Ambiente

Cop28: l’aviazione diventa green?

Il Piano per la riduzione delle emissioni e la neutralità climatica dell’aviazione presentato a Dubai richiede la sinergia fra tutti gli operatori del settore per finanziare la transizione senza sacrificare la compatibilità economica
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7 dicembre 2023 Aggiornato alle 17:00

Giunti quasi alla metà di Cop28, il vertice mondiale sull’azione per il clima, spunta sui tavoli di Dubai un dossier cruciale per affrontare a testa alta il cambiamento climatico: la decarbonizzazione del trasporto aereo.

Un settore che in quasi quarant’anni ha visto raddoppiare le emissioni di anidride carbonica arrivando a rappresentare il 2,5% delle emissioni globali e il 3,8% di quelle europee, e che si dimostra cruciale nell’ottica di raggiungere tutti gli ambiziosi limiti di riscaldamento globale posti dall’Accordo di Parigi del 2015, ma anche gli obiettivi fissati dall’accordo tra Ue e Icao (Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile), che fissa al 2030 l’anno entro cui raggiungere una riduzione del 5% delle emissioni provenienti dal trasporto aereo, fino ad arrivare a una piena neutralità climatica per il 2050.

L’Italia si è attivata, sin dagli albori dell’accordo, per dare vita a un processo virtuoso e coeso attraverso il Patto per la decarbonizzazione del trasporto aereo promosso l’anno scorso da Aeroporti di Roma per ridurre le emissioni inquinanti prodotte dagli aeroporti di Fiumicino e Ciampino, oltre ad accelerare il raggiungimento di tutti i gli obiettivi che fanno capo al Net Zero Emissions. Il piano, presentato in questi giorni a Dubai, fa il paio con altre iniziative similari come il progetto Financing the airport of tomorrow lanciato su iniziativa del World Economic Forum, il quale stima che la sfida per la decarbonizzazione non richiederà meno di 1,7 trilioni di dollari.

Una cifra enorme, soprattutto se pensiamo che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non prevede finanziamenti per il trasporto aereo, e l’unico punto di riferimento rimane il Fondo per la Mobilità sostenibile composto da 2 miliardi di euro stanziati dal Ministero delle Infrastrutture per sostenere (nei prossimi 24 mesi) la transizione ecologica nei trasporti e raggiungere gli obiettivi del programma Fit for 55 approvato nel 2021 dalla Commissione europea per ridurre le emissioni dell’Ue di almeno il 55% entro il 2030.

Il sogno da concretizzare è proprio quello di trasformare infrastrutture enormemente energivore come gli aeroporti in veri e propri energy hub capaci di autoprodurre energia pulita senza alcun impatto ambientale.

La chiave di volta per rispettare degli impegni tanto ambiziosi quanto fondamentali per il futuro, sta proprio nella sinergia che tutti i principali player del mercato dell’aviazione dovranno mostrare per guardare compatti al medesimo obiettivo.

Non a caso fra i partecipanti al Patto figurano non solo più 30 aziende nazionali e internazionali del settore aeronautico, ma anche rappresentanti del comparto energetico e ferroviario, oltre che istituzioni e accademici. Un conglomerato variopinto ma nello stesso tempo compatto e unito nel segno di un «percorso comune che renda compatibile lo sviluppo della connettività a livello globale con la tutela dell’ambiente» spiega l’amministratore delegato di Adr Marco Troncone.

Gli strumenti che le istituzioni sono chiamate a fornire per avviare un efficace processo di transizione si collocano in un «quadro normativo stabile e con orizzonte pluriennale» composto da sostanziosi crediti di imposta alle compagnie aeree, ossia una riduzione dell’imposta da pagare sui propri utili per incentivarle a investire e produrre i combustibili verdi, conosciuti anche come sustainable aviation fuels, che entro il 2030 dovranno rappresentare il almeno il 6% del carburante utilizzato.

Si tratta in sostanza di combustibili prodotti a partire dai grassi animali e dagli oli vegetali esausti, non carbon- free bensì carbon neutral in quanto, a differenza del cherosene normale, le emissioni prodotte dalla loro combustione sono compensate dalle emissioni assorbite dalla biomassa utilizzata per la loro produzione.

Inoltre per produrre la stessa quantità di energia, i Saf riescono a emettere l’80% in meno di anidride carbonica rispetto al cherosene tradizionale.

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