Diritti

Una cosa “divertente” che faccio di continuo

Quali sono le conseguenze del gender swapping, per esempio quando una persona famosa decide di posare nuda?
Ella Marciello
Ella Marciello direttrice comunicazione
Tempo di lettura 6 min lettura
25 ottobre 2023 Aggiornato alle 06:30

L’altro giorno ho ascoltato il nuovo brano di Lenny Kravitz, solo che non lo stavo semplicemente ascoltando. Lo stavo guardando attraverso il video del singolo, che è uscito su tutte le piattaforme il 12 ottobre ed è intitolato TK241.

Per circa un terzo del video è completamente nudo. Si sveglia, si alza dal letto, tira le tende, balla un po’, va a farsi la doccia. La telecamera indugia particolarmente su alcuni dettagli del suo corpo: i glutei, gli addominali, i pettorali, di nuovo i glutei, il basso ventre. Un po’ soft porn, soprattutto la parte della doccia, con reminiscenze Fennechiane anni 80.

Non so Lenny, ho dei pensieri. Te li riassumo qui sotto, fai conto sia una lettera di una tua fan amareggiata che inizia con:

Volevo dirti Lenny, se hai esaurito gli argomenti e volevi farti un po’ di pubblicità, che ci sono altre cose su cui un artista deve puntare. Ma possibile che non sapete più fare qualcosa senza denudarvi ormai? Basta spogliarsi per avere approvazione, no? Poi voglio dire, c’è sempre Onlyfans se ci si vuole denudare.

Probabilmente quando la proposta artistica è modesta ci si butta su questo: non capisco perché per fare una canzone bisogna mettersi a nudo. Se hai le capacità canore tutto questo non serve. Che poi diciamocelo, quando qualcuno ha un po’ di fama ecco che si spoglia per continuare ad avere fama. Mi chiedo sempre il bisogno di mostrarsi cosa nasconda, essere liberi non vuol dire certo mostrare ogni due per te il c*lo! Qui c’è del malato esibizionismo.

Al prossimo singolo cosa si inventeranno per te? Ormai mi sembri stritolato dentro un tritacarne, tanto commercio ma poca arte, mi dispiace. Io non giudico nessuno eh, però gira gira vi spogliate tutti. E poi nelle foto di anni passati hai le labbra diverse. Mi sa che te le sei rifatte. Non se ne vedeva la necessità, e non sono né invidiosa né perbenista, però metto le mani avanti visto che non si può più dire niente. Se ti urlano «sei bellissimo» e non «sei bravissimo» una domanda me la farei. O forse a te va bene così, Lenny. Cantante o pornostar? Deciditi.

Cioè a me piaci pure eh, ma questo continuo nudismo si chiama marketing e non libertà, e penso che tu non ne abbia nemmeno bisogno, anzi ti sminuisce. Ogni nuovo singolo un capo di vestiario in meno, le case discografiche ti stanno usando per bene: tutti nudi, per due spicci in più. Evidentemente hai capito quanto poco vali a livello artistico e cerchi di compensare con la fisicità, quindi non credo ci sia molto da aggiungere: benvenuti nel 2023, dove per un ascolto in più bisogna farsi vedere. Ma vai a fare il modello no?

Poi: la canzone, ne vogliamo parlare? Tralasciando il video in cui ti dimeni come al solito. Se è la nudità a far parlare forse abbiamo sbagliato tutto. Lenny, non è che hai cambiato mestiere e nessuno lo sapeva? Non so, la prossima volta mostrerai una radiografia? Ti sei omologato. Hai capito cosa vende. Che delusione”.

Pensa un mondo così. In cui un uomo non è libero nemmeno di decidere cosa mostrare. Pensa un mondo in cui un artista ha una carriera, vende migliaia di copie il giorno di uscita di un singolo, fa date, concerti, tour. E si ritrova da un momento all’altro con decine di migliaia di commenti sui social media che dicono che è esibizionista. Che la sua musica fa schifo. Che si svende e si sminuisce al soldo del marketing. Pensa un mondo in cui il corpo viene preso a rappresentazione della prostituzione, del peccato, dell’esibizionismo sfrenato. Come riempitivo di una supposta mancanza di talento.

In questo mondo un artista non è libero di raccontarsi attraverso canoni anche estetici che lui stesso sceglie, pena la gogna, il giudizio morale. In cui il suo corpo non è suo, ma è terreno pubblico ed è il pubblico che può e deve deciderne la gestione. E se qualcuno si stesse interrogando sul fatto che non sia proprio così, beh avrebbe ragione.

Perché così non è. La “lettera” indirizzata a Lenny Kravitz dopo l’uscita del suo singolo è stata scritta utilizzando alcuni degli oltre 10.000 commenti che sono apparsi sull’account Instagram di Elodie, altro personaggio pubblico che ha utilizzato la stessa cifra per promuovere il nuovo disco, anzi, come lei e il produttore Dardust l’hanno definito, un clubtape.

Quello su cui dovremmo riflettere, a latere del divertissement retorico utilizzato in questo pezzo, è come sia percepita ancora oggi la nudità e come questa percezione si sposti notevolmente se si interseca sull’asse del genere. Sono abbastanza sicura che nessuno abbia pensato che Kravitz fosse volgare, o che non avesse i numeri giusti per trovarsi esattamente all’apice del successo in cui si trova. Sono abbastanza sicura, inoltre, che nessuno abbia pensato alla prostituzione, o trovato disdicevole la sua nudità.

Kravitz è padre (di Zoe, avuta dalla sua relazione con l’attrice Lisa Bonet) e nessuno pensa alla sua paternità come a qualcosa con una connotazione morale che eventualmente può essere scalfita dalla porzione di pelle che mostra in un videoclip. Immaginiamo per un attimo se Elodie fosse stata madre. Non è una cosa divertente ma ci conviene fare questo esercizio molto spesso se vogliamo smascherare gli stereotipi e i bias cognitivi che ci affliggono.

L’esercizio del gender swapping, ovvero pensare a una determinata circostanza o azione “cambiando” il genere del protagonista, ci fornisce elementi utilissimi per capire la discriminazione.

Ma c’è ancora qualcosa in più: oggi, qui, nel 2023, ogni scelta che includa il corpo, la sua gestione e la sua rappresentazione da parte di una donna è un atto profondamente politico. E non ha a che fare con l’oggettificazione, piuttosto, con un cambio di paradigma importante. In una cultura fortemente patriarcale che ancora vede le donne come oggetti del desiderio (quando va bene), ritrarsi come oggetto desiderante ha un valore profondo: significa ridare peso e forza all’autodeterminazione (che può variare per ogni donna, certo) ma che passa anche dal corpo sociale.

Essere un corpo e avere un corpo sono 2 concetti distinti che non stanno sullo stesso piano. L’esperienza del corpo che sono è come io - soggetto vivo il mio corpo. La rappresentazione del corpo che ho fa riferimento al mio corpo (in cui il corpo è l’oggetto) come esso viene razionalizzato, pensato, raffigurato e descritto nel contesto culturale in cui è inserito. Perché il corpo che sono, il mio corpo espresso, ha un raggio d’azione limitato dal mio corpo sociale, dal corpo che ho. Più i controlli sociali sono rigidi in termini di espressione, più il corpo che sono sarà altrettanto rigidamente controllato.

Il corpo espresso è uno dei modi che abbiamo per sovvertire il corpo rappresentato: è strumento di resistenza personale, di creatività e invenzione, di lotta politica.

Arriverà il giorno in cui la nudità non sarà tabù, la nudità non sarà valore. Per tutti, ma soprattutto per le donne.

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