Culture

Presepe a scuola: tra obbligo e vuoto c’è una terza via

Privarcene sarebbe un impoverimento. Ma quello che ci serve non è un decreto che lo imponga bensì una laicità che non escluda i simboli religiosi e, anzi, li includa tutti
Credit: Freepik  

Quella sui simboli religiosi è sempre stata una battaglia culturale del centrodestra. Essendo oggi al governo, ogni iniziativa in merito risuona in maniera amplificata. E così si è creata una polemica della quale non si sentiva il bisogno a proposito del presepe a scuola. E sul disegno di legge di Fratelli d’Italia di renderlo obbligatorio e di vietarne la sostituzione con altre feste che ha fatto (giustamente) saltare sulla sedia molti esponenti del mondo del scuola.

Sul tema vorrei offrire un punto di vista diverso. Lontano sia da ogni tentativo di obbligo - profondamente anticristiano - sia da chi vorrebbe una scuola priva di qualsiasi simbolo religioso (e forse di ogni simbolo).

Come ogni anno, la scuola di mio figlio piccolo ha fatto un bellissimo albero e pure il presepe.

Sta in un pezzetto del giardino, sulla via che porta al portone della scuola, discreto (e non particolarmente bello). Come ogni anno, mi sono chiesta se a scuola sarebbe più giusto che il presepe non ci fosse. E la mia risposta, oggi (anche se in passato ho avuto posizioni diverse) è che no, non sarebbe meglio toglierlo. Che quell’angolo sarebbe semplicemente più sguarnito, invece che arricchito da qualcosa che rappresenta una tradizione che, se posta così, ovvero come racconto visuale di un passo del Vangelo, difficilmente può risultare offensiva.

Messo così, il crocifisso non piacerebbe a Gesù

Ma facciamo un passo indietro. Ci sono state e ci sono infinite polemiche nel nostro Paese sul tema del crocifisso a scuola. Qui, a mio avviso, il discorso è un po’ diverso, soprattutto per la posizione che il crocifisso ha. Dietro, e sopra, l’insegnante, in maniera estremamente visibile, incombente. E soprattutto in un’aula dove si insegna un sapere che dovrebbe essere laico, non ideologicamente orientato.

Nelle aule a scuola di mio figlio, a esempio, c’è il presepe ma il crocifisso non c’è, ci sono solo libri colorati, foto, disegni, persino qualche strumento musicale. Ed è giusto così.

Non credo, soprattutto, che il crocifisso debba stare in aula. Il che non vuol dire che non debba stare da qualche altra parte, magari in un posto che, diciamolo, sarebbe ben più apprezzato dal Gesù del Vangelo. Per esempio, in ogni scuola ci potrebbe essere, perché no, un piccolo spazio dove chiunque possa andare a pregare. E dove però ci sia una cappella non connotata solo in senso cristiano, dove chiunque professi una religione si senta a suo agio. Uno spazio per tutti, insomma.

Perché la laicità alla francese è povera

In questo senso il discorso del crocifisso è legato, invece, a quello del presepe: se è giusto collocare i simboli al posto giusto, meno giusto è toglierli, spazzarli via.

So che sto dicendo una cosa apparentemente poco laica, ma com’è noto ci sono diversi tipi di laicità: quella per sottrazione e quella per inclusione, aggiunta.

La laicità per sottrazione, stile repubblica francese, è una laicità che io trovo povera. Si tolgono tutti i simboli, come se la religione fosse qualcosa che riguarda solo il privato, come se uno si liberasse dalle sue credenze come un cappotto, nel momento in cui entra a scuola.

Per questo motivo, credo che l’obbligo di togliere l’hijab a scuola, il foulard che copre la testa lasciando scoperto il volto, possa in certi casi essere violento, se la ragazza preferisce non toglierlo.

Curioso che molti dei difensori nostrani del presepe e del crocifisso a oltranza invece siano contrari al velo parziale. Perché a loro interessa una difesa ideologica di un cattolicesimo intollerante, mentre ciò che va difeso è il valore delle credenze e delle tradizioni religiose. Che sono una ricchezza, lungi dall’essere un impoverimento.

Quanto servirebbe l’insegnamento delle religioni

Da questo punto di vista, non si può non parlare, sempre a proposito di religione a scuole, dell’insegnamento del cattolicesimo che, così concepito, è semplicemente assurdo, dogmatico, sbagliato.

Sono ore in cui un insegnante scelto dal Vaticano spiega i dogmi e i contenuti del cattolicesimo romano, mentre chi non è cattolico viene escluso: un’immagine brutta, qualcosa che non dovrebbe accadere.

È vero che ormai molti insegnanti di religione sono aperti e plurali, a volte addirittura si limitano a fare un po’ di etica, ma lo fanno per realismo e iniziativa personale. L’ora di religione dovrebbe rimanere tale, ma essere plurale. È uno spazio incredibile dove si potrebbero apprendere i contenuti delle religioni più “importanti”, meglio più diffuse. Un’occasione unica di arricchimento, un faro su un mondo vasto e inesplorato.

Una coesistenza di simboli che non sconfini nel relativismo

Tornando al presepe. No, non avrebbe senso toglierlo. Tra l’altro, si lascerebbe solo l’albero.

Ma anche l’albero è un simbolo in qualche modo, anche se non religioso. Anche l’albero porta con sé alcuni valori, ed è espressamente legato, oggi, al tema del regalo. Dunque dell’acquisto, del consumo (non a caso le grandi marche fanno a gara nel farlo, vedi l’albero di Gucci a Milano, un’overdose antiestetica di lusso, una installazione sinceramente brutta ma soprattutto triste, un inno al lusso e ai soldi, niente di più).

Insomma, anche gli alberi portano “valori” e non sempre positivi. E allora perché togliere un fazzoletto di presepe?

Caso mai, si dovrebbe lavorare sul senso del Natale nelle altre religioni, specie se ci sono bambini non di provenienza o tradizione cristiana (com’è noto, tra l’altro nel Corano Gesù è considerato un grande profeta). Lavorare, insomma, nel senso dell’inclusione.

Non è semplice, perché spesso il multiculturalismo sconfina nel relativismo, che non è esattamente un valore per chi è religioso. Non si tratta di dire che le religioni sono identiche, perché non lo sono per chi crede. Ma immaginare, anche a scuola, una forma di coesistenza dei simboli e delle espressioni religiose.

Si tratta di un lavoro delicato, per il quale servirebbe grande lungimiranza in chi ci governa, in chi governa la scuola perché, addirittura, servirebbero esperti che possano aiutare le insegnanti ad andare in questa direzione. Un sogno purtroppo lontano, un’utopia che difficilmente raggiungeremo, figuriamoci.

Ma per ora, il presepe, lasciamolo lì dov’è.

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