Economia

I lavoratori italiani sono i più tristi d’Europa

L’annuale report Gallup State of the Global Workplace2023 ha messo in evidenza alcuni dati riguardanti l’engagement degli occupati nella Penisola, “stressati senza avere grandi prospettive di cambiamento”
Credit: Cottonbro studio
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2 agosto 2023 Aggiornato alle 17:00

La situazione lavorativa in Italia è sempre più triste. Gli italiani lavorano troppo e male.

Possiamo rivedere nel nostro Paese la drammatica condizione cinese, in cui la presenza dei sindacati sembra essere inutile e il loro lavoro assolutamente vano di fronte a una potenza talmente grande da avere la necessità di utilizzare fino all’ultima goccia di energia dei suoi dipendenti?

Tra i numerosi fattori, ciò che distingue Cina e Italia è che mentre la prima sta cercando di reagire e regolamentare delle misure che riconoscano ai lavoratori alcuni diritti fondamentali come il divieto di un monte ore di lavoro settimanale eccessivo e oltre i limiti dell’umano, l’Italia non riesce a gestire una situazione che, di partenza, potrebbe essere molto più rosea.

L’ultimo report Gallup State of the Global Workplace2023 ha evidenziato un netto declino delle considerazioni che i lavoratori italiani hanno rispetto alla loro mansione e una generale rassegnazione. È stato stimato infatti che le persone sono “tristi senza essere arrabbiate e stressate senza avere grandi prospettive di cambiamento”.

Nel primo trimestre del 2023 l’Istat ha stimato un aumento dell’input di lavoro dell’1,3% rispetto agli ultimi 3 mesi del 2022, con un conseguente incremento dello 0,6% del Pil.

Nonostante questi dati appaiano incoraggianti per il futuro dell’economia del lavoro nel Belpaese, le stime di Gallup mostrano un’allerta sotto il profilo umano.

Il report ha raccolto dati sui dipendenti di 38 Paesi, per metterli a confronto e delineare un quadro generale delle condizioni di ciascuna nazione. Dai risultati è emerso che delle nazioni selezionate nello studio, peggio di noi c’è solo Cipro nord, che ha un solo punto percentuale in più per quanto riguarda i lavoratori intensamente tristi durante la loro giornata (il 28% contro il 27% in Italia) e che nelle altre categorie non ha raggiunto i dati sufficienti per poter stilare un risultato adeguato.

Nello specifico, attualmente 1 dipendente italiano su 3 prova tristezza nell’esercitare le sue mansioni.

L’elemento della ricerca che fa riflettere in modo particolare è sicuramente il bassissimo livello di coinvolgimento dei lavoratori nelle proprie attività quotidiane, tanto che è stato sottolineato che solo il 5% dei dipendenti sente di essere appagato lavorando e crede (o spera) che la mansione che svolge sia quella in cui rimarrà anche in futuro.

La percentuale è ancora più preoccupante se si considera che la media europea è quasi il triplo (13%), mentre quella globale arriva addirittura al 23%.

E non è solo un tema individuale: all’economia italiana il cosiddetto disengagement da parte dei lavoratori costa 273 miliardi di euro l’anno, corrispondenti a circa il 13% del Pil del Paese.

Un sentimento che definisce il lavoro dell’italiano medio, è scritto nel Gallup report, è lo stress, che viene menzionato anche come principale ragione principale del malcontento dal 46% degli intervistati (il 7% in più rispetto alla media europea).

Nonostante le percentuali del livello di rabbia siano relativamente basse (con il 16%), sembra che il mondo del lavoro si sia rassegnato a dover vivere un basso grado di felicità e di coinvolgimento rispetto alle proprie professioni, come se il lavoro fosse una costrizione senza alcun tipo di appagamento.

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