Diritti

È stata una marea

Un fiume fucsia di donne, e tanti uomini, ha invaso ieri la Capitale in occasione della manifestazione contro la violenza sulle donne organizzata da Non una di meno
Roma. Il corteo dell'associazione Non una di meno contro la violenza sulle donne, 25 Novembre 2023
Roma. Il corteo dell'associazione Non una di meno contro la violenza sulle donne, 25 Novembre 2023 Credit: Marcello Valeri/ZUMA Press Wire
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 7 min lettura
26 novembre 2023 Aggiornato alle 11:00

Si era parlato, sottostimando di gran lunga la portata del movimento, di 10.000 persone. Alla fine sono state oltre 500.000 i partecipanti alla grande manifestazione nazionale organizzata a Roma da Non una di meno, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Donne e uomini, giovani e meno giovani, hanno invaso le strade della Capitale in un lungo serpentone colorato e rumoroso, partito dal Circo Massimo e arrivato a Piazza San Giovanni, dove la marea non si è fermata ma ha continuato a cantare, ballare e soprattutto urlare. Per Giulia Cecchettin, come chiesto espressamente dalla sorella Elena. Ma anche per tutte le Giulia di ieri e per quelle di domani. Perché purtroppo la ventiduenne veneta non è già più stata l’ultima.

Quello di ieri non era un appuntamento inedito, visto che già da anni l’associazione scende in piazza il 25 novembre, così come l’8 marzo, per rivendicare i troppi diritti che le donne ancora non hanno, ma mai la partecipazione è stata di simile portata, né tanto meno l’interesse mediatico. Qualche donna che sfila snocciolando slogan femministi fino a oggi ha meritato sì e no un trafiletto sui quotidiani ma il femminicidio di Giulia Cecchettin sembra aver acceso un faro là dove è sempre stato buio, anche se non sempre lo ha fatto nel modo giusto.

Per questo Non una di meno ha aperto la giornata con un’azione dimostrativa davanti alla sede Rai di viale Mazzini, voluta per denunciare la vittimizzazione secondaria che la narrazione giornalistica esercita non di rado su chi subisce violenza di genere. Un sit-in che è valso il fermo e la condotta in Questura di cinque attiviste, rilasciate giusto in tempo per prendere parte al corteo.

“Saremo marea”, avevano detto le organizzatrici alla vigilia e così è stato, nonostante a partire dal tardo pomeriggio di venerdì si sia fatta largo una polemica in merito all’appoggio di Non una di meno alla causa palestinese e alla conseguente politicizzazione dell’evento.

Fin dalla tarda mattinata le strade romane si sono tinte di fucsia e di viola, e riempite di cartelloni sollevati da chi “non vuole essere coraggiosa ma libera”, “non musa ma artista”, “non zitta ma voce urlante”.

Quando poi il sole e le temperature hanno iniziato a scendere, ad alzarsi è stata la musica, che ha animato una festa a cielo aperto nella quale la manifestazione è confluita naturalmente, dopo un ultimo momento di lotta e protesta davanti alla sede di Pro vita e famiglia, dove si sono verificati alcuni scontri con la Polizia.

Nella Capitale sono giunti pullman di partecipanti da ogni parte d’Italia ma quella romana non è stata l’unica manifestazione nazionale. Non una di meno si è infatti sdoppiata in una seconda, organizzata a Messina, anch’essa gremita.

Stesso copione, stessa urgenza: quella di dire che la misura è ormai colma, che le azioni di contrasto alla violenza di genere messe in campo in questi anni dalla politica sono insufficienti, così come i fondi stanziati. Che bisogna ripartire dalle scuole e nel frattempo non lasciare sole le donne, perché Giulia non è purtroppo stata l’ultima ma l’ultima non ci sarà mai senza un reale cambiamento che coinvolga tutti.

Un grido unanime, che ha attraversato lo stivale, da nord a sud, unendo molte altre città italiane, dove le persone oggi sono scese in piazza per altrettante marce.

La più numerosa a Milano, alla presenza di oltre 30.000 persone. Tra di loro anche Chiara Ferragni, in corteo con un cartello dalla scritta We should all be feminists, titolo di un saggio della scrittrice, attivista e femminista nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie.

Come lei molti altri volti noti e non hanno partecipato alle manifestazioni nelle proprie città, perché se è vero che “le strade sicure le fanno le donne che le attraversano”, più siamo meglio è.

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