Diritti

Tunisia: chi è Chaima Issa, l’attivista condannata al carcere?

Il tribunale militare di Tunisi ha concesso la sospensione della pena di 12 mesi a una dei leader del Fronte di salvezza nazionale, accusata di aver “offeso” il presidente Kais Saied. «Non siamo criminali» ha dichiarato dopo il verdetto
L'attivista e oppositrice tunisina Chaima Issa
L'attivista e oppositrice tunisina Chaima Issa
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
15 dicembre 2023 Aggiornato alle 19:00

Chaima Issa ha 43 anni, è un’attivista e membro del Fronte di Salvezza Nazionale, l’alleanza che in Tunisia riunisce le principali forze di opposizione al presidente della Repubblica Kais Sied. Questa settimana il tribunale militare di primo grado di Tunisi l’ha giudicata colpevole di aver offeso Saied, diffondendo voci volte a danneggiare la pubblica sicurezza e incitando i soldati a disobbedire agli ordini.

Lo ha spiegato in un post su Facebook il suo avvocato Dalila Ben Mbarek: “Ecco come regna la libertà di parola in questo Paese, o in quello che resta di questo Paese. Riprenderemo a governare e a lottare per la nostra libertà di pensiero, di espressione e di azione politica. E non ci arrenderemo, qualunque cosa accada”. Il tribunale l’ha condannata a 12 mesi di carcere con sospensione della pena. Il verdetto è arrivato nel giorno del suo compleanno. Dopo la sentenza, uscita dal tribunale, ha dichiarato che gli oppositori di Said vengono trattati come «criminali».

Il suo caso, secondo Amnesty International, è “emblematico della repressione delle autorità tunisine nei confronti degli oppositori politici”. Suo padre era un attivista politico che venne imprigionato sotto l’ex presidente Zine El Abidine Ben Ali. Lei, giornalista e attivista per i diritti umani tunisina, ha studiato religioni comparate all’Università Zitouna di Tunisi. È anche poetessa e scrittrice: il suo ultimo libro si intitola Gender, Feminism and Religion (in arabo).

Il 13 dicembre il tribunale militare di Tunisi l’ha giudicata colpevole di “incitamento a disubbidire agli ordini (articolo 81 del codice di giustizia militare), diffusione di notizie false (articolo 24 del decreto legge 54 sui reati informatici) e atto offensivo nei confronti del presidente (articolo 67 del codice penale)”, spiega Amnesty, per aver criticato, nel corso di un’intervista radiofonica andata in onda quasi un anno fa, il ruolo dell’esercito nelle elezioni legislative.

Secondo le accuse, che Issa nega, l’attivista avrebbe incitato i soldati a disobbedire agli ordini e insultato il presidente Saied, utilizzando “deliberatamente reti di comunicazione e sistemi di informazione per promuovere e diffondere false voci con l’obiettivo di violare i diritti altrui, minacciare la pubblica sicurezza e attribuire informazioni false per diffamare altri e danneggiarne la reputazione”.

È il 2019 quando Saied viene eletto democraticamente. Nel 2021 sospende il Parlamento, licenzia il primo ministro e prende il controllo esecutivo del Paese, promuovendo una nuova costituzione per reprimere i suoi oppositori politici: Issa è una delle prime persone a opporsi pubblicamente a quanto sta accadendo. Dopo un incontro con diplomatici stranieri con altre figure dell’opposizione per discutere della situazione politica in Tunisia, viene arrestata nel febbraio 2023. Da allora più di 20 oppositori politici tunisini ritenuti “terroristi” da Saied, sarebbero stati incarcerati per un presunto “complotto contro la sicurezza interna”.

A luglio, dopo 4 mesi di detenzione arbitraria, Issa viene rimessa in libertà provvisoria in attesa del processo, ma rimane indagata per presunta “cospirazione”. Le autorità le impediscono di viaggiare all’estero e di “apparire in pubblico”. Il 13 dicembre, dopo il verdetto, Issa ha dichiarato ai giornalisti: «Non siamo criminali. Non siamo cospiratori. Non siamo traditori. Siamo politici, oppositori del colpo di stato del 25 luglio 2021».

Samir Dilou, membro della difesa dell’attivista, ha condannato la sua comparizione in tribunale «ai sensi del famoso decreto 54, che punisce le false informazioni». Lo ha definito «pericoloso» in un’intervista all’AFPtv. Salsabil Chellali di Human Rights Watch ha scritto su X che «non avrebbe mai dovuto essere perseguita per aver espresso le sue opinioni, né processata da un tribunale militare». I tribunali militari tunisini, secondo i gruppi per i diritti umani, non soddisfano i criteri di indipendenza definiti dal diritto internazionale.

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