Diritti

Lgbtq+: quali sono i centri antidiscriminazioni italiani?

Finanziati dall’Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), le strutture forniscono protezione e sostegno alla comunità arcobaleno, ma anche a migranti e sex workers vittime di violenza
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4 ottobre 2023 Aggiornato alle 19:00

L’Italia è uno dei pochi paesi dell’Europa occidentale a non avere una legge che punisca esplicitamente le discriminazioni contro la comunità Lgbtq+. Il rapporto 2022 - 2023 di Amnesty International ha segnalato in più parti lo scarso intervento italiano in favore dei diritti umani: dal reato di tortura alle condizioni di migranti e rifugiati, passando per la passività nei confronti della crisi climatica e le discriminazioni di donne e persone Lgbtq+.

In particolare, un paragrafo è interamente dedicato alle discriminazioni della comunità arcobaleno: “Il parlamento ancora una volta non è riuscito ad approvare una legislazione che estendesse alle persone Lgbt+, alle donne e alle persone con disabilità le stesse tutele previste per altre vittime dei discorsi d’odio e crimini di odio basati su motivazioni razziste, religiose, etniche e nazionaliste”.

Sempre nell’ambito delle diseguaglianze, all’interno del World Report 2022 promosso da Human Right Watch viene citato il disegno di legge Zan che, dopo essere stato approvato alla Camera, è stato poi affossato al Senato, con riferimento alla parte del Ddl che “avrebbe configurato come reati la discriminazione e la violenza ‘per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità’”.

Gli stanziamenti e i protocolli d’intesa

All’interno della cornice generale in tema dell’ampliamento dei diritti delle persone Lgbtq+, la Commissione Bilancio del Senato, nel 2020, ha approvato un emendamento (parte del Ddl Zan) per finanziare, attraverso appositi bandi di concorso, la nascita di centri antidiscriminazione e case rifugio per le vittime di omotransfobia.

L’Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali a difesa delle differenze (Unar) ha assegnato i 4 milioni di euro previsti alla “selezione di progetti per la costituzione di centri contro le discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e identità di genere”; ha promosso poi la costituzione di Centri Regionali Antidiscriminazioni, ovvero un insieme di presidi il cui obiettivo è rilevare e prendere in carico i fenomeni di discriminazione e diffondere la cultura del rispetto dei diritti umani e delle pari opportunità.

La rete è organizzata su base regionale attraverso i Centri Regionali Antidiscriminazioni, strutture costituite e gestite dalle Regioni, con un ruolo di coordinamento rispetto ai nodi provinciali o locali: “la sottoscrizione di accordi e protocolli d’intesa con numerose amministrazioni regionali e locali e la collaborazione di molte associazioni di settore hanno contribuito alla diffusione di queste strutture su quasi tutto il territorio nazionale, articolate sulla base di linee guida che tengono conto di alcune buone pratiche sperimentate da regioni virtuose quali l’Emilia Romagna”.

I servizi dei centri antidiscriminazione in Italia finanziati da Unar

Nel 2022 a Torino, Perugia e Padova sono nati i primi centri antidiscriminazione, nati dai bandi vinti con lo stanziamento dei 4 milioni di euro dell’Unar.

Nel capoluogo piemontese è stato fondato il centro Porto Sicuro, che offre ascolto, accoglienza e supporto psicologico alla comunità Lgbtq+ (sono stati attivati anche sportelli dedicati a tematiche quali lavoro, casa e salute con il supporto di un centro di assistenza legale). All’interno del progetto ci sono spazi rivolti all’accoglienza e al supporto per le persone transgender, sex workers, migranti, rifugiati e richiedenti asilo Lgbtq+.

Nella città di Perugia il Centro Omphalos è il primo centro regionale che si rivolge alle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersex vittime di discriminazione o violenza per l’orientamento sessuale e/o identità di genere. L’attività del centro antidiscriminazione offre consulenza e supporto psicologico, legale, sanitario, lavorativo, abitativo e di assistenza sociale.

A Padova è attivo il Centro Antidiscriminazione e antiviolenza Lgbt+ Mariasilvia Spolato che si occupa di accoglienza, consulenza, sostegno, protezione per le persone Lgbtq+ vittime di discriminazioni, maltrattamenti, violenze, abusi. Oltre agli sportelli legali, di supporto psicologico e di ricerca abitativa, il centro padovano offre gruppi di auto-mutuo-aiuto rivolti a persone transgender, accompagnamento per uscite con unità di strada per contattare sex workers, gruppi di supporto per persone sieropositive, sportelli di supporto socio-legale rivolti a persone migranti, incontri sociali interculturali e attività di formazione esterna rivolta a realtà del territorio. Il nome del centro è dedicato alla figura della docente e attivista Mariasilvia Spolato, fondatrice della rivista Fuori! e del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano. Considerata la prima donna a rendere manifesta la propria omosessualità in Italia, è stata licenziata dal Ministero dell’Istruzione e allontanata dalla sua famiglia a causa delle sue battaglie e dell’attivismo Lgbtq+.

Benché non esista ancora una mappa interattiva che permetta di tracciare tutti i centri antidiscriminazione presenti sul territorio, tramite il portale Unar è possibile trovare l’elenco delle realtà che offrono questo tipo di servizio pubblico e gratuito.

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