Diritti

Trump e l’Iowa: l’America rurale che non vuol cambiare

Lo chiamano Coke Effect. Se ti piace la Coca Cola, perché, in fondo, dovresti sceglierne una copia? Così hanno scelto i farmers del Granaio d’America. La vecchia nota ricetta, seppur scaduta

Il 15 gennaio sono iniziate le primarie degli Stati Uniti verso le elezioni presidenziali che si terranno a novembre. E si sono cosi animati i cosiddetti “caucus”, ovvero assemblee dirette nelle quali i cittadini - tipicamente, come ricordiamo nei film, si riuniscono in una palestra - si confrontano con un microfono e dicono la loro sui singoli candidati.

Si è cominciato con l’Iowa. Dove ieri Trump ha ottenuto una vittoria quasi totale.

Si continua con il New Hampshire, e così via, Stato per Stato. Ma l’Iowa è ed è sempre stato importante. Perché è l’inizio di tutte le campagne e perché può rivelarsi un efficace trampolino di lancio o una precoce Caporetto.

Il Granaio d’America

Il significato del nome Iowa deriva da quello di una tribù di nativi americani di ceppo Sioux, gli Iowa appunto, che abitarono queste terre fino al 1836, quando volontariamente le cedettero agli Stati Uniti e si ritirarono nell’Oklahoma.

Nel linguaggio Sioux Iowa significa “i sonnolenti. In realtà gli americani oggi lo definiscono “il granaio d’America”. Attraversato dal Mississippi, è un posto dove la natura ancora è padrona e che ha patito molto sia gli uragani - nel 2008 Katrina - sia il cambiamento climatico.

In Iowa si coltivano mais, soia. E soia e mais

Dove vanno a finire?

Una parte diventa biofuel, e l’altra è destinata agli animali, agli angus. Perché dall’altra parte del confine c’è il Nebraska, dove vivono migliaia di allevatori.

A Dakota City troneggia Tyson, il più grande mattatoio del mondo con 400 manzi uccisi e squartati ogni ora. È la Fort Knox della bistecca, e nessuno può entrare perché gli animalisti appena possono ne fanno un racconto “bestiale”, appunto.

È il backstage dell’hamburger, dove le condizioni di lavoro sono difficili, e il lavoro, è il più pericoloso e malpagato degli Stati Uniti.

La Trump Valley, o Val Trumpia. L’anima rurale del Paese

I contadini non l’hanno ancora capita bene la questione della transizione verde.

Anzi, diciamo la verità. Non l’hanno capita perché tutta la loro economia si basa su una modalità “anni 80” di allevare e coltivare, e la sostenibilità - così come per le abitazioni - richiede a loro grandi sforzi. Sforzi economici che fanno paura.

Poi ci sono le multinazionali, come Monsanto, che strangolano le politiche dei prezzi. E poi ci sono gli Ogm, che neppure loro vogliono adottare, ma a cui occorre trovare soluzioni

Ebbene, durante le le primarie, molti cittadini riuniti nonostante i meno 30 gradi, chiedevano: “In campagna elettorale nessuno parla di noi, dell’America rurale”. Di quella che deve cambiare dna senza essere nei salotti buoni delle città di sinistra americane. Ma nei salotti buoni americani non c’è solo la sinistra.

C’è anche Nikki Haley e DeSantis. Gli sfidanti di Trump a questa partita, che sembrano, agli occhi degli agricoltori, troppo “cittadini” e politicamente “invischiati” per poter stare dalla loro parte.

The Coke effect

Scegliere Trump - ha scritto il Wall Street Journal - è come bere Coca-Cola.

Potresti provare un’altra bibita, ma alla fine, se ti piace la Coca-Cola, rimani con la la Coca-Cola. Per questo hanno già definito Trump il Coke Effect. Quello che, se non ti fidi dei politici di professione, può - da outsider - sparigliare le carte.

Alcune frasi catturate qui e là: “Non abbiamo bisogno di confusione; ne abbiamo avuto abbastanza sotto il presidente come-si-chiama”. Il nome che conoscono è Trump. Desiderano continuare con Trump.

Secondo il parere di molti DeSantis, governatore della Florida e Nikki Haley ex governatrice della Carolina del Sud sono “membri dell’establishment repubblicano” e non fidati quanto Trump per governare “liberamente”, da outsider.

Gli elettori di Trump: Noi, The People. Non benestanti, non laureati, non giovani: persone normali.

