Futuro

Quelle star piccole piccole

Hanno diritto a un agente, non possono lavorare per più di 20 minuti consecutivi ed è vietato svegliarli. Da Hollywood all’Italia, le normative sui baby actors (anche neonati) sono molte e ben circoscritte
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
26 febbraio 2022 Aggiornato alle 17:00

Come vengono selezionati i bambini e i neonati per una produzione teatrale, televisiva o cinematografica? Quanto a lungo possono lavorare e in quali ore del giorno? Gli interrogativi sono tanti quando si parla di minori davanti la cinepresa, ma cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Non è insolito, soprattutto per il mondo del cinema, ricorrere a bambini e adolescenti. Pensiamo solo al trio di maghetti più famoso della Storia - Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rubert Grint nei panni di Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley - o al diavoletto biondo del cult del 1990 Mamma ho perso l’aereo interpretato da Macaulay Culkin. Ma anche ai più “datati” Jackie Cooper, Jodie Foster e Drew Barrymore.

Guardando, poi, alla serialità negli ultimi anni stiamo assistendo al fiorire di tanti piccoli talenti. Per citarne alcuni, Millie Bobby Brown, Finn Wolfhard, Noah Schnapp, Caleb McLaughlin e Gaten Matarazzo, allevati tra i demogorgoni e altre creature mostruose nella serie dei fratelli Duffer, Stranger Things. I recentissimi Ja’Siah Joung in Dion, tratto dall’omonimo fumetto, e Christian Conver in Sweet Tooth - la storia del bimbo con le corna di cervo in un mondo post-pandemico - ancora freschi di riprese.

    In base alle regole di Hollywood, valide anche per le produzioni britanniche, come le grandi star anche i bimbi hanno diritto a un agente e pagano le tasse, devono affrontare un’audizione al pari di tutti gli altri attori e se sono molto piccoli (purché nati da almeno 15 giorni), non possono lavorare per più di 20 minuti consecutivi per un totale massimo di 4 ore al giorno: lo riporta un articolo uscito di recente sul Guardian.

    Per portare a termine le riprese nel più breve tempo possibile, come racconta la sceneggiatrice Kathleen Hale a Il Post, i registi sono soliti scegliere tre o quattro bimbi, nati più o meno nello stesso periodo e con caratteristiche fisiche simili e alternarli nelle scene ogni 20 minuti. Stessa cosa se uno di loro finisce per addormentarsi sul set. Vietato svegliarlo. Per farlo piangere invece, gli si prende da sotto il naso il giocattolo e quasi sempre si ottiene la reazione sperata.

    A dispetto del loro impegno e delle loro doti attoriali, i neonati vengono relegati in fondo ai titoli di coda, tra i cosiddetti “extra”, insieme alle altre comparse e per la tutela della privacy non ne viene riportato il nome. Ben diversa è la situazione se si tratta di bambini o adolescenti, protagonisti di un film, come Natalie Portman nella pellicola francese Leon del 1994. In entrambi i casi - che si tratti di stare in braccio e piangere o di vere e proprie prove attoriali - le performance vengono pagate, in base ovviamente all’impegno richiesto e al ruolo assegnato, e almeno per i più piccoli, lo stipendio viene versato in un fondo fiduciario di cui il baby actor potrà usufruire dalla maggiore età.

    E in Italia? Esiste al riguardo una normativa di settore dettagliata che fa eco alle numerose fonti normative internazionali in materia di attività lavorativa dei minori, tra cui la Convenzione Onu del 20 novembre del 1989 e la Convenzione OIL numero 182 del 1999.

    Le attività lavorative di carattere culturale, artistico e pubblicitario costituiscono un’importante eccezione ai requisiti minimi di ammissione al lavoro (una volta concluso il periodo di istruzione obbligatoria, non prima in ogni caso dei 16 anni).

    L’attore bambino o “child actor”, in gergo tecnico, è invece il minore che non abbia ancora compiuto i 16 anni di età. Per il suo coinvolgimento in un progetto cinematografico occorre l’autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro, ovviamente del luogo in cui si svolgeranno le riprese o le esibizioni, e deve essere rilasciata entro 30 giorni dalla presentazione della domanda.

    Un passaggio obbligato che serve a garantire - come riportato anche dalla rivista semestrale di diritto Ius in itinere - sia l’effettivo consenso di chi ne ha la responsabilità genitoriale, sia la sicurezza delle attività a cui il bambino parteciperà. Attività, inutile dirlo, che non devono pregiudicare lo sviluppo psicofisico, la frequenza scolastica e i programmi di orientamento e formazione professionale del bambino/ragazzo. Si tratta di un iter che i genitori del baby actor dovranno esplicare ogni volta, per ciascun progetto o spettacolo.

    Inoltre i minori non possono lavorare per più di 4 ore e mezza consecutive, ma le riprese notturne sono ammesse, almeno fino alla mezzanotte. In quest’ultimo caso, però, la direzione deve garantire una pausa dal set di almeno 14 ore. Non si può costringere un bambino ad assumere, seppur per gioco o finzione, tabacco e bevande alcoliche o coinvolgerlo, almeno fino ai 14 anni d’età, in argomenti o immagini volgari o violente. I limiti sono molti e ben circoscritti. Occorrerebbe verificare se siano sempre rispettati, o se per amore dell’arte di tanto in tanto non si aggiri qualche regola.

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