Diritti

Azerbaigian: il movimento Fem-Utopia dona speranza alle donne

Il collettivo, nel mirino delle autorità e delle loro campagne diffamatorie, vuole promuovere iniziative educative e assistere le vittime di violenza domestica
Credit: instagram.com/@fem_utopia_.
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21 aprile 2023 Aggiornato alle 08:00

Il revenge porn è, in Azerbaigian, uno tra i metodi più usati per silenziare i dissidenti e le femministe. L’inchiesta pubblicata da Occrp, Organized Crime and Corruption Reporting Project, ha infatti denunciato che le sostenitrici dell’attivista azero Bakhtiyar Hajiyev (che a marzo ha terminato un lungo sciopero della fame) sono state coinvolte in una campagna diffamatoria a sfondo sessuale.

È metà febbraio quando fotografie compromettenti di femministe, giornaliste e donne vicine a Hajiyev vengono pubblicate su vari social network con l’intento di screditare la loro reputazione personale e professionale. Alcuni canali Telegram hanno inoltre reso pubbliche informazioni sensibili (indirizzi di casa, conversazioni private) e, proprio per la tipologia dei dati estrapolati, si sospetta che a dirigere queste campagne di odio siano gli agenti del Governo, per impedire alle dissidenti di parlare. Ricordiamo che l’Azerbaigian è stato uno tra i Paesi che ha utilizzato lo spyware Pegasus per controllare gli oppositori.

Tra le attiviste che hanno subito attacchi online a causa della loro vicinanza con Hajiyev, anche Gulnara Mehdiyeva e Narmin Shahmarzade, fondatrici del progetto femminista Fem-Utopia, già vittime in passato di numerose campagne infamanti a opera di troll che in Azerbaigian prendono di mira soprattutto le femministe.

Per capire meglio il terreno su cui agiscono le 2 donne, è importante sottolineare che, a causa del contesto politico caratterizzato da regolamentazioni severe, è molto difficile fondare organizzazioni non governative, soprattutto se di ideologia femminista. A fare da eccezione è però proprio il collettivo Fem-Utopia.

«Una delle iniziative femministe più attive è Fem-Utopia - ha dichiarato Mehdiyeva a Jam News - sto lavorando a questo canale YouTube che è il primo canale femminista in Azerbaigian che produce materiale educativo in lingua azera. E voglio fare tutto ciò che è in mio potere per sviluppare questo progetto». Fem-Utopia è un gruppo di attiviste il cui obiettivo è educare e far conoscere alle donne, e alla comunità Lgbtq+, quali sono i propri diritti; aiuta inoltre le donne vittime di violenza, offrendo loro consigli per l’assistenza legale.

Un compito non banale, considerando che in Azerbaigian si registra un altissimo numero di femminicidi e le vittime spesso vengono obbligate alla riconciliazione. France24, in un articolo del 2021, ha riportato che i 2.000 di casi di violenza domestica contro le donne segnalati ogni anno sono solo una minima parte, poiché la maggior parte delle vittime non denuncia e rimane in silenzio. A rendere ancora più drammatica (e isolata) la condizione delle donne è il fatto che, stando a quanto raccontato da Eurasianet, in tutto il Paese (almeno fino al 2019 compreso) erano presenti soltanto 3 case rifugio per le vittime di violenza.

Fem-Utopia, non a caso, promuove campagne mediatiche e incontri per informare le donne riguardo i propri diritti, offrendo l’opportunità di dialogare e confrontarsi per capire, in mancanza di una legislazione che le tuteli, come migliorare la propria condizione di vita in Azerbaigian. Il 28 febbraio, a esempio, il movimento ha organizzato il primo concerto di protesta femminista nel Paese; nei mesi precedenti, invece, si è incontrato a Smirne con i gruppi femministi Women’s Defense Network e Mor Dayanishma, e ha discusso della condizione lavorativa e salariale delle donne.

A causa del regime autoritario presente in Azerbaigian (il potere è fortemente concentrato nelle mani di Ilham Aliyev, presidente dal 2003), le attività di Fem-Utopia, e non solo quelle, sono sotto il controllo delle forze dell’ordine, e bersaglio d‘odio misogino.

A dare una chiara immagine di questa situazione è l’altra attivista di Fem-Utopia, Narmin Shahmarzade, che a Jam News racconta: «Diverse persone, anche quelle che non si definiscono femministe nella vita ordinaria, si uniscono a noi. In circostanze normali, queste manifestazioni sarebbero abbastanza tranquille, ma a causa della costante interferenza della polizia, questi eventi sono tutti etichettati come scandalosi».

Shahmarzade denuncia che molti cittadini non sono informati riguardo le loro iniziative e questo consente alla polizia di divulgare un’immagine negativa dell’organizzazione, creando disinformazione e paura. Nonostante le enormi difficoltà ad agire in un territorio come l’Azerbaigian, grazie a Fem-Utopia molte donne e ragazze stanno avendo l’opportunità di costruire una rete solidale, formando una coscienza collettiva e continuando così lo slancio femminista sorto nel 2019, anno in cui, secondo l’accademica azera Nurlana Jalil, è rinato il movimento femminista azero.

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