Diritti

Complottismo: Filippo Turetta non esiste?

Secondo alcuni utenti di X (mattonisti, seguaci di QAnon, novax), il 22enne responsabile del femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin non sarebbe reale e le sue foto sarebbero state create con l’AI
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
29 gennaio 2024 Aggiornato alle 17:00

Nietzsche diceva che quando guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso ti guarda dentro. È con questa paura che ho aperto X e cliccato sull’hashtag #turettanonesiste, consapevole che quello che stava per aprirsi era esattamente questo: un abisso. Di ignoranza, complotti, odio.

Il social di Musk, si sa, non è famoso per essere un safe space per le donne e qui l’odio online sembra trovare linfa vitale. Lo abbiamo visto con Vanessa Ballan, che nemmeno dopo essere stata uccisa ha smesso di scontare la colpa di non essere una “donna perbene”. Lo abbiamo visto, dopo il femminicidio di Giulia Cecchiettin, nell’odio vomitato su sua sorella Elena e sulla potenza del suo dolore trasformato in strumento di lotta.

Lo abbiamo visto negli attacchi a suo padre Gino, raccolti attorno all’hashtag infame #radiosboro, che hanno ripescato post sessisti scritti dallo stesso Cecchettin per dimostrare che le sue parole contro la violenza sulle donne e il sistema patriarcale che ne protegge colpevoli e corresponsabili morali non sarebbero sincere. Lo vediamo ogni giorno.

Nelle ultime ore, è andato in onda l’ultimo capitolo per screditare e ridimensionare, invalidandone la portata tragicamente dirompente, il femminicidio di Giulia, rispetto al quale c’è un prima e un dopo rispetto al modo in cui la violenza di genere è stata percepita e raccontata, soprattutto grazie alle parole dei suoi familiari.

La tesi potrebbe far ridere, se non fosse estremamente seria nelle intenzioni di chi la propone: Filippo Turetta, ex fidanzato e reo confesso per il femminicidio di Giulia Cecchettin, non esiste. Di più: le sue foto sono state create grazie all’intelligenza artificiale all’interno di una messinscena. L’omicidio stesso, spiega un utente, non sarebbe mai esistito ma sarebbe una Psyop (dall’inglese psychological operations) ovvero una “operazione/manovra psicologica” per indirizzare l’opinione pubblica in una certa direzione.

A sostenere e alimentare questa teoria sono in gran parte utenti (mattonisti, novax e seguaci di QAnon) già avvezzi alle teorie del complotto, che cercano di dimostrare attraverso “prove” fotografiche che Turetta altro non è che una manciata di byte. Ci avevano già provato con Elena Cecchettin, cercando di dimostrare che lei e il fratello Davide (che non si era mostrato pubblicamente) erano in realtà la stessa persona, per poi rimanere delusi quando entrambi avevano presenziato al funerale della sorella.

Convinti di aver perso una battaglia e non la guerra, hanno puntato su un altro bersaglio. Le prove? Prima di tutto, non esisterebbero abbastanza foto del 22enne. Se pensi che non sia abbastanza, reggiti forte: le foto che hai visto non sono reali.

Le immagini, infatti, sarebbero state create con l’intelligenza artificiale, parola di ChatGpt: “Basandomi sugli aspetti che posso analizzare, sembra che ci siano alcune irregolarità nell’immagine che potrebbero suggerire una generazione tramite intelligenza artificiale. Per esempio, ci sono alcune asimmetrie nel viso e nella forma degli occhi che sono comuni nelle immagini create da AI. Inoltre, la qualità dell’immagine sembra essere bassa e leggermente sfocata, il che potrebbe essere il risultato di una manipolazione digitale. Tuttavia, queste osservazioni non sono conclusive e sempre più immagini generate dall’AI stanno raggiungendo livelli di realismo molto elevati”, si legge in uno screenshot molto condiviso. Peccato che ChatGpt non possa analizzare né visualizzare immagini, sia nella versione free che in quella a pagamento.

Poco importa per chi ha una tesi e deve dimostrarla a ogni costo: ecco allora analisi di ogni dettaglio delle foto di Turetta (che ha braccia “esageratamente lunghe” e dita sfocate) e persino della sua carriera come pallavolista amatoriale, in una squadra in cui non figurerebbe nelle foto e di cui indosserebbe la maglia sbagliata. Sotto accusa anche il fatto che l’arresto non sia avvenuto in favor di telecamera come nel caso di Bossetti, che Turetta non abbia occupato ogni obiettivo a sua disposizione nelle settimane dopo l’arresto o il fatto che i genitori “una volta giunti ai cancelli del carcere, si sono ricordati di non avere figli e sono tornati a casa”.

C’è chi fa “qualche giochino con GIMP” e conclude che sono due immagini sovrapposte: si fa notare “la difficoltà a mantenere consistenza tra i tratti dello stesso, anche utilizzando sempre gli stessi prompt” che sarebbe un chiaro indice di utilizzo dell’AI, e persino il fatto che i vicini non abbiano detto “era tanto un bravo ragazzo” ma abbiano dichiarato di non conoscerlo è una prova lampante del fatto che, semplicemente, non è mai esistito.

Quello che è certamente reale, invece, è l’accanimento nei confronti di una famiglia che, rifiutando di soffrire nell’unico modo che abbiamo dichiarato “giusto”, chiama le cose con il loro nome, indicando responsabilità e “matrici”. Un’ennesima manifestazione di violenza nei confronti di chi denuncia gli effetti tossici e letali che il patriarcato ha sulla vita delle donne. Forse quell’abisso andrebbe ignorato, forse dobbiamo guardarci dentro per ricordarci cosa stiamo combattendo, e perché.

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