Ambiente

Gli Emirati Arabi stanno investendo nella riduzione delle emissioni?

L’Adnoc, l’azienda energetica statale, ha annunciato che raggiungerà l’obiettivo “zero emission” con 5 anni di anticipo, entro il 2045. Ma gli ambientalisti sono scettici
Credit: REUTERS/Amr Alfiky
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7 agosto 2023 Aggiornato alle 07:00

Cinque anni possono fare una certa differenza quando si parla di riduzione delle emissioni, ma l’annuncio dell’azienda energetica statale degli Emirati Arabi Uniti (Adnoc) suona un po’ strategico, considerando che mancano solo pochi mesi alla Cop28 di dicembre che sarà ospitata proprio dal Paese del Golfo.

Come riportato dal Financial Times, il 1° agosto l’Adnoc ha dichiarato di voler raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette dalle sue operazioni entro il 2045 anziché il 2050 e di ridurre le emissioni di metano a zero entro il 2030.

Gli Emirati Arabi Uniti sono l’ottavo produttore di petrolio al mondo e “hanno anche il piano più ambizioso in termini di riduzione delle emissioni di qualsiasi grande azienda statale del settore petrolifero e del gas”, scrive il quotidiano inglese. “Ma riguarda solo le emissioni di portata 1 e 2: questo esclude quelle dell’ambito 3, la maggior parte legate al consumo di combustibili fossili”.

Suhail bin Mohammed Al Mazrouei, ministro dell’Energia e delle Infrastrutture, ha invece affermato alla Wam, l’agenzia di stampa degli Emirati, che il piano dimostra l’impegno dell’azienda nell’affrontare l’urgente necessità di decarbonizzare il sistema energetico. «Riconoscendo le notevoli ripercussioni ambientali e socio-economiche del cambiamento climatico, stiamo tracciando il nostro percorso net-zero e ci concentriamo sulla creazione di un mix equilibrato di fonti energetiche tradizionali e pulite».

In questa occasione l’Adnoc ha anche comunicato per la prima volta i dettagli delle sue emissioni di carbonio. Nel 2022 quelle di portata 1 e 2 derivanti dalla produzione di petrolio e gas sono state di circa 24 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente, pari a circa 7 kg di CO₂ per barile di petrolio equivalente, uno dei livelli di intensità di carbonio più bassi al mondo.

L’annuncio non è passato inosservato alle organizzazioni ambientaliste, già molto scettiche sulla prossima Cop28 che sarà presieduta dall’amministratore delegato di Adnoc, Sultan al-Jaber, e che si terrà per la prima volta nel Golfo Persico, a Dubai.

Alla Conferenza di Bonn dello scorso giugno, appuntamento preparatorio per i negoziati sul clima a cui hanno partecipato i rappresentanti di 200 Paesi, sono già emerse parecchie discordie. «Il cambiamento climatico non è una questione “Nord contro Sud”, è un maremoto che non fa distinzioni», ha avvertito il segretario esecutivo delle Nazioni Unite per il clima, Simon Stiell.

Il riferimento del discorso è alla polemica tra Ue e Paesi emergenti sulla riduzione dei gas serra e sugli aiuti finanziari agli Stati più poveri per sostenere una transizione energetica equa e attuare il fondo “perdite e danni” (Loss & Damage) approvato durante la COP27 di Sharm el Sheik.

Un tema che sarà ripreso il 20 settembre al vertice sull’ambizione climatica presso la sede delle Nazioni Unite a New York indetto dal Segretario generale Antonio Guterres per accelerare l’azione dei governi, delle imprese, delle finanze, delle autorità locali e della società civile.

“Il vertice” si legge sul comunicato del summit “rappresenta una pietra miliare politica fondamentale per dimostrare che esiste una volontà globale collettiva di accelerare il ritmo e la scala di una giusta transizione verso un’economia globale più equa basata sull’energia rinnovabile e resiliente al clima”.

Solo il 29 luglio scorso, Guterres aveva tenuto un discorso allarmante sul cambiamento climatico, preannunciando l’entrata del nostro Pianeta nell’era dell’ebollizione globale.

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