Diritti

Armenia: più di 6.000 rifugiati dal Nagorno-Karabakh

Migliaia di persone di etnia armena sono in fuga a causa dell’offensiva militare dell’Azerbaijan nei confronti della regione separatista, per rivendicare il pieno controllo della regione
Le mappe delle città del Nagorno-Karabak a Baku
Le mappe delle città del Nagorno-Karabak a Baku Credit: Afp
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
26 settembre 2023 Aggiornato alle 16:00

Alcuni bambini sono accovacciati ai lati di una strada affollata, altri stanno in piedi con i loro zaini da scuola, in attesa di salire su camioncini scuri che li porteranno lontano da casa. Le immagini che provengono dal Nagorno-Karabakh mostrano un esodo di migliaia di persone di etnia armena in fuga verso l’Armenia, già raggiunta da più di 6.000 rifugiati, secondo il Governo. Il flusso continua a crescere: il 24 settembre le cifre non superavano quota 1.000. L’Armenia ha chiesto l’immediato dispiegamento di una missione delle Nazioni Unite per monitorare i diritti umani e la sicurezza nella regione contesa.

Negli ultimi 10 mesi l’Azerbaijan ha isolato il Nagorno Karabakh e la scorsa settimana ha condotto un’offensiva militare nella regione separatista, rivendicando il pieno controllo della regione. Il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan ha detto che si aspetta la fuga verso l’Armenia di almeno 120.000 civili che temono persecuzioni e “il pericolo di una pulizia etnica”. Da domenica, migliaia di persone sono fuggite verso l’Armenia dopo che il Governo locale ha annunciato in una nota l’intenzione di evacuare le persone rimaste senza casa “a causa delle recenti operazioni militari” e ha specificato che verranno accompagnate oltre il confine dalle forze di pace russe.

Il Nagorno-Karabakh è un’enclave della regione del Caucaso meridionale, in Azerbaijan, in cui vivono circa 120.000 armeni. Dal punto di vista giuridico, il territorio fa parte dell’Azerbaijan, ma è controllato da 30 anni dall’etnia armena. La regione conta il sostegno dell’Armenia e della sua alleata, la Russia. Nel 1988 il Nkao (Nagorno-Karabakh) si proclamò indipendente da Baku (capitale dall’Azerbaijan), ma nel 1992 scoppiò la prima guerra per l’indipendenza in cui l’etnia armena combatté insieme alle forze della vicina Armenia, ed ebbe la meglio. Tuttavia, nel 2020, scoppiò la seconda guerra per l’indipendenza e l’Azerbaijan ne uscì vincitore.

L’accordo, raggiunto dopo 44 giorni di conflitto, prevedeva la presenza di truppe russe nel Nagorno-Karabakh e il loro controllo del corridoio di Lachin (una porzione di territorio di pochi chilometri che collega l’Armenia e il Nagorno Karabakh passando per il territorio azero) fino al 2025, con lo scopo di garantire la sicurezza della popolazione armena locale. L’Armenia fu costretta a cedere una parte della regione, ma alcune zone del Nkao rimasero sotto il controllo armeno. Tuttavia, 10 mesi fa, l’Azerbaijan ha imposto un blocco del transito attraverso il corridoio di Lachin e, a partire da giugno, ha interrotto anche il passaggio dei convogli umanitari: per mesi gli armeni hanno sofferto di una grave carenza di cibo, carburante, medicinali e beni di prima necessità.

La scorsa settimana l’Azerbaijan ha chiesto alla comunità che abita il Nkao di arrendersi, lanciando poi un’offensiva militare contro il Governo armeno locale che ha provocato centinaia di morti, feriti e dispersi. Un funzionario del Nagorno-Karabakh, riporta il Guardian, ha affermato che almeno 200 persone sono state uccise e più di 400 ferite dopo che l’Azerbaigian ha lanciato martedì quella che ha descritto come una “operazione antiterrorismo” nella regione contesa del Caucaso meridionale.

Mercoledì scorso è stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco mediato dalla Russia che prevede disposizioni per lo scioglimento delle forze armate locali da parte del Governo armeno locale. Ma gli armeni del Nagorno-Karabakh non credono alle promesse dell’Azerbaijan di garantire i loro diritti una volta integrata la regione.

La Bbc ha parlato con alcuni rifugiati arrivati ​​domenica nella città di Goris, vicino al confine tra Armenia e Nkao. «Ho dato tutta la mia vita alla mia patria. Sarebbe meglio se mi uccidessero piuttosto che [vivere] così», ha detto un uomo. Una donna ha spiegato che era la seconda volta che diventava una rifugiata: la prima volta era accaduto nel 2020.

Il Governo armeno non ha ancora pubblicato un piano chiaro su come far fronte a questo crescente afflusso di persone. Per “fare un inventario delle risorse esistenti delle strutture internazionali, delle organizzazioni non governative e delle iniziative sociali disposte a sostenere gli sfollati forzati del Nagorno-Karabakh e per coordinarne l’ulteriore utilizzo”, il ministero del Lavoro e degli Affari Sociali ha lanciato la “Mappa dei servizi di supporto sociale”. Tuttavia, il primo ministro Pashinyan ha parlato di programmi volti a prendersi cura di un massimo di 40.000 rifugiati.

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