Mauritius ma furono trattenute dal Regno Unito al momento della concessione dell’indipendenza con la creazione di un territorio britannico, anzi dei Territori Britannici dell’Oceano Indiano. Per evitare il controllo delle Nazioni Unite, il Regno Unito dichiarò che queste isole non avessero abitanti permanenti. Isole strategiche in quel tratto di Oceano, in particolare in un momento storico in cui l’Occidente fronteggiava la potenza dell’Unione Sovietica.

I territori, in realtà, erano abitati da residenti, dal momento che nei secoli precedenti erano stati deportati schiavi africani perché coltivassero la noce di cocco per i colonizzatori francesi e britannici: una comunità che aveva creato una propria cultura nel tempo.

E così, dal momento dell’indipendenza delle Mauritius e della creazione dei territori britannici, per creare la base aeronavale da affidare agli Stati Uniti d’America, circa 1.500/2.000 nativi furono man mano allontanati a partire dal 1965 al 1973: all’inizio non consentendo a chi aveva lasciato le isole di ritornare, poi limitando l’afflusso dei generi primari, infine uccidendo gli animali domestici e allontanando con la forza gli ultimi che erano rimasti. Questi vennero trattati come persone inferiori, apostrofati come gli “uomini venerdì” (ricordi il romanzo di Daniel Defoe Robinson Crusoe?), dalle origini oscure (così, in un rapporto dell’epoca di un ufficiale britannico).

La storia in realtà non è nuova (basta andare su Wikipedia per rendersene conto) ma la novità è che un’organizzazione prestigiosa come Human Rights Watch lanci l’accusa di grave violazione dei diritti umani, per condotte che sono state portate avanti anche dopo la deportazione.

Su Wikipedia stessa si legge, del resto, la curiosa notizia che una parte delle isole è stata trasformata in riserva naturalistica protetta: sembrerebbe proprio che l’obiettivo finale sia impedire il ritorno delle persone allontanate e i loro discendenti. Anche a voler credere nelle buone intenzioni, una simile azione sarebbe la riprova che, nella tutela della biodiversità, le popolazioni indigene non sono mai considerate.

Tornando alla deportazione, parliamo di persone costrette ad abbandonare le isole senza alcuna forma di ricollocamento capace di preservare l’identità culturale. Regno Unito e Stati Uniti respingono le accuse, anche se con argomentazioni non del tutto convincenti: di fatto, però, è impedito ai chagossiani il ritorno nella propria terra madre, nonostante le decisioni giudiziali.

Si tratta di fatti avvenuti ormai quasi 60 anni fa e che proseguono ancora oggi, lasciando ferite dolorose. Un’altra prova che, nelle scelte geopolitiche, i “pochi” non vengono considerati dai “più” e diventano invisibili all’opinione pubblica. Una prova che mostra come in tema di rispetto dei diritti umani nessuno può ergersi in cattedra neanche in Occidente.

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