Ambiente

Lo smart working 100% dimezza le emissioni climalteranti

Calano i consumi energetici degli uffici e le emissioni dovute al pendolarismo, ma le condotte degli smart workers sono decisive, specifica lo studio condotto da Cornell University e Microsoft
Credit: Anna Shvets
Tempo di lettura 3 min lettura
20 settembre 2023 Aggiornato alle 20:00

Mentre Amazon dice stop allo smart working, proprio a settembre 1.000 dipendenti di Tim testano questo sistema full time.

In generale le aziende, grandi e piccole, sembrano ancora indecise di fronte alle nuove modalità di lavoro, emerse con forza durante la pandemia, quando ci siamo ritrovati da soli davanti al pc, in cucina o in soggiorno, comunque costretti tra quattro mura. Eppure i risvolti positivi sarebbero sempre più evidenti anche per l’ambiente, naturalmente mantenendo alta l’attenzione sugli stili di vita.

In effetti le persone che lavorano da casa tutto il tempo possono ridurre l’impronta di carbonio fino al 58%, rispetto a chi va in ufficio: è la tesi a cui arriva ora uno studio della Cornell University e di Microsoft, pubblicato negli atti della National Academy of Science americana.

I dati forniti sono interessanti perché mostrano a esempio che, se un unico giorno alla settimana di lavoro a distanza riduce le emissioni solamente del 2%, due o quattro giorni le abbassano invece fino al 29%.

Per arrivare a queste conclusioni sono stati analizzati i comportamenti dei dipendenti di Microsoft negli Stati Uniti - impiegati, remote workers e lavoratori ibridi - sul piano del pendolarismo e del telelavoro, monitorando cinque categorie di emissioni di gas serra, tra cui l’utilizzo dell’energia negli uffici e negli ambienti domestici.

Si è scoperto quindi che i computer, i telefoni, i dispositivi per comunicare e gli apparati informatici hanno un impatto trascurabile sull’impronta di carbonio del lavoro individuale. La riduzione dell’inquinamento da parte dei remote workers è possibile soprattutto grazie al calo dei consumi energetici in ufficio e alle minori emissioni dovute all’assenza di spostamenti quotidiani: diminuiscono così sia lo spreco di carburanti sia la congestione del traffico, ore di punta comprese.

Gli autori dell’indagine sottolineano però che, per offrire questi benefici, il lavoro da casa va gestito con attenzione. È possibile infatti che, dovendo essere meno presenti in sede, gli smart workers si muovano di più per motivi diversi, magari guidando un mezzo troppo inquinante oppure volando per viaggi di piacere. Queste condotte rischiano di vanificare tutti i vantaggi ambientali.

Inoltre occorrerebbe ottimizzare gli spazi casalinghi nell’ottica della decarbonizzazione. Pe esempio è probabile che, dal punto di vista energetico, una piccola stampante domestica sia meno efficiente di una stampante da ufficio.

Giungendo alle conclusioni il professore Fengqi You, uno dei curatori, ha detto che i modelli e le tendenze dello studio possono essere applicati anche all’Europa e al Giappone, invitando le imprese a prendere in considerazione misure di efficienza energetica, ridimensionamento e maggiore condivisione degli uffici, con l’obiettivo di ridurre i consumi. Concentrarsi sulle energie rinnovabili per riscaldare e raffreddare gli spazi lavorativi potrebbe essere la prima chiave per abbattere le emissioni.

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