Economia

Paradisi fiscali: l’evasione raggiunge 11 miliardi di euro

Il dato emerge dall’indagine Global Tax Evasion Report 2024 dell’Eutax Observatory. La somma corrisponde al 12% del Pil globale
Credit: Engin Akyurt
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11 gennaio 2024 Aggiornato alle 15:00

L’evasione fiscale rappresenta un grandissimo problema per il nostro Paese, e non solo.

Ogni anno nell’identificazione della Manovra di Bilancio si individuano le modalità per recuperare fondi sufficienti a garantire i servizi ai cittadini e stimolare l’economia, mentre il debito pubblico continua ad aumentare e un’ampia fetta dei redditi dello Stato scompare nel fenomeno dell’evasone fiscale.

Negli ultimi anni l’attenzione dei Governi in merito è cresciuta notevolmente, portando alla nascita di una serie di iniziative volte a contrastarla. Eppure, ancora oggi quando parliamo di evasione fiscale ci infiliamo in un argomento delicato i cui si intreccia una pluralità di situazioni che si muovono lungo un confine, spesso sottilissimo e difficile da tracciare, tra quel che è legale e ciò che invece non lo è.

È perfettamente legale, per esempio, spostare la propria residenza all’estero, ottenendo dei vantaggi fiscali non indifferenti. Una scelta che viene adottata da un elevato numero di milionari, che in questo modo riescono a ridurre la somma da pagare in tasse. Ben diversa è l’attività (illegale) di chi non dichiara una parte dei propri redditi, spesso presenti in conti off-shore.

Al di là delle modalità con cui questo risultato viene raggiunto, si genera una perdita immensa di ricchezza per tutti.

Solo a livello nazionale, secondo il Global Tax Evasion Report 2024 dell’Eutax Observatory, l’evasione fiscale, se analizziamo il fenomeno su scala globale, ha sottratto 11 miliardi di dollari, ovvero il 12% del Pil mondiale.

Tra il 2016 e il 2022, la quota di italiani che hanno depositato una parte del proprio reddito in conti all’estero è aumentata notevolmente arrivando, inclusi anche gli anni precedenti, a superare i 230 miliardi di euro.

Di questi, circa 180 sarebbero depositati in conti correnti di banche off-shore o investiti in azioni, assicurazioni sulla vita e fondi di investimento.

Il 45,5% del denaro (pari a circa 82,5 miliardi di euro) si trova nella vicina Svizzera, il 33,8% in aree fiscali protette dell’Unione europea, il 14,6% in Asia e il 6% in aree fiscalmente vantaggiose dell’America.

Mentre la Svizzera è conosciuta come uno dei principali paradisi fiscali al mondo, maggiore stupore potrebbe portare la presenza del continente americano tra i Paesi preferiti dai milionari per evadere le tasse.

In realtà, c’è poco da sorprendersi: anche secondo il Report 2022 della Tax Justice Network, il primo Paese scelto come paradiso fiscale nel mondo sono proprio gli Stati Uniti, e solo a seguire troviamo la Svizzera e Singapore.

Poco più di 15 miliardi, dei circa 230 miliardi di euro fuggiti dal nostro Paese, si nasconderebbero invece nel patrimonio immobiliare delle persone facoltose.

Tra le mete preferite, la Costa Azzurra dove si troverebbero circa 7,6 miliardi di euro, a seguire Parigi con 3,7 miliardi, Londra con 2,7 miliardi, Dubai con 290 milioni e Singapore con 240 milioni di euro. Difficili poi da definire le somme investite in oggetti di lusso come automobili e gioielli, che potrebbero portare ad aumentare ulteriormente il conto finale.

Ciononostante l’Eutax Observatory evidenzia come negli ultimi dieci anni a livello internazionale si sia verificata un’importante riduzione dell’evasione fiscale offshore. Una svolta nel quadro normativo è stata data dalla creazione di un sistema di comunicazione tra i vari paesi, che consente uno scambio automatico delle informazioni bancarie.

Fino al 2013, i nuclei familiari detenevano fuori confine quasi il 10% del Pil mondiale, un patrimonio immenso di cui a essere dichiarata era solo una piccolissima parte. a oggi, non abbiamo certamente risolto il problema dell’evasione fiscale, ma si iniziano a vedere i risultati dei cambiamenti attuati: nel 2022, il patrimonio delle famiglie più abbienti è salito fino al 12% del Pil mondiale, ma si stima che solo il 3% non sia stato sottoposto a un regime fiscale.

Un grande ostacolo è anche dato dalla presenza di aree grigie. Pensiamo a esempio all’elevatissima quantità di reddito che viene nascosto al fisco tramite la creazione di società di comodo. Difatti, molti paesi consentono la creazione di società ad hoc per la gestione del patrimonio personale, evitando così l’imposta sul reddito della persona fisica portando i miliardari a pagare, in molti casi, un’aliquota pari allo 0%-0,5% del loro reddito reale.

Nel 2021, oltre 140 Paesi avevano stabilito un’imposta minima pari al 15% sui profitti delle multinazionali, ma negli ultimi due anni la misura è stata fortemente ridimensionata: l’Eutax Observatory calcola che se con l’aliquota del 15% il gettito dell’imposta globale avrebbe dovuto raggiungere il 9%, a oggi le continue scappatoie potrebbero ridurlo al 5%.

Secondo il Report 2024, una risposta potrebbe essere l’applicazione di una tassazione minima pari al 2% sul patrimonio dei miliardari, ovvero di circa 3 mila persone nel mondo, che potrebbe far generare circa 250 miliardi di dollari.

La stessa Presidente Meloni ha rimarcato, durante la conferenza di fine anno, l’urgenza di intervenire sulla questione in seguito alle elezioni Europee.

L’esigenza è, secondo la Premier, quella di creare delle normative uniche che mettano i Paesi sullo stesso piano evitando privilegi e discriminazioni che potrebbero finire per creare «nazioni che lavorano per drenare gettito ad altre nazioni».

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