Economia

Tra 20 anni il 37,7% delle famiglie sarà composto da 1 persona

Secondo le stime Istat, la popolazione italiana calerà a 45,8 milioni nel 2080. E mentre nel 2050 gli over 65 saranno il 35,5%, entro il 2040 più di 1 coppia su 5 non avrà figli
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3 ottobre 2023 Aggiornato alle 19:00

Secondo le previsioni Istat (aggiornate al 2022), la popolazione residente in Italia è in calo e si stima che possa passare dai 59 milioni registrati nel gennaio 2022 a 58,1 milioni nel 2030, per poi proseguire con un trend negativo di 54,4 milioni nel 2050 e precipitare a 45,8 milioni nel 2080.

Si tratta di stime a lunghissimo termine; numeri che, per quanto verosimili e aderenti alla realtà, potrebbero subire variazioni, specie con un cambio di rotta progressivo e in rialzo sui numeri delle nascite. “Nell’ipotesi più favorevole - commenta l’istituto di statistica - la popolazione potrebbe subire una perdita disoli’ 6,2 milioni tra il 2022 e il 2080”, di cui 2,5 milioni già entro i prossimi 30 anni. Nel caso meno propizio, invece, il calo demografico assumerebbe tinte molto più fosche, sfiorando “i 20 milioni di individui tra oggi e il 2080, 6,8 milioni dei quali già all’orizzonte del 2050”.

Lo scenario demografico evidenzia notevoli divergenze tra Nord e Sud del Paese, dato che mentre le Regioni settentrionali attendono un +0,3% annuo fino al 2030 per i residenti, il Centro e il Mezzogiorno vedranno un progressivo spopolamento, con un tasso di variazione rispettivamente del -1,6% e -5,5% nel breve termine.

È proprio il Sud Italia a subire gli effetti più pesanti dell’inverno demografico: se da un lato il Nord potrebbe ridursi di 2,7 milioni di abitanti entro il 2080, il bilancio generale del Mezzogiorno potrebbe comprimersi di 8 milioni di unità, 3,6 milioni dei quali già̀ entro il 2050.

A livello generale, assistiamo a un processo di invecchiamento costante e difficile da superare, dato che la quota di individui che avrà raggiunto e superato i 65 anni potrebbe salire dal 23,8% del 2022 fino al 34,5% nel 2050; parallelamente, gli under 14 anni potrebbero rappresentare entro il 2050 l’11,2% del totale della popolazione. Una tendenza che ha come risultato un rapporto intergenerazionale molto più squilibrato tra over 65 e giovani.

Lo stesso istituto vede “quasi una certezza il declino della popolazione nei prossimi anni”, in linea con le tendenze emerse negli ultimi 8 anni e culminate nelle 393.000 nascite attestate nel 2022, il dato di natalità più basso dall’unità d’Italia.

Contemporaneamente, si osserva un calo del numero medio di componenti per famiglia, pari a 2,32 ma in discesa verso il 2,13 nei prossimi 20 anni, tanto da immaginarsi che nei prossimi 20 anni più di 1 famiglia su 5 non avrà figli. In aumento di coppie senza bambini che passano dal 17,7% al 19,4%: inoltre, in termini assoluti, “tra i 9,8 milioni di persone che si prevede vivranno sole nel 2042, 5,8 milioni avranno 65 anni e più”.

L’idea di famiglia ci dovrebbe far immaginare a un nucleo composto quanto meno di 2 persone, ma il processo frammentazione che l’Italia sta vivendo porta l’Istat a stimare che tra 20 anni il 37,7% delle famiglie sarà composto da 1 sola persona. Questo fenomeno, conosciuto anche come famiglia senza nucleo, è già conosciuto, per esempio quando si parla di giovani usciti dal nucleo d’origine per motivi lavorativi o di studio, anche se recentemente è aumentata la percentuale di anziani che vivono da soli.

In generale, una situazione di inverno demografico così rilevante, caratterizzata da un declino delle nascite e da popolazione media sempre più anziana, può avere un impatto molto forte sull’economia di un Paese, a partire dal suo prodotto interno lordo. Prima di tutto l’aumento delle i nascite (e cioè di futuri lavoratori) contribuisce alla crescita economica attraverso aumento della domanda di beni e servizi, che d’altra parte potrebbe rallentare in una situazione di inverno demografico, poiché ci sarebbe meno forza lavoro e, dunque, meno consumatori.

A seguire, prospettive di vita sempre più lunghe consentono alla popolazione di invecchiare sempre di più, portando però a un aumento dei costi associati all’assistenza sanitaria e al sistema previdenziale sociale. Non avere abbastanza lavoratori che paghino le pensioni di chi ha già lasciato la propria professione rappresenta quindi un peso enorme sul bilancio pubblico dello Stato che, per affrontare le carenze, sarebbe costretto a promuovere riforme del sistema pensionistico e retributivo sempre più svantaggiose per i cittadini.

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