Futuro

La scienza incontra l’AI e scopre nuovi materiali

DeepMind, il software di intelligenza artificiale di Google, ha individuato nuovi cristalli inorganici bypassando una sperimentazione che avrebbe richiesto circa 800 anni
Credit: Google deepmind 

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14 dicembre 2023 Aggiornato alle 12:00

L’intelligenza artificiale ha scoperto oltre 2,2 milioni di nuovissime strutture cristalline inorganiche, di cui circa 381.000 appaiono come materiali particolarmente stabili per lo sviluppo delle tecnologie del futuro: dalle migliori batterie per auto elettriche, ai superconduttori per computer ultra-efficienti, passando per chip sofisticati e pannelli solari di ultima generazione.

La scoperta, di recente resa nota con un paper pubblicato sulla rivista Nature, è stata condotta dai ricercatori di Google DeepMind, un team che si dedica allo sviluppo dell’intelligenza artificiale più avanzata e che ha sfruttato GnoME (Graph Networks for Materials Exploration) - un potente strumento di rete neurale all’avanguardia, potenziato da un processo di formazione chiamato active learning e basato sul deep learning - per individuare, in un lasso di tempo di circa un anno, centinaia di migliaia di materiali inorganici stabili. Una quantità che con le sperimentazioni tradizionali l’essere umano, probabilmente, avrebbe potuto individuare soltanto nel corso di almeno 800 anni.

Si tratta, infatti, di sostanze o composti che, per definizione, mantengono le loro proprietà chimiche o fisiche nel tempo e che vengono scoperti dagli scienziati attraverso la combinazione di elementi presenti nella tavola periodica.

Le combinazioni possibili possono essere tantissime e andare per tentativi richiede ovviamente molto tempo: così, nella ricerca di nuovi materiali, gli studiosi preferiscono avvantaggiarsi partendo da strutture già esistenti, a cui apportano di volta in volta delle piccole modifiche, sviluppando combinazioni sempre diverse che potrebbero produrre un nuovo materiale. È chiaro che il processo, così avviato con metodi tradizionali, purtroppo richieda un enorme impiego di tempo e non sempre porti a importanti scoperte, tanto che i materiali noti all’uomo oggi sono solo poche decine di migliaia.

Ma l’intelligenza artificiale di DeepMind ha rivoluzionato i sistemi, consentendo alla rete neurale di GNoME di fare lo stesso lavoro dei ricercatori, ma in tempi estremamente rapidi e con risultati sorprendenti, incrociando dati e combinazioni.

Lo strumento utilizzato dal team di ricerca di Google DeepMind, infatti, consente in primis di generare, a partire dalle strutture esistenti, e dunque dai dati reali, più di 1 miliardo di strutture ipotetiche solo attraverso le modifiche alle combinazioni che creano i materiali già esistenti.

In seguito, sofisticati algoritmi scartano quelli che sono materiali già noti e prevedono l’ipotetica stabilità di nuovi materiali basandosi solo sulle formule chimiche.

A questo punto, tutti gli ipotetici materiali stabili scoperti vengono sottoposti a un’analisi – potenziata anche in questo caso dall’AI – che serve a prevedere l’energia di decomposizione di una determinata struttura, cioè l’energia richiesta per spezzare legami o separare gli elementi che costituiscono la struttura iniziale.

Si tratta di un passaggio estremamente importante, poiché un alto valore di energia di decomposizione corrisponde a una struttura più stabile che ha più possibilità di durare nel tempo e che si presta, quindi, a usi fondamentali nel settore delle nuove tecnologie.

L’intelligenza artificiale di GnoME, infine, seleziona i materiali stabili più promettenti e, con questi, ripete un nuovo ciclo di deep learning, aumentando di volta in volta la precisione con cui individua gli ipotetici materiali stabili.

Nel primo ciclo, per esempio, GNoME riesce a prevedere la stabilità di nuovi materiali con un’efficacia pari al 5%, una percentuale che con la sperimentazione può salire fino a superare l’80% di accuratezza.

«Speriamo che questi miglioramenti nella sperimentazione, nella sintesi autonoma e nei modelli di apprendimento automatico possano ridurre il lavoro tradizionale della durata di 10, 20 anni a qualcosa di molto più gestibile», ha affermato Ekin Dogus Cubuk, uno dei ricercatori di Google che ha lavorato a GnoME.

«I materiali stabili sono fondamentali in quasi tutte le tecnologie – ha spiegato Cubuk – ma a oggi gli esseri umani ne conoscono solo alcune decine migliaia».

Si tratta di circa 20.000 materiali stabili noti, a cui se ne sono aggiunti, negli ultimi 10 anni, altri 28.000 mila identificati dal The Materials Project, un progetto di ricerca avviato dalla fisica Kristin Persson presso il Lawrence Berkeley National Laboratory, attraverso metodi computazionali.

Un totale di poco meno 50.000 materiali stabili: un numero che può sembrare elevato, ma che in realtà non è per nulla sufficiente per dare una mano al progresso scientifico e tecnologico, indispensabile per il futuro: «Diciamo che se vuoi trovare un nuovo elettrolita solido per batterie migliori, questo elettrolita deve essere un buon conduttore ionico, ma un cattivo conduttore elettronico, e non dovrebbe essere tossico o radioattivo. Una volta applicati tutti questi filtri, si scopre che abbiamo solo poche opzioni con cui possiamo andare avanti e che, alla fine, non sono soluzioni che rivoluzionano veramente le batterie», ha spiegato Cubuk.

Grazie all’intelligenza artificiale di Google DeepMind, ora il numero di materiali stabili che abbiamo a disposizione è aumentato a dismisura in un lasso di tempo relativamente breve. Un risultato che fa ben sperare per il futuro della tecnologia: solo per fare due esempi, GNoME ha individuato circa 52.000 nuovi composti stratificati simili al grafene (con i metodi tradizionali fino a oggi era stato possibile sintetizzarne, di simili, solo un migliaio in tutto) - con potenziali impatti rivoluzionari sull’elettronica attraverso lo sviluppo di superconduttori - e 528 potenziali conduttori di ioni di litio (25 volte più di uno studio precedente) che potrebbero migliorare significativamente le prestazioni delle batterie ricaricabili.

Dopo la pubblicazione dello studio innovativo, DeepMind ha deciso di mettere a disposizione gratuita, attraverso un portale denominato The Material Projects, parte del database con i risultati sui materiali: la comunità scientifica potrà, quindi, visionare le strutture teoriche potenzialmente migliori e stabili per testare la loro applicazione pratica e aprire nuovi orizzonti per le sperimentazioni delle tecnologie del futuro.

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