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Chi è Aleksandr Vucic?

Il leader del Partito del progresso serbo è stato rieletto presidente del Paese tra accuse di brogli e timori dell’Ue. In questo pezzo ti raccontiamo la sua storia
Credit: EPA/ANDREJ CUKIC  

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19 dicembre 2023 Aggiornato alle 18:00

Nel 2017 i giornali italiani lo chiamavano “il premier europeista”.

Oggi titolano: “Il presidente sovranista”.

Lui, Aleksandr Vucic, è sempre al potere in Serbia. E ieri è stato riconfermato nel ruolo di presidente.

Secondo i dati resi noti finora, il suo Partito del progresso serbo (Sns) ha ottenuto circa il 46,8% dei voti.

L’opposizione ha denunciato diverse irregolarità durante le votazioni, ma Vucic ha rispedito ogni accusa al mittente e ora si appresta a continuare a governare. Una notizia che di certo non rasserena Stati Uniti e Unione europea, da tempo preoccupati dai rapporti stretti del governo serbo con Cina e Russia. Ma qual è la storia di uno dei politici più importanti e camaleontici dei Balcani?

Vucic nasce a Belgrado nel 1970. I suoi genitori sono un economista e una giornalista.

Dopo aver completato gli studi in legge nella capitale serba e avere imparato l’inglese a Brighton, inizia a lavorare come giornalista.

Chi lo conosce da giovane lo descrive come “sfrontato”. Una sfrontatezza che fa rima con ambizione.

Nel 1993 entra nel Partito Radicale Serbo, una forza ultranazionalista, e da lì a poco viene eletto in Parlamento. Nel corso della seconda metà degli anni Novanta ricopre anche cariche di governo.

In particolare tra il 1998 e il 2000 è ministro dell’Informazione del governo Marjanovic.

Sono gli anni della guerra in Kosovo e Vucic prende decisione dure: colpisce con multe i giornalisti che criticano il governo e mette il più possibile alla porta la stampa estera.

In questi anni mantiene posizioni ultranazionaliste con frasi molto forti che in seguito ritratterà. Come quando dice rivolto ai kosovari: «Se voi uccidete un serbo, noi uccideremo cento musulmani». Nel 2000 i nazionalisti perdono e il regime di Slobodan Milosevic giunge al termine, portando così Vucic tra i banchi dell’opposizione.

Nel 2008 fonda il Partito del progresso serbo Sns di cui diventa vicepresidente e poi presidente.

Da questa posizione sarà prima vicepremier del governo Dacic e poi ministro della Difesa. Il 2014 è però l’anno di svolta: Vucic vince le elezioni anticipate e diventa per la prima volta primo ministro del Paese.

In questo ruolo promuove misure di austerity per affrontare la crisi economica e vira su posizione europeiste. Il suo è un difficile gioco di equilibrismo in politica estera: da un lato vuole aumentare il dialogo con l’Ue, dall’altro non vuole perdere il legame con la Russia di Vladimir Putin che proprio in quel periodo ha iniziato il suo scontro con l’Ucraina che porterà poi all’invasione del 2022.

Nel 2014 rilascia un’intervista al Corriere della Sera in cui spiega questa strategia: «Il nostro futuro è dentro l’Ue, ma non possiamo troncare i rapporti con Mosca. Chi ci fornirebbe il suo gas se lo facessimo?». Parole che sembrano profetiche rilette oggi.

Nel 2016 viene riconfermato premier e nel 2017 decide di candidarsi a presidente del Paese venendo eletto con il 55% dei consensi.

I suoi sostenitori apprezzano la sua linea economica che ha permesso alla Serbia di tornare ad avere i conti in ordine, ma l’opposizione lo accusa di metodi autoritari. La situazione rischia di degenerare nel 2019 quando per mesi migliaia di manifestanti chiedono le sue dimissioni accusandolo di essere diventato «un dittatore». Le critiche nascono da una strategia che lo ha visto accentrare sempre più poteri nelle mani del presidente della Repubblica.

Nonostante le proteste, Vucic non si dimette e viene anzi rieletto nelle elezioni seguenti.

Nel corso degli anni prosegue la sua politica neoliberista, privatizzando diverse società pubbliche.

Con lo scoppio della guerra in Ucraina la situazione internazionale si fa ancora più difficile. Nonostante le pressioni europee, la Serbia decide di rimanere l’unico Paese europeo a non approvare sanzioni contro la Russia. Una scelta che porta Vucic a essere accusato di filoputinismo. Il presidente serbo assume anche toni molto critici sulla gestione europea della situazione in Kosovo dopo lo scoppio di diverse tensioni nel territorio.

Inoltre i suoi legami con la Cina destano preoccupazione. Sotto il suo governo i rapporti tra i due Paesi sono cresciuti di intensità e durante la pandemia Vucic ha chiesto i vaccini a Pechino e non a Bruxelles.

Il nuovo colore del camaleonte Vucic sembra sempre più lontano dal blu della bandiera europea.