Ambiente

Evviva! Le popolazioni degli elefanti africani si stanno stabilizzando

Dopo decenni di cali per bracconaggio e crisi climatica, i dati relativi al 70% dei pachidermi dell’Africa meridionale mostrano segnali di ripresa. Fattore decisivo sarà agevolare le migrazioni
Credit: Alex  

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9 gennaio 2024 Aggiornato alle 07:00

Tanto resistenti quanto fragili, gli elefanti simbolo dell’Africa si stanno finalmente riprendendo.

Da decenni, tra bracconaggio legato all’avorio, frammentazione dei territori a causa dell’uomo, malattie e batteri che hanno messo in ginocchio diversi branchi e condizioni meteo estreme come la siccità che ha colpito di recente lo Zimbabwe uccidendo centinaia di esemplari, i pachidermi del sud del mondo stanno attraversando anni bui in termini di crescita e sopravvivenza.

Eppure, ed è davvero una buona notizia, finalmente anche grazie al miglioramento delle politiche di conservazione le popolazioni di elefanti africani si sono finalmente stabilizzate nelle zone centrali e meridionali dell’Africa.

Una recente analisi sui tassi di crescita di questi animali indica infatti che grazie allo sviluppo di aree protette con corridoi migratori, le popolazioni di questi mammiferi si stanno riprendendo bene.

Lo studio con i dati sulle condizioni degli elefanti è stato pubblicato su Science Advances e ha utilizzato 713 indagini sulla popolazione di 103 aree protette dalla Tanzania in giù per calcolare i tassi di crescita o declino dal 1995 al 2020.

Una indagine che ha riguardato più di 290.000 elefanti della savana (il 70% del totale in Africa) e che ci dice appunto come, a differenza dei parchi chiusi e dai quali seppur protetti gli animali non possono uscire, sono le zone protette collegate ad altri luoghi quelle che forniscono migliori chance per la crescita corretta dei pachidermi.

Questo è dovuto soprattutto al fatto di fornire agli elefanti la possibilità, esattamente come facevano in passato prima dell’avvento delle infrastrutture umane, di migrare in caso di necessità o pericolo.

Elefanti che spostandosi attraversano sempre più zone intermedie, cuscinetto, dove nel frattempo si sono insediate comunità umane: proprio su questo tipo di aree, sostengono gli esperti, sarà necessario lavorare e pianificare per ridurre al minimo i conflitti uomo-animale, spesso legati alla distruzione dei raccolti dovuta al passaggio o la presenza degli elefanti.

«Per decenni le notizie provenienti dall’Africa meridionale sono state dominate da ondate di bracconaggio e altre minacce - ha spiegato il dottor Robert Guldemond dell’University of Pretoria - ma è stato fatto un sacco di buon lavoro che ha sostanzialmente cambiato la situazione e questa nuova storia non è mai stata realmente raccontata».

Altri ricercatori, come Stuart Pimm della Duke University, sostengono che «dobbiamo proteggere gli elefanti, ma dobbiamo anche collegarli. Abbiamo frammentato il mondo e dobbiamo ricucirlo di nuovo insieme», mentre Ryan Huang dell’University of Pretoria ricorda la necessità di passare «dal semplice arresto del declino delle popolazioni al tentativo di raggiungere una stabilità a lungo termine».

In generale gli esperti dai dati esaminati hanno scoperto che nel complesso la popolazione è cresciuta dello 0,16% annuo nell’ultimo quarto di secolo.

Allo stesso tempo però, ricordano i ricercatori, alcune aree dell’Africa meridionale subiscono ancora un forte calo a causa del bracconaggio, come la Tanzania meridionale, lo Zambia settentrionale e lo Zimbabwe.

Come chiosa Katherine Elliott del Wwf Africa, «è incoraggiante che le popolazioni di elefanti della savana meridionale si siano stabilizzate ed è una testimonianza degli sforzi dedicati alla conservazione. Tuttavia, diverse popolazioni hanno subito cali significativi e non possiamo accontentarci».

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