Economia

15 anni fa nasceva il Bitcoin

Era il 2009 quando il re delle criptovalute fece il suo ingresso in rete, ma ancora oggi fatica ad affermarsi come moneta riconosciuta a livello istituzionale
Credit: Thought Catalog.  
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10 gennaio 2024 Aggiornato alle 08:00

Sono ormai passati 15 anni da quando Satoshi Nakamoto (l’inventore o un gruppo di inventori sotto pseudonimo) iscrisse il primo Bitcoin in rete. Il 3 gennaio del 2009 si aprì un nuovo sistema monetario che, utilizzando la struttura delle blockchain, permetteva transazioni peer-to-peer in modo decentralizzato, crittografato e irreversibile.

Al suo rilascio, la criptovaluta rientrava in un mercato di nicchia, spesso legato al mondo dell’hacking, per l’assenza di una rintracciabilità dei pagamenti; il suo valore si aggirava intorno agli 0,08 euro a token. Una vera e propria fortuna per coloro che hanno lasciato lievitare il Bitcoin nel proprio computer per anni.

La quota di mercato della moneta è cresciuta negli anni grazie alla domanda e all’offerta: dopo aver raggiunto i 120 euro nel 2013, è passata a circa 1.125 euro nell’aprile del 2014; nel 2017, grazie al debutto nel mercato dei futures, in cui il prezzo di acquisto e vendita è concordato tra gli investitori, il valore è aumentato vertiginosamente fino ai 15.000 euro.

L’anno successivo, però, si è assistito al crollo del Bitcoin a causa di una serie di scandali. Tra i più eclatanti, la distribuzione di immagini pedopornografiche contenute all’interno delle blockchain e la morte di Gerald Cotten, Ceo di un’importante società canadese che si occupava di exchange trading e unico detentore delle password dei portafogli virtuali, che decreta la “scomparsa’’ di oltre 215 milioni di dollari in bitcoin.

Nel 2019, però, si è registrata una consistente ripresa, per poi sfociare nel boom del 2020, quando il prezzo ha toccato cifre superiori ai 50.000 euro; per questo motivo Elon Musk decide che Tesla avrebbe accettato le transazioni tramite Bitcoin, dando così ulteriore importanza al sistema delle criptovalute e attirando i più curiosi ad affacciarsi su questo nuovo mercato in evoluzione. Il massimo storico è stato raggiunto a novembre del 2021, con una quotazione di circa 66.500 euro.

Ma il ribasso degli ultimi anni descrive perfettamente la volatilità e l’incertezza legata a questo mondo. A 15 anni dalla sua nascita, Bitcoin non ha ancora fatto il grande passo di iscriversi nei mezzi di pagamento ufficiali, né di sostituire il dollaro o l’euro come si decantava lo scorso decennio. Situazione determinata dall’assenza di un ente centrale che regoli l’andamento del mercato dei crypto-assets e dal loro impiego poco trasparente a causa del sistema di crittografia che non permette di rendere tracciabili gli spostamenti di capitali e facilita transazioni su siti illeciti.

Inoltre, il dissenso verso questo tipo di moneta è alimentato anche dall’inquinamento prodotto dalle valute virtuali. Durante le transazioni vengono utilizzate cospicue quantità di energia elettrica che, nel processo di trasformazione, aumenta le emissioni di CO2: è stato stimato che con il costo sociale del carbonio a 100 dollari per tonnellata, il Bitcoin ha provocato tra il 2016 e il 2021 oltre 12 miliardi di dollari in danni ambientali.

A contrastare la sua istituzionalizzazione ci aveva già pensato la Cina nel 2021, quando aveva dichiarato illegali tutte le transazioni tramite criptovalute e vietato il loro acquisto con exchange stranieri in seguito a una nota della People’s China Bank del 15 settembre, che descriveva le monete digitali come un rischio per la sicurezza nazionale e la stabilità sociale.

Il Parlamento europeo, meno drasticamente, ha cercato di regolamentare le cripto-attività, mirando a garantire la tracciabilità (in contrasto con il sistema di crittografia di Bitcoin) e prevenire azioni illecite di riciclaggio del denaro, decretando così la fine alle transazioni sospette. Il regolamento MiCA (Markets-in-Crypto-Assets), approvato nella seduta del 20 aprile 2023, ha introdotto un quadro giuridico tra gli Stati membri per certificare la sicurezza degli emittenti e i fornitori di valute digitali al fine di proteggere i consumatori dagli abusi di mercato.

Sono di diversa opinione El Salvador e la Repubblica Centrafricana, gli unici Stati al mondo a essere crypto-friendly, ovvero che riconoscono Bitcoin come metodo di pagamento per beni e servizi, ma anche per tasse e debiti.

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