Meno nati, meno lavoro?
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- Quali ripercussioni sul piano occupazionale?
L’inarrestabile calo demografico intacca inevitabilmente il mercato del lavoro. Il VII Rapporto sulle Libere Professioni di Confprofessioni, principale associazione di rappresentanza dei liberi professionisti in Italia, presentato a Roma il 15 dicembre, ci aiuta a capire lo stato di salute del mercato delle libere professioni.
Contrariamente alla maggior parte dei Paesi europei presi in analisi, dove il fenomeno della denatalità è presente in misura minore poiché attenuato e controbilanciato dai flussi migratori, in Italia il calo delle nascite resta costante dal 2014, registrando un tasso di crescita della popolazione di -4,2%, facendo scendere il saldo totale a 59.030mila unità.
La fascia di popolazione che subisce la più drastica riduzione è quella tra i 15 e i 29 anni. Dall’altro lato, invece, si registra una crescita della fascia di popolazione ultraquarantacinquenne, con un valore di +30% nella fascia 45-59 anni, che raggiunge il +86,5% per gli ultrasessantacinquenni. Inevitabilmente tali dinamiche demografiche hanno un forte impatto sul mercato del lavoro, evidenziando la mancanza di numeri che riescano a consentire il necessario ricambio generazionale.
Quali ripercussioni sul piano occupazionale?
In un contesto in cui si registra un calo occupazionale alquanto significativo, in particolare per la fascia di età 15-34 anni pari a circa il 26% tra il 2009 e il 2020, il campo delle libere professioni è quello che ne risente di meno (-1,5%), in quanto settore che può permettersi di godere di una più alta scolarizzazione dei professionisti, a fronte, invece, di un calo del -23% nel lavoro dipendente e del -36,5% nel complesso dell’occupazione indipendente.
Nonostante questo, mentre si evidenzia un calo dei lavoratori indipendenti in tutta Europa, nel nostro Paese la categoria dei liberi professionisti continua a ricoprire un ruolo importante nell’ambito lavorativo: si registra nel periodo 2009-2020 una variazione del 21,0%, con un calo di -1,5% nella fascia di età 15-34 anni e contemporaneamente un aumento del 44,6% delle unità nella fascia 45-64 anni. Nel 2021, erano poco meno di 1 milione e 400.000 unità, che corrispondono al 6,2% degli occupati e al 28,5% dell’aggregato dei lavoratori indipendenti.
I dati forniti dallo studio permettono, poi, di porre attenzione sull’impatto dell’emergenza legata alla pandemia, che ha portato notevoli conseguenze, in particolare per quanto riguarda i liberi professionisti datori di lavoro; si registra, infatti, un ulteriore diminuzione pari al -12,9% nel periodo tra il 2018 e il 2021.
Per quanto concerne, poi, il reddito complessivo delle libere professioni nel nostro paese, che raggiunge un valore pari a 40 miliardi di euro, il dato più significativo è quello relativo al forte divario che si verifica tra i redditi medi dei professionisti iscritti agli ordini, che si aggira attorno ai 35 mila euro, a fronte dei circa 15 mila euro che percepiscono, invece, i professionisti non ordinistici.
“Dobbiamo evitare la contrapposizione tra giovani e anziani. Se questi ultimi restano al lavoro più a lungo non bloccano l’ ingresso dei giovani nelle aziende o nelle professioni”: questo è quanto dichiarato dal Presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, in merito ai possibili rimedi in grado di contrastare l’impatto delle dinamiche demografiche sul mondo lavorativo, proponendo l’utilizzo di meccanismi volontari e premiali che ricomprano il ruolo di incentivo per l’attività anche in età avanzata e sottolinea, infine, l’esigenza di investire sui giovani, garantendo loro prospettive di crescita professionale.