Ambiente

La siccità fa crescere la voglia di dissalatori

Tra le soluzioni per contrastare la carenza di acqua si valutano anche loro, che però hanno un alto impatto ambientale, costano tanto e sono difficili da gestire
Credit: PATRICK T. FALLON/BLOOMBERG
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9 maggio 2023 Aggiornato alle 21:00

I dissalatori marini in Italia sembrano destinati ad aumentare, anche a causa della siccità e del riscaldamento globale, sulla scia dell’espansione del mercato di queste infrastrutture dal Qatar a Israele, dotato degli impianti più grandi, fino alla Spagna che con 765 siti è il maggior investitore del settore: nel mondo sono quasi 20.000. Il motivo principale è che manca l’acqua, la desertificazione avanza e servono soluzioni integrate, ma non bisogna dimenticare l’impatto ambientale,

L’Aipo - Agenzia Interregionale per il fiume Po - ha definito la situazione attuale come la nuova normalità. In questo contesto, nei giorni scorsi, si è riunita per la prima volta la Cabina di regia per l’emergenza idrica che, con il neo commissario straordinario Nicola Dell’Acqua in prima linea, ha inserito i dissalatori fra le proprie priorità. Inoltre non è un caso che le norme del Decreto siccità abbiano semplificato gli iter autorizzativi per la realizzazione dei dissalatori, “spinti” anche dalle linee guide del Pnrr.

Su quel fronte nella Penisola si parla già di “modello Genova”: un progetto presentato qualche tempo fa dal sindaco Marco Bucci intende trattare insieme l’acqua dei depuratori e quella marina dissalata, per portare tutto al nord e in Pianura Padana attraverso un tubo presente e inutilizzato al porto Petroli. L’iniziativa non è ancora pubblica ma la sua sede sarebbe già stata individuata nella zona delle acciaierie vicine al depuratore di Cornigliano.

Intanto, se la Regione Liguria comunica che servono 800 milioni per combattere la siccità, i prof universitari dicono no proprio ai dissalatori.

D’altra parte che cos’è un dissalatore? Questo “apparecchio” permette di ottenere acqua a basso contenuto salino, da riutilizzare per scopi alimentari e industriali, oltre che per l’irrigazione e per uso potabile. Si tratta di una soluzione molto elaborata dal punto di vista tecnologico, piuttosto impegnativa sul piano dei costi e abbastanza impattante per l’ambiente ma in questo quadro di crisi idrica estrema può fare gola specialmente al Sud, nelle piccole isole ma pure in Sicilia e in Sardegna. Quest’ultima tra l’altro vanta un sito industriale a Cagliari, al servizio della raffineria Saras.

E dove sono situati i 12 dissalatori del nostro Paese? Solo per fare un esempio, la compagnia Suez Italia sta costruendo un impianto all’Isola d’Elba, con una capacità di 80 litri al secondo che sarà a disposizione a partire dal 2024. Dal canto suo Taranto, con il sostegno dei fondi del Pnrr, attende il via alla gara per creare il più grande dissalatore nazionale, da 55.000 metri cubi d’acqua al giorno: l’entrata in funzione a pieno regime è attesa però solo per la metà del 2026. Così nello Stivale si sta strutturando una sorta di filiera di questi impianti.

I dissalatori, come si diceva, presentano comunque alcuni difetti ancora da superare, a partire dagli alti costi di costruzione fino alle difficoltà nella gestione di infrastrutture così complesse, ma soprattutto hanno un elevato impatto ambientale, in particolare a causa dei residui della dissalazione e del notevole consumo energetico.

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