Diritti

Il racconto di Michela Murgia ha tutta la vita davanti

Ci lascia una grande protagonista del nostro tempo. Che al nostro mestiere ha insegnato parecchio. Oltre che a sorridere, sempre
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 3 min lettura
11 agosto 2023 Aggiornato alle 11:52

Era il 2007. Non tanto tempo fa. Sono passati “solo” 15 anni da quando l’opera letteraria di Michela Murgia è entrata a far parte del nostro lessico famigliare. Da quando ci ha indicato la strada della ribellione attraverso la scrittura - lei per prima lo ha fatto scrivendo il blog e poi libro Il mondo deve sapere (Einaudi) - rifiutando di lavorare nei contemporanei lager professionali. Nel suo caso, un call center.

Quella scrittura così calda, emotiva e chirurgicamente dotta di dettagli veri è stata lo strumento principe di una rivoluzione non silenziosa poi capita e compresa da Paolo Virzì, che mise su pellicola un immaginario che prima era stato raccontato solo lateralmente. Non in prima persona.

Ed è per questo che il libro di esordio di Michela Murgia ha un grande valore. Non è semplice letteratura (con tutto il rispetto per la Letteratura con la L maiuscola) ma narrazione della realtà. Nelle scuole di giornalismo la chiamano “inchiesta” quella testimonianza in prima persona di quanto umiliante potesse essere il lavoro di vendita alla cornetta telefonica, se non che, per chi fa il nostro mestiere la necessità di verifica prevede sempre le famose “3 fonti” incrociate, che possano restituire una realtà complessa.

Ma che cos’è la realtà se non quello che accade davanti agli occhi di una giovane insegnante di religione sarda, nata nel paesino di Cabras (ottimila anime) ma colta, con uno sguardo profondo ma lucido. E non noiosa come tutti gli intellettualoni spesso tristi apposta. Un’intellettuale positiva, allegra, con il sorriso. Una giovane donna che sapeva anche divertirsi senza vergognarsi.

E infatti più che noi giornalisti con i nostri blog e le nostre rubriche, ha fatto una giovane Michela Murgia: ha saputo - con grazia - affermare che “il re è nudo”, e che le nuove forme di racconto (pensiamo solo a cosa sono oggi i social media e gli influencer) avevano non solo in sé una verità intrinseca ma dovevano far parte anch’esse della storia. Rappresentavano dei testimoni a chi spesso esercita una professione e non è in grado di percepire perché immerso sia nella “crisi del giornalismo” sia “nella scrivania” sia nei “sistemi di potere” legati a un mondo in decadenza.

Il mondo di Michela Murgia ha tutta la vita davanti proprio come il titolo del film di Virzì, perché vince grazie all’amore della verità e alla forza di chi conosce i propri diritti senza mai dimenticare di sorridere. Michela Murgia è scomparsa nella notte delle stelle cadenti e la sua eredità brillerà per sempre anche per chi come noi prova a capire cosa accade intorno a sé, spesso senza avere le risposte giuste.

Perché ci ha mostrato un percorso diverso. Che val la pena di essere valorizzato in futuro, anche nel giornalismo.

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