Diritti

Uk: 250.000 donne hanno lasciato il lavoro per la maternità

Il nuovo rapporto dell’organizzazione benefica Fawcett Society e della piattaforma Totaljobs mostra l’impatto sproporzionato che le responsabilità di assistenza all’infanzia hanno sulle lavoratrici e sulle loro carriere
Credit: Ketut Subiyanto
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
7 novembre 2023 Aggiornato alle 09:00

1 lavoratrice su 10 lascia l’impiego a causa delle pressioni legate alla cura dei figli: un numero che si aggira intorno alle 250.000 unità e sale al 13% tra le madri single. Due quinti delle donne occupate hanno rifiutato una promozione per lo stesso motivo. Le madri hanno una probabilità 1,4 volte maggiore di sostenere il peso finanziario dei bambini rispetto ai padri. Sono solo alcuni dei dati emersi dal rapporto Paths to parenthood: uplifting new mothers at work, realizzato da Fawcett Society, un’organizzazione di beneficenza britannica per l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne sul lavoro, e TotalJobs, una piattaforma per la ricerca del lavoro.

Secondo l’analisi, che ha incluso dei focus group e un sondaggio condotto su 3.000 genitori che lavorano, con figli di età inferiore ai 4 anni, 500 responsabili delle risorse umane e 1.254 adulti che lavorano, solo il 31% delle madri occupate ha accesso alle modalità di lavoro flessibili di cui ha bisogno, e l’85% delle donne con un impiego fatica a trovare un lavoro che possa soddisfare le proprie esigenze di assistenza all’infanzia. Troppe donne, inoltre, sono bloccate in ruoli al di sotto delle loro capacità, e perdono l’opportunità di progredire nella loro carriera e sostanzialmente questo le destina a una vita penalizzata.

La Fawcett Society sostiene che la mancanza di accordi di lavoro flessibili e di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili combinata con atteggiamenti obsoleti e tossici sulla maternità stanno spingendo le donne a mettere da parte la carriera. Basti pensare che 1 madre lavoratrice su 5 ha considerato di lasciare il proprio lavoro a causa delle difficoltà di bilanciare il proprio impiego e le cure dei figli. Jemima Olchawski, amministratrice delegata dell’organizzazione, ha dichiarato che «il sostegno deve andare alle donne che sono fuori dal mondo del lavoro da più tempo, in particolare quelle che prendono più di 26 settimane di congedo di maternità, così come alle donne a basso reddito, quelle che sono genitori single. Non è sufficiente avere politiche di sostegno sulla carta: le aziende devono trasformarle in realtà sul posto di lavoro e creare culture realmente favorevoli alla famiglia».

A pagarne le maggiori conseguenze, spiega Olchawski, sono «le donne nere, quelle appartenenti a minoranze e le madri sole», che si trovano a subire «gli stereotipi più restrittivi, per cui un impegno significativo per colmare il divario retributivo di genere e sostenere le madri che ritornano deve considerare le esperienze specifiche delle donne di questi gruppi». 3 genitori che lavorano su 4, infatti, hanno dovuto prendere un congedo non retribuito per doversi occupare dei figli, con tassi più elevati per le donne provenienti da contesti non bianchi e madri single. E il 30% delle donne nere intervistate si sente costretto a rimandare le proprie aspirazioni fino a quando i figli saranno più grandi.

Dalla ricerca emerge anche che il 29% delle madri non è sicuro dei propri diritti e del supporto che viene loro offerto: per questo un primo passo fondamentale per qualsiasi datore di lavoro è quello di stabilire un modo chiaro per condividere le proprie politiche con la dirigenza, i genitori e coloro che sperano di diventarlo. «Non solo i genitori che lavorano hanno bisogno di maggiore sostegno, ma dobbiamo garantire che questo sostegno si estenda alle persone che ne hanno più bisogno - ha dichiarato Jane Lorigan, amministratrice delegata di Totaljobs - Le aziende devono creare un ambiente in cui tutti i talenti possano prosperare».

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