Dissalatori: una soluzione alla crisi idrica?
Come reagire alla siccità che colpirà sempre di più la nostra Penisola? Se gli ultimi dati Ispra-Greenpeace hanno confermato una netta diminuzione delle risorse idriche italiane (meno 13% in 30 anni, ovvero 19 miliardi di metri cubi d’acqua pari quasi al lago di Garda), una soluzione potrebbe venire dalla dissalazione dell’acqua marina. Un sistema che in Italia, nonostante sia lambita dal mare, non ha ancora ricevuto gli investimenti necessari.
L’invito a potenziare il sistema viene dalla Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti, nel corso dell’apertura dei lavori per la stesura del quinto libro bianco dedicato all’oro blu e alle sue implicazioni economiche, sociali, ambientali (il quarto è stato pubblicato lo scorso marzo).
Sono 650.000 i metri cubi di acqua dissalata prodotta ogni giorno nel nostro Paese: poco, considerando che è meno del 6% della produzione europea. Per avere un parametro, in tutto il mondo si trasformano in acqua dolce 108 milioni di metri cubi. Possiamo contare su 340 impianti totali che solo per una minima parte però vengono impiegati per uso civile e agricolo (circa il 30%). Il resto è prodotto per le industre.
Durante l’incontro Valerio De Molli, managing partner e Ceo di The European House – Ambrosetti ha dichiarato che «la dissalazione ha le potenzialità per diventare una delle soluzioni di un sistema integrato di approvvigionamento idrico nel nostro Paese». Il mercato, ha ricordato il Ceo, è già fortemente sviluppato nel Medio Oriente, che concentra il 39% della capacità di dissalazione del mondo.
Basti pensare all’Arabia Saudita, che detiene il record mondiale grazie a Rabigh IWP, il più grande impianto al mondo con una produzione di 600.000 metri cubi di acqua potabile ogni giorno che assicurano l’approvvigionamento a un milione di famiglie. Secondo i dati del Global Water Intelligence, un centro di analisi specializzato, il Paese è al primo posto seguito dagli Stati Uniti con 15,5 milioni di metri cubi e dalla Cina con 12,2 milioni di metri cubi.
«La dissalazione dell’acqua non può essere l’unica soluzione al problema delle siccità, ma va inserita in una rosa di soluzioni per uscire da una logica emergenziale e trattare il tema dell’acqua con un respiro di lungo periodo», ha aggiunto Valerio De Molli.
Dello stesso parere il commissario straordinario per la siccità Nicola Dell’Acqua, nominato lo scorso aprile dal governo insieme al Decreto Siccità e intervenuto all’incontro Ambrosetti: «C’è bisogno di una programmazione di lungo periodo, almeno ventennale, per risolvere con risultati efficienti il problema della siccità e degli eventi climatici estremi in Italia», ha dichiarato. «Accanto a questo, si può immaginare un piano per i prossimi 2-3 anni per colmare il gap di 2-3 miliardi di metri cubi di acqua».
Per il commissario le emergenze sono concentrate al Nord, negli invasi della Pianura Padana.
Secondo l’analisi Ispra-Greenpeace, il bacino del Po, l’area che ospita i più grandi fiumi e laghi italiani, è anche quella dove si registra il livello di stress idrico doppio rispetto a quello rilevato nel Sud e nelle Isole. “Un apparente paradosso che si spiega considerando i prelievi idrici destinati alle attività umane: più della metà della quota nazionale è infatti concentrata nel distretto padano, dove circa il 70% dell’acqua serve all’agricoltura” rileva l’analisi.