Chi sono gli elettori di Trump? Bianchi, predicatori, evangelisti, agricoltiri, farmers. O com’è scritto su un cappello dei suoi elettori in Iowa: “noi, The people, siamo incazzati”.

In un sondaggio preelettorale condotto sugli elettori dei caucus dell’Iowa, il suo sostegno tra coloro che non avevano una laurea era quasi il doppio di quello dei laureati. Un gruppo demografico che Trump ha contribuito a inserire nel Partito Repubblicano quando ha cercato per la prima volta la presidenza nel 2016.

Trump ha consolidato inoltre il suo sostegno tra gli elettori che il Wall Street Journal definisce a a basso reddito, aumentando il suo sostegno di oltre 35 punti rispetto al 2016 nelle contee con redditi medi più bassi.

Secondo il sondaggio VoteCast, il suo sostegno tra coloro che guadagnano meno di 50.000 dollari all’anno è stato del 63%.

Inoltre, uno dei maggiori aumenti di sostegno per Trump è avvenuto nelle contee con una percentuale più elevata di elettori anziani, con una crescita media di quasi 35 punti rispetto al 2016.

Al di là delle politiche agricole, diversi elettori affermano di aver apprezzato il modo schietto con cui ha parlato di argomenti come l’immigrazione, compresi i recenti commenti secondo cui gli immigrati privi di documenti, a suo parere stanno “avvelenando il sangue del nostro Paese”. O frasi come: “Biden ha detto che dovrebbero poter votare! Stanno ricevendo la previdenza sociale e stanno dissanguando questo Paese”.

Contro di lui, non c’è stato il nulla. Il New Yorker racconta come lo scorso novembre alcuni imprenditori dell’Iowa si sono riuniti per lanciare una campagna contro l’ascesa di Trump, e far eleggere la lady di ferro Nikki Haley alla presidenza. Con loro cristiani conservatori convinti che la vittoria di Trump sarebbe stata un disastro.

Non è servito a molto. A contrastarli, infatti, c’è stata un’ampia rete di base di predicatori locali.

Duecento uomini di fede che hanno sostenuto Trump e che - addiruttura durante le prediche - hanno invitato i fedeli a votarlo.

Farmers e soldi

Nel 2018 gli agricoltori statunitensi hanno ricevuto sostegni per 4,7 miliardi di dollari come aiuto per compensare le perdite provocate dalla guerre commerciali che sono scaturite dall’applicazione dei dazi.

Di queste risorse, 3,6 miliardi assegnati ai coltivatori di soia particolarmente penalizzati nelle esportazioni dalle ritorsioni cinesi.

L’aiuto è stato parte una parte dei 12 miliardi di dollari promessi dall’amministrazione Trump per compensare le difficoltà causate ai farmers dalla guerra commerciali e che riguardano anche sorgo, mais, grano, latte, carne di maiale, colpiti direttamente o indirettamente.

Nell’anno successivo, poi, si erano lamentati del fatto che questi soldi fossero arrivati solo “ai grandi”.

L’1% dei gruppi più grandi ha ricevuto in media 188.000 dollari (82 oltre mezzo milione) e l’80% dei farmers meno di 5.000 dollari.

«Gli aiuti permetteranno alle grandi aziende di diventare sempre più grandi, mentre chi ne ha più bisogno non avrà nulla», aveva dichiarato Rogers Johnson (National Farmers Union, associazione che rappresenta 200.000 agricoltori e allevatori).

Ma tant’è. Trump ha sempre “coccolato” questa parte del Paese.

Qualche similitudine con Berlusconi

Trump deve affrontare 91 accuse penali per questioni tra cui la gestione di documenti riservati e gli sforzi per ribaltare la sconfitta alle elezioni presidenziali del 2020. Il procuratore di Manhattan gli imputa 34 reati di truffa falsificazione di documentazione finanziaria legati a pagamenti illegali per un totale di 130.000 dollari.

Tuttavia il numero esorbitante di accuse non ha fatto che “fidelizzare” i suoi affezionati.

Secondo alcuni elettori sarebbe stato ingiustamente sabotato dalle forze dello “Stato profondo”.

Un sondaggio tra i probabili elettori repubblicani pubblicato prima del voto di questa settimana ha rilevato che il 61% degli intervistati ha affermato che il proprio sostegno a Trump non sarebbe influenzato da una condanna penale prima delle elezioni generali.

Quello che è chiaro, finora, è che la destra americana non è pronta per una donna, arrivata terza, appunto, a queste primarie.

*Ascolta qui l’intervento della direttrice su Rai Radio 1

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