Diritti

Iran: condannate a morte 2 attiviste Lgbtq+

Elham Chubdar e Zahra Sedighi Hamedani sono state accusate dal tribunale di Urmia di “diffondere corruzione sulla Terra”. Già a gennaio erano state incriminate per “promozione dell’omosessualità”
Una donna mentre osserva un minuto di silenzio davanti l'ambasciata iraniana a Madrid nel 2009, per chiedere al governo iraniano il rispetto dell'omosessualità e dei diritti umani
Una donna mentre osserva un minuto di silenzio davanti l'ambasciata iraniana a Madrid nel 2009, per chiedere al governo iraniano il rispetto dell'omosessualità e dei diritti umani Credit: REUTERS
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8 settembre 2022 Aggiornato alle 09:00

Si chiamano Elham Chubdar e Zahra Sedighi Hamedani le due attiviste Lgbtq+ condannate a morte in Iran. È stata l’organizzazione Hengaw per la difesa dei diritti umani a denunciare che un tribunale della città nord-occidentale di Urmia le ha ritenute colpevoli di “diffondere la corruzione sulla Terra”. Le due ragazze erano state accusate in precedenza (per la precisione, il 16 gennaio 2022) di “promozione dell’omosessualità”, “promozione del cristianesimo” e “comunicazione con i media contrari alla Repubblica islamica”.

Qui l’omosessualità è sempre stata illegale. In particolare, a partire dalla Rivoluzione Iraniana del 1979, è diventata punibile in alcuni casi anche con la pena di morte, ispirandosi alle leggi che il codice penale iraniano aveva ai tempi della Dinastia Quajar (1914). Quando non è prevista questa condanna, essa può essere commutata con la reclusione o la fustigazione.

Secondo quanto riportato dalla Bbc, Hamedani era stata arrestata nell’ottobre del 2021 mentre cercava di fuggire verso la Turchia, dopo essere tornata in Iran dal Kurdistan iracheno (dove viveva). Amnesty International, ha riferito che l’attivista «è stata arrestata arbitrariamente contro gli standard internazionali ed è detenuta nella prigione centrale di Urmia a causa del suo orientamento sessuale, della sua identità di genere reale o presunta, e i suoi post e dichiarazioni sui social media in difesa dei diritti di omosessuali, bisessuali, transgender e intersessuali». Ha aggiunto, inoltre, che la motivazione dell’accusa di promuovere il cristianesimo era di aver indossato una collana con una croce e aver frequentato una chiesa in Iran diversi anni fa.

Prima di tentare di lasciare l’Iran, Hamedani aveva registrato un video, nell’ipotesi in cui non fosse riuscita a mettersi in salvo, nel quale affermava: «Voglio che sappiate quanta pressione sopportiamo noi Lgbtq+. Rischiamo le nostre vite per le nostre emozioni, ma troveremo il nostro vero io… Spero che arrivi il giorno in cui tutti potremo vivere in libertà nel nostro Paese».

Anche l’Iranian Lesbian and Transgender Network (6-Rang), con sede in Germania, ha confermato le condanne a morte per le due attiviste, ha riportato la Bbc. «Questa è la prima volta che una donna è stata condannata a morte in Iran per il suo orientamento sessuale», ha detto all’agenzia di stampa Agence France-Presse (AFP) la scrittrice e attivista iraniana Shadi Amin.

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