Città

Venezia: affollata dai turisti e priva di futuro?

Studenti universitari e giovani lavoratori fuggono dalla Serenissima, la città diventata a misura di turista, in cui gli affitti a lungo termine sono poco soddisfacenti, le condizioni disagianti e la vita troppo cara
Credit: Hubert Buratynski
Tempo di lettura 5 min lettura
21 settembre 2023 Aggiornato alle 12:00

In questi giorni di riapertura delle scuole e di nuovi inizi anche nelle università italiane, torna a farsi caldo il tema del caro affitti nelle principali città del nostro Paese.

Da Milano a Bari, passando per Torino, Bologna, Roma e Napoli, lo scenario è sempre lo stesso: cifre folli per minuscole stanze in affitto in cui adattarsi per sopravvivere, appartamenti fuori norma e fatiscenti e contratti di locazione quasi sempre irregolari.

Trovare una casa dignitosa e accessibile economicamente per permettersi di studiare o lavorare da fuorisede è diventato davvero una fortuna e un lusso per pochi.

C’è una città, poi, dove il tasto “affitti” è davvero dolente: parliamo di Venezia, la città delle gondole, dell’arte e…dei turisti!

Come descrive Ocio (Osservatorio CivicO sulla casa e la residenza), un’associazione di residenti che si occupa di questioni abitative a Venezia e che ad aprile ha posizionato un telescrivente elettronico nella vetrina della libreria Marco Polo per mostrare il crescente numero di posti letto a disposizione dei turisti in città, nella Serenissima i posti letto per i visitatori hanno raggiunto quota 49.693 contro un totale di 49.304 abitanti.

A Venezia ci sono più turisti che residenti, insomma.

Così, per restare al passo con le esigenze economiche di un turismo sempre più massiccio, i proprietari di appartamenti del capoluogo veneto hanno coscientemente deciso di contribuire a questa dannosa turistificazione della città, incentivando contratti di locazioni turistiche brevi e sfrattando con pochissimo preavviso gli inquilini di quelle case prese in affitto nel periodo post- Covid, quando il turismo era ai minimi storici per via delle limitazioni sugli spostamenti imposte dal governo e accettare il lungo termine era l’unico modo per rientrare nelle spese.

Così, ora gli appartamenti si trasformano in piccoli B&B, a volte nemmeno del tutto legittimi, da affittare ai visitatori a cifre esagerate per una manciata di giorni.

Una speculazione vera e propria ai danni di una città in cui i residenti iniziano a sentirsi sempre più stranieri e in cui il futuro non è più giovane: qui gli universitari e i giovani lavoratori non riescono più a trovare una casa (dignitosa) in cui costruire nuove prospettive di vita.

Dei quasi 25.000 studenti universitari che frequentano gli atenei veneziani tra Iuav, Ca’ Foscari e Accademia di Belle Arti, circa 10.000 sono fuori sede e in cerca di alloggio. Attualmente, i pochi affitti che si trovano sono in case fatiscenti - scartate dal mercato turistico proprio perché tali- e i canoni mensili si aggirano tra i 300 euro e i 500 euro, a cui sommare le spese di bollette e quelle alimentari.

Le residenze universitarie, dal canto loro, non sono in grado di sostenere la domanda di un numero di studenti oltre il triplo rispetto all’offerta, mentre dall’Ater (l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Venezia) restano vuoti e sfitti più di 2.000 alloggi pubblici che potrebbero aiutare a sanare un’emergenza affitti che peggiora di anno in anno e che invece sono fermi.

Per quali soluzioni optare allora per vivere a Venezia?

La scelta non è ampia e la parla d’ordine sembra essere “accontentarsi”: accontentarsi di essere trattati come turisti a lungo termine e accettare di vivere in B&B pagati anche 1.000 euro al mese o accontentarsi di vivere in condizioni disagianti, sotto un ricatto psicologico di proprietari con un potere contrattuale nettamente superiore.

Sul mercato ci sono poche case e se vuoi avere la tua stanza devi accontentarti - in silenzio - di quello che la città lagunare offre: fuori da quella porta c’è una fila di giovani in una disperata attesa di una residenza dove trovare una precaria stabilità.

Fornelli rotti, muffa nelle camere, prese elettriche pericolosamente mal funzionanti: sono solo alcuni dei disagi vissuti dagli universitari e raccontati tra i post di Nove Metri Quadri, un collettivo universitario che si occupa dei temi della residenzialità e di come poter risolvere i problemi del cercare casa a Venezia.

Ci sono “storie di casa” di chi racconta di una situazione abitativa di una Venezia definita come “criminale”, in cui le condizioni di vita sono al di sotto della soglia di comfort minima, con una convivenza con mancanza di acqua calda e riscaldamento.

Esperienze umilianti che non fanno immaginare prospettive di futuro nella città delle gondole per i giovani d’oggi che in quel luogo magico vorrebbero viverci tutta una vita, ma che sono costretti a desiderare di potersene andare.

E poi ci sono “storie di casa” di chi la casa la vive come un enorme fattore di stress, un luogo in cui è impossibile autodeterminarsi per via degli spazi ristretti e della mancanza di privacy, anche per colpa di proprietari invadenti che entrano negli appartamenti senza preavvisare e senza autorizzazione perché “tanto questa è casa mia”.

È così che il problema abitativo a Venezia sta seriamente compromettendo una serie di diritti, primo tra tutti il diritto allo studio di migliaia di ragazzi, costretti a trovare soluzioni alternative cedendo ai ricatti morali o fuggendo via dalla laguna.

Perché essere costretti a scegliere l’opzione migliore tra le peggiori?

Ripensare la residenzialità e ripensarla in un giusto equilibrio tra turismo, università e cittadini è la strada da percorrere per ridare vita a una città che, oggi, sta socialmente morendo in silenzio, sotto il peso di un’economia sempre più ostile nei confronti di chi da Venezia non vorrebbe mai andare via, ma è costretto a scappare per dare un senso alla parola “futuro”.

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