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Maria Antonietta Russo: «Abbiate il coraggio di essere imperfette»

La Director of People, Culture and Organization di Tim Brasil ha raccontato a La Svolta la scalata del Gruppo nel Refinitiv Diversity and Inclusion Index: per il terzo anno consecutivo, l’azienda è stata nominata Telco più inclusiva al mondo
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16 novembre 2023 Aggiornato alle 10:00

Non si arriva per caso nella Top 100 del Refinitiv Diversity and Inclusion Index, che misura le performance di più di 15.000 aziende a livello globale in fatto di politiche di inclusione.

Tim Brasil, controllata di Tim, si è aggiudicata per il terzo anno consecutivo il titolo di Telco più inclusiva al mondo e, quest’anno, il 4° posto tra le aziende virtuose in questo ambito a livello mondiale.

Il risultato, afferma Maria Antonietta Russo, Director of People, Culture and Organization di Tim Brasil, che ha contribuito alla scalata nel ranking, è frutto di un’evoluzione culturale accelerata degli ultimi 4 anni, che ha coinvolto l’intera organizzazione.

«Si è partiti dalla revisione di politiche e processi internamente», spiega Russo a La Svolta che, partita dalla Puglia per studiare psicologia a Roma quando aveva 19 anni, ha costruito la sua carriera professionale nel Gruppo Tim approdando (per la seconda volta) a Rio de Janeiro 4 anni fa.

Tim Brasil è stata prima azienda di telecomunicazioni al mondo secondo il Ranking Refinitv diversity and inclusion index per 3 anni consecutivi e 4 come impresa a livello Globale nel 2023. Quali sono le principali politiche messe in campo che hanno portato a questa posizione?

Il risultato è stato raggiunto grazie alla messa in campo di una serie di iniziative che hanno impattato positivamente sull’evoluzione degli indicatori di diversity, in particolare quelli legati alla equità etnica e di genere, che in Brasile sono le 2 realtà più significative e urgenti in termini di disparità sociale: le donne, tanto quanto le persone Bipoc (Black, Indigenous & People of Color, ndr) rappresentano più del 50% della popolazione brasiliana (rispettivamente 52% e 56%, fonte IBGE). Una proporzione che non sempre si riflette negli organigrammi aziendali, a riprova della necessità di azioni concrete per accelerare il raggiungimento delle pari opportunità, tanto nella fase di entrata quanto in quelle successive di carriera.

In questo senso, le iniziative di Tim Brasil partono da evoluzioni di politiche e di processi per eliminare le barriere fin dalla fase di entrata in azienda, arrivando a progetti di accelerazione professionale di carriera. Potrei citare per esempio la revisione dei processi selettivi con posizioni dedicate a persone Bipoc e donne, senza barriere geografiche, di educazione o età. Nel programma Estagio Inclusivo, per esempio, offriamo corsi di lingua inglese e tecnici con l’obiettivo di coprire gap educazionali in un Paese dove l’istruzione non sempre è accessibile a tutti allo stesso modo.

Un’altra iniziativa è la partnership creata nel 2021 con l’app Mulheres Positivas, con l’obiettivo di incrementare le opportunità di impiego e carriera per le donne. Oggi, grazie ai diversi progetti messi in campo, abbiamo raggiunto il 36% di donne in posizioni manageriali e il 50% nella Direttoria Statutaria: nel consiglio di amministrazione (Cda), poi, abbiamo una rappresentatività del 30% (percentuali ben superiori a quelli del mercato di riferimento).

Attraverso l’app Mulhers Positivas, offriamo posizioni di lavoro, corsi gratuiti e una rete di connessione per supportare la lotta alla violenza di genere, che include i negozi Timi quali spazi sicuri, affinché le donne che si sentano in pericolo per strada possano ricevere informazioni e connettersi con questa rete di supporto. Una progetto fondamentale in un Paese che è al quinto posto nel ranking mondiale per femminicidio (fonte, Onu 2022).

Una delle principali criticità per la realizzazione professionale delle donne è rappresentata dalla maternità. Qual è la strategia migliore a livello aziendale da applicare per consentire alle donne di conciliare la maternità con la carriera?

Il mio punto di vista è chiaramente basato sulla realtà brasiliana dove quasi più della metà delle famiglie sono gestite finanziariamente da madri single (fonte Istituto Brasileiro de Economia da FGV, 2023), il che richiede un approccio integrato con iniziative che vanno dalla flessibilità oraria fino a progetti di sostegno economico. In Tim Brasil, per esempio, abbiamo lanciato il Programa Gestantes con interventi a supporto delle lavoratrici, dalla gravidanza fino al primo anno di vita del neonato, con focus sulla salute fisica, emozionale e psicologica.

