Ambiente

Shell fa causa a Greenpeace: chiesti 8 milioni di dollari

L’azione legale segue la protesta degli attivisti ambientali che, a inizio anno, avevano occupato per 13 giorni la piattaforma petrolifera Penguins della multinazionale britannica
Credit: Greenpeace
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10 novembre 2023 Aggiornato alle 13:00

Shell ha fatto causa a Greenpeace per danni milionari dopo che alcuni attivisti si sono imbarcati sulla nave di produzione petrolifera della compagnia in transito in mare. In particolare, la causa segue una protesta di febbraio, quando 6 attivisti del gruppo ambientalista hanno occupato per 13 giorni una nave nell’Oceano Atlantico che trasportava un’unità di stoccaggio e scarico galleggiante verso il campo petrolifero Penguins, a nord-est delle isole Shetland.

Dal canto suo, Greenpeace ha dichiarato che l’entità della richiesta (ben 8 milioni di dollari) rappresenta una delle più grandi minacce legali in oltre 50 anni di attività: «Shell cerca di soffocare la capacità di Greenpeace di fare campagne, e nel farlo cerca di zittire legittime richieste di giustizia climatica» ha affermato Areeba Hamid, co-direttrice esecutiva del gruppo ambientalista nel Regno Unito.

Un portavoce di Shell ha fatto sapere che «salire a bordo di una nave in movimento in mare è illegale ed estremamente pericoloso. Il diritto di protestare è fondamentale e lo rispettiamo assolutamente, ma deve essere fatto in modo sicuro e legale».

La vicenda

A inizio anno, a gennaio, alcuni attivisti Greenpeace, per protesta, sono saliti a bordo di una piattaforma petrolifera in movimento vicino alle Isole Canarie, al largo della costa atlantica del Nord Africa. Da lì, hanno viaggiato fino alla Norvegia per manifestare contro i danni climatici causati dalle trivellazioni petrolifere effettuate da Shell.

Quando gli attivisti hanno preso d’assalto la nave erano a bordo di gommoni, e hanno inseguito l’imbarcazione ad alta velocità mediante l’uso di corde. Poi, una volta saliti, hanno occupato la nave per un periodo di 13 giorni tra gennaio e febbraio.

Tra coloro che hanno tentato di salire a bordo della nave, Yeb Saño, nominato nella causa legale della Shell: «10 anni fa ho parlato alla Cop mentre mio fratello era ancora disperso a causa delle conseguenze del tifone Haiyan. Incredibilmente è sopravvissuto, ma ha aiutato a trasportare i corpi di 78 persone innocenti che non ce l’hanno fatta».

«Protesto perché voglio chiedere a Shell di fermare la sua insensata e avida ricerca di combustibili fossili e assumersi la responsabilità della distruzione che sta provocando nel mondo - ha aggiunto - Se Shell rifiuta di fermare le trivellazioni, io mi rifiuto di smettere di lottare per la giustizia climatica».

La causa legale

Come indicato in un documento esaminato da Reuters, Shell ha avanzato una richiesta di danni che include i costi legati a ritardi di spedizione, spese per sicurezza aggiuntiva e oneri legali. E questa, per Greenpeace, rappresenta una delle più gravi minacce legali mai affrontate.

Il gruppo ha sottolineato che Shell ha proposto una riduzione dell’importo richiesto a 1,3 milioni, a condizione che gli attivisti si impegnino a non organizzare nuove proteste contro le infrastrutture petrolifere e del gas di proprietà, sia in mare che in porto.

Greenpeace ha fatto sapere che accetterà la proposta solo se Shell aderirà alla sentenza del tribunale olandese del 2021, la quale le impone di ridurre le proprie emissioni del 45% entro il 2030, ma l’azienda ha presentato ricorso contro questa decisione.

E, in attesa che Shell depositi ulteriori documenti in tribunale, il gruppo ambientalista ha affermato che valuterà i passi da intraprendere, inclusi i mezzi per impedire che il caso prosegua.

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