Culture

La Terra sopravvive sempre

Il documentario della Bbc Earth attraverso la biografia della Terra permette di riflettere da una prospettiva inedita sul nostro futuro e su quello del Pianeta che ci ospita
Cameraman Rob Drewett films a swam of locusts in Madagascar.
Cameraman Rob Drewett films a swam of locusts in Madagascar. Credit: BBC America/Ed Charles
Tempo di lettura 5 min lettura
23 luglio 2023 Aggiornato alle 11:00

Spesso si ha la percezione che gli esseri umani siano più intelligenti di qualsiasi altra specie sulla faccia della Terra, che abbiano conquistato lo status di superiorità rispetto a tutti gli animