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Digital Markets Act: ecco i nuovi limiti europei alle Big Tech

Regole stringenti e maggiore tutela dei dati personali: ti raccontiamo la ricetta europea allo strapotere dei colossi tecnologici, pensata per rendere il mercato del digitale più aperto, equo e competitivo
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14 settembre 2023 Aggiornato alle 09:00

Entrato in vigore in Europa lo scorso novembre, il Digital Markets Act (Dma) è pronto a entrare realmente in funzione da pochi giorni, grazie al documento della Commissione Europea con cui si fa chiarezza sulle conseguenze che la norma avrà sulle principali Big Tech.

Bruxelles infatti ha stilato l’elenco definitivo delle sei imprese attive nel settore digitale e tecnologico elette a gatekeeper, termine con cui si intende quel soggetto che rappresenta il punto di contatto tra utenti commerciali - cioè altre imprese in cerca di nuovi clienti - e consumatori, dotato di importanza così elevata da potere influenzare e dettare legge nell’economia digitale, arrogandosi spesso poteri che non gli competono.

Parliamo quindi delle imprese che attualmente dominano l’intero mercato tecnologico mondiale come Alphabet (che controlla Google), Meta (con i suoi Facebook, Instagram e Whatsapp) e poi Amazon, Apple, Microsoft e infine ByteDance, attuale proprietario del colosso cinese TikTok e unico brand non statunitense.

Enormi poli imprenditoriali che rispettano ovviamente i criteri dettati dalla Commissione per rientrare nella categoria, cioè avere un fatturato (sul suolo europeo) di almeno 7,5 miliardi di euro l’anno oppure un valore di mercato di almeno 75 miliardi attraverso operazioni in almeno tre Paesi membri, oltre a detenere minimo 45 milioni di utenti attivi al mese e oltre 10.000 account business.

Gran parte dei servizi gestiti dai gatekeeper, come sistemi di distribuzione di annunci pubblicitari, sistemi operativi e browser, servizi di comunicazione interpersonale (come Whastapp o Facebook Messenger) oltre ai vari social network e piattaforme di condivisione di contenuti dovranno seguire diverse nuove regole ritenute dal commissario al mercato interno Theorry Breton «rivoluzionarie».

In sostanza le 6 Big Tech dovranno rispettare nuovi obblighi e divieti posti a garanzia di un mercato digitale equo, aperto e maggiormente rispettoso della concorrenza «offrendo più scelta ai consumatori e creando nuove opportunità per le piccole società innovative».

L’intenzione di Bruxelles sarebbe infatti quella di scoraggiare i gatekeeper dall’adottare tutte quelle pratiche commerciali sleali finalizzate a ostacolare l’ingresso nel mercato di nuove (e più deboli) imprese a tutela del proprio business e prodotti.

Non sarà più permesso ai gatekeeper di impedire l’installazione di applicazioni e provenienti da altre fonti per mancata compatibilità con quelle preinstallate sul dispositivo - come a esempio quelle dedicate alle mappe o alle mail presenti in Microsoft e Apple - che infatti potranno essere liberamente eliminate dal proprietario del computer o dello smartphone. Così facendo, alle altre aziende terze (specialmente startup) sarà finalmente consentito inserirsi nel mercato tecnologico proponendo ai consumatori app e software di loro produzione, dando nuova linfa alla concorrenza e quindi a uno sviluppo tecnologico più virato all’innovazione con un prevedibile vantaggio per gli utenti.

A partire dalla pubblicazione dell’elenco, tutti i grandi nomi dell’economia digitale avranno 6 mesi di tempo per adattarsi alle nuove regole europee per non rischiare di essere multati fino al 10% del loro fatturato. Sempre in ottica antitrust, per sfuggire da ogni spettro di mono/oligopolio, le aziende dovranno informare costantemente la Commissione europea di ogni operazione di fusione o acquisizione che hanno intenzione di intraprendere.

Grande spazio anche alla tutela dei dati sensibili, specie dopo lo scandalo di Cambridge Analytica del 2018, quando fu rivelato che l’azienda aveva raccolto dati personali di milioni di utenti di Facebook senza il loro consenso.

Non a caso, sarà impedito ai gatekeeper di monetizzare sulle informazioni private degli utenti dirottandole verso gli inserzionisti, ossia le aziende che sfruttando le abitudini di navigazione degli utenti propongono pubblicità personalizzate e parametrate all’algoritmo dell’utente.

In particolare, non si potranno più tracciare gli utenti al di fuori dei servizi essenziali offerti dalla piattaforma e senza il loro previo consenso, oltre che rendere maggiormente trasparente la possibilità di effettuare verifiche indipendenti sulla gestione dei dati. Novità piuttosto dirompenti nel mercato tecnologico, forse fin troppo legate ai buoni propositi e meno alla complessa applicabilità delle norme.

L’Unione europea introduce paletti stringenti a cui le imprese hanno reagito con favore ma anche con estremo scetticismo, nella speranza di diventare la prima giurisdizione in grado di disciplinare organicamente le «regole del gioco».

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