Abbiamo inoltre messo a disposizione una card, Meu Primeiro Beneficio, per l’acquisto di prodotti per l’infanzia per i primi 2 anni di vita del bambino oltre all’ausilio nido/baby sitter con rimborso delle spese fino al settimo anno di età. Viene anche garantita una maggiore flessibilità per il rientro in azienda dopo la nascita di un figlio, estendendo il congedo previsto per legge di 120 giorni a 180. Si tratta di aspetti che possono sembrare marginali, ma in Brasile, dove il welfare non è ancora cosi evoluto come in Europa, si tratta di azioni importanti che fanno la differenza nella vita delle persone.

Il gender pay gap è ancora una realtà difficile da scardinare. In Europa è entrata in vigore una direttiva per la parità retributiva: pensa sia la strada giusta per combattere le differenze retributive tra uomini e donne?

Anche in Brasile a luglio è stata introdotta una legge sulla parità salariale come in Europa. Quello che penso è che la definizione di politiche per accelerare un percorso verso la parità di genere sia necessario ma non sufficiente a cambiare una cultura. Definire le mete per ridurre il salary gap (cosi come facciamo anche qui in Tim Brasil) aiuta, certamente, a indirizzare la revisione delle politiche e dei processi per fare carriera e, soprattutto, a definire programmi di sensibilizzazione capaci di rompere bias e preconcetti che sono alla base di questo gap.

Cosa bisogna fare per implementare la parità di genere nelle aziende?

In base alla mia esperienza, posso affermare che bisogna partire da un “proposito condiviso” che deve far parte dell’agenda strategica dell’impresa, con azioni concrete sviluppate insieme alle persone. L’agenda Diversity and Inclusion e, in particolare, il focus su parità di genere (di cui, tra l’altro, mi occupavo già quando mi trovavo in Italia) è stato uno dei principali aspetti su cui ho lavorato insieme al team quando sono arrivata in Brasile, nel 2019, provando a valorizzare tutto ciò che era stato fatto fino a quel momento. In poche parole, abbiamo lavorato su 3 fronti: sensibilizzazione e formazione culturale a tutti i livelli, definizione di mete e revisione di politiche e processi, implementazione di iniziative specifiche per accelerare lo sviluppo e la carriera delle donne.

La conciliazione vita-lavoro è davvero possibile anche a livelli apicali?

È possibile, anche se difficilissima. Non ci si deve illudere di poter fare tutto bene o secondo le aspettative sociali; è importante saper fare delle scelte senza avere sensi di colpa, accettando i propri limiti e osservando la propria vulnerabilità da una prospettiva differente, che ne valorizzi il potere maieutico di trasformazione. Saper vivere appieno le proprie emozione, saper chiedere aiuto quando necessario, saper porre un limite quando il nostro stato fisico e mentale manda segnali: questi sono elementi imprescindibili per ritagliarsi un equilibrio tra vita e lavoro.

Pensa mai di tornare in Italia? Com’è l’Italia vista dal Brasile?

Almeno 2 volte all’anno, con mio marito e mia figlia (oggi dodicenne) torniamo in Italia dalla famiglia in Puglia. In questo momento stiamo vivendo con grande soddisfazione questa esperienza internazionale e pensiamo di proseguirla ancora per un po’; in futuro, poi, si vedrà: deve essere un progetto di famiglia. In Brasile c’è molta più “italianità” di quanto si possa pensare; l’Italia, da questa parte del mondo, è vista come un Paese meraviglioso con una ricchezza culturale enorme da un punto di vista artistico e gastronomico. Ma forse è considerato più una meta turistica e di studio che un luogo per vivere stabilmente sia per le difficoltà legate all’immigrazione che per alcune differenze culturali.

Qual è il consiglio che darebbe alle donne, in particolare giovani, desiderose di realizzarsi a livello professionale e personale?

Partendo da una famiglia di agricoltori del sud Italia ho deciso di scegliere la mia vita, libera da preconcetti e vincoli determinati dalle aspettative sociali. Ho “scelto” di essere una donna manager, moglie, mamma e nel mio percorso è sempre stato importante avere l’appoggio della mia famiglia, ancor di più quando abbiamo deciso di intraprendere questa esperienza internazionale. A chi si cimenta in un percorso simile al mio, consiglio di non aver paura di riconoscere i propri limiti e saper chiedere aiuto quando necessario ma anche di saper essere clementi con sé stesse. Determinazione e umiltà: per me questo è stato il binomio per il successo. E quindi, parafrasando Brené Brown, dico: “abbiate il coraggio di essere imperfette” e non abbiate paura di scegliere chi volete essere. I limiti sono solo quelli che noi decidiamo di porci!

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