Diritti

Censis: le bufale non esistono per 3 italiani su 10

L’AI? Per il 75% renderà più difficile controllare la qualità dell’informazione. A dirlo è Disinformazione e fake news in Italia, secondo cui il 16,2% degli intervistati non crede nel cambiamento climatico
Credit: Baris Selcen
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
28 luglio 2023 Aggiornato alle 17:00

Le “bufale” non esistono e non si dovrebbe parlare di fake news, ma di “notizie vere che vengono deliberatamente censurate dai palinsesti che poi le fanno passare come false”. Lo pensano quasi 3 italiani su 10 (29,7%), secondo il terzo Rapporto Censis su Disinformazione e fake news in Italia, che quest’anno è dedicato al rapporto tra informazione e intelligenza artificiale.

Gli italiani che si informano abitualmente (almeno una volta alla settimana) sono circa 47 milioni, il 93,3% del totale. L’83,5% lo fa sul sul web, mentre il 74,1% sui media tradizionali.

3 milioni e 300.000 (il 6,7% del totale) hanno rinunciato ad avere un’informazione puntuale su ciò che accade, mentre 700.000 italiani non si informano affatto. Il 64,3% dichiara di utilizzare un mix di fonti informative, tradizionali e online: questo perché, spiega il rapporto, “al palinsesto dato, e uguale per tutti, si è sostituito il palinsesto personalizzato, con un primato dello schermo e del linguaggio audiovisivo”.

A essere più esposti alle fake news sono quei 10 milioni di italiani (il 19,2%) che si affidano esclusivamente alle fonti online, soprattutto i più giovani. Questo è legato anche alla sempre maggiore difficoltà di riconoscere le “bufale”: solo il 18,7% ritiene di essere in grado di farlo, mentre il 20,2% crede di non avere le competenze necessarie per riconoscerle e il 61,1% pensa di averle solo in parte.

Chi vive nei Comuni che hanno meno di 10.000 abitanti, ha più di 64 anni o un basso titolo di studio è più convinto degli altri di non avere le competenze per distinguere le fake news dall’informazione, “delineando l’identikit di chi rischia di rimanere intrappolato in un mondo irreale”.

Un mondo irreale in cui il cambiamento climatico non esiste o, nella migliore delle ipotesi, è raccontato in maniera ingiustificatamente pessimistica.

Secondo Censis, infatti, “il riscaldamento globale è un argomento di cui si parla tanto e in modo confuso, alimentando cattiva informazione, catastrofismo e persino negazionismo”. Più di 1 italiano su 3 (il 34,7%) è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo e “il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta progressivamente andando verso la desertificazione”.

Soprattutto, però, il 16,2% della popolazione è convinta che il cambiamento climatico non esista. Una percentuale che sale al 18,3% tra i più anziani e al 18,2% tra i meno scolarizzati. “Gli individui più fragili, vale a dire i più anziani e i meno scolarizzati, sono quelli che appaiono più confusi e meno in grado di comprendere il problema nella sua complessità”.

Eppure, secondo un sondaggio del King’s College di Londra sulla percezione della crisi climatica in sei Paesi europei, gli italiani sono i più consapevoli della dimensione antropica del cambiamento climatico e sono tra i più preoccupati. L’82% è d’accordo con la visione per cui gli esseri umani sono i responsabili del global warming, anche se i nostri concittadini non sono consapevoli di quanto la comunità scientifica sia concorde nell’individuare il ruolo umano: non è il 68% come pensiamo, ma circa il 99,9%.

Ma le persone sono anche preoccupate dal costo della sostenibilità e della transizione ecologica. Nonostante gli studi dimostrino il contrario – “la transizione ecologica creerà moltissimi posti di lavoro, e, soprattutto, che nel medio periodo ci condurrà verso uno scenario di maggiore sviluppo economico” – secondo il 33,4% della popolazione “richiederebbe sforzi e investimenti economici che non ci possiamo permettere e che ci costringerebbero a fare un passo indietro negli standard di benessere e qualità della vita ormai acquisiti”.

La percentuale di chi ne è convinto sale al 51,5% tra chi ha al massimo la licenza media, al 37,8% tra donne e al 36,6% tra gli over 64.

Come cambieranno le cose con l’intelligenza artificiale? Rappresenterà un rischio o una potenzialità di crescita per il mondo dell’informazione? Entrambe le cose, dicono gli italiani, anche se prevalgono i timori di chi vede un pericolo insito nelle nuove tecnologie: il 75,1% della popolazione, infatti, “ritiene che con l’upgrading tecnologico verso l’intelligenza artificiale sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione, mentre per il 58,9% l’AI può diventare uno strumento a supporto dei professionisti della comunicazione”.

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