Ambiente

Cop28, John Kerry: «dobbiamo coinvolgere l’industria fossile al tavolo dei negoziati»

L’ha dichiarato l’inviato speciale degli Stati Uniti per il clima, vista la difficoltà di trovare un accordo globale sulla riduzione delle emissioni. Nel frattempo, in Uk vengono concesse nuove licenze petrolifere
Credit: Bispo/Dpa
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6 settembre 2023 Aggiornato alle 14:00

Si avvicina l’inizio della Cop28 - la Conferenza delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico -, che avrà luogo dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 a Dubai, negli Emirati Arabi. E proprio il luogo dell’evento ha portato con sé diverse polemiche.

A presiedere la conferenza, infatti, sarà il sultano Al-Jaber, Amministratore delegato dell’Abu Dhabi National Oil Company, il gigante petrolifero dello Stato arabo. Sembra quasi un controsenso, tanto che le critiche mosse sono state davvero molte, in quanto si rischia di far perdere alla Cop la credibilità di cui ha necessariamente bisogno per affrontare un tema così importante e attuale allo stesso tempo.

L’obiettivo centrale della conferenza sarà uno: fare di tutto per raggiungere l’obiettivo stabilito nell’accordo di Parigi, ovvero mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i 2° e – se possibile – sotto 1,5° rispetto ai livelli preindustriali.

E Al-Jaber ha raggruppato le misure in quattro pilastri principali: transizione energetica, finanziamenti per il clima, vita e mezzi di sussistenza delle persone e piena inclusività.

Ma le polemiche sono state alimentate anche dalle dichiarazioni del sultano, che ha parlato di una «eliminazione graduale delle emissioni dei combustibili fossili», facendo sottintendere un proseguimento dell’estrazione dei combustibili fossili anche oltre la Cop28.

Ed è proprio qui il punto. Gli esperti climatici temono che la Conferenza diventi una “conferenza petrolifera”, e infatti l’inviato speciale presidenziale degli Stati Uniti per il clima, John Kerry, in un’intervista rilasciata al Financial Times, ha dichiarato che «dobbiamo coinvolgere l’industria dei combustibili fossili al tavolo dei negoziati. Dobbiamo convincerli a compiere questo sforzo e loro devono unirsi in modo responsabile».

E questo è fondamentale, perché gli Stati Uniti hanno un impatto cruciale sull’economia mondiale ma anche sul cambiamento climatico. Nonostante rimangano ancora al primo posto come produttori mondiali di petrolio, sono stati fatti investimenti importanti per favorire la transizione energetica, da cui ormai è molto difficile tornare indietro.

Infatti, anche se dovesse susseguirsi una serie di Presidenti repubblicani, alcuni dei quali hanno negato il cambiamento climatico, non si può annullare il lungo cammino percorso in questi anni.

D’altra parte, però, c’è chi – in un certo senso – “torna indietro”: è il caso del Regno Unito. Il Primo Ministro Rishi Sunak, infatti, da un lato ha dichiarato di voler mantenere l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, ma dall’altro è pronto a concedere centinaia di nuove licenze per l’esplorazione e lo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio e gas nel mare del Nord.

L’obiettivo dichiarato è quello di garantire la sicurezza energetica nel Paese: «siamo tutti stati testimoni di come Putin abbia manipolato e utilizzato come arma l’energia, interrompendo l’offerta e bloccando la crescita nei Paesi di tutto il Mondo. (…) Anche quando raggiungeremo lo zero netto nel 2050, un quarto del nostro fabbisogno energetico proverrà dal petrolio e gas. Ma c’è chi preferisce che provenga da Stati ostili piuttosto che dalle forniture che abbiamo qui in patria», queste le parole di Sunak.

La necessità di coinvolgere l’industria petrolifera e dei combustibili fossili si fa sempre più urgente anche a causa degli ultimi incontri relativi al tema ambientale del G20. Durante gli ultimi incontri, che si sono svolti nella città di Chennai in India, i partecipanti non sono riusciti a trovare un accordo su obiettivi concreti volti a ridurre le emissioni.

In particolare, Cina e Arabia Saudita si sono ritirate dall’assumere impegni nei colloqui del G20: è, quindi, fondamentale coinvolgere al massimo le nazioni produttrici di petrolio durante la Conferenza delle Nazioni Unite.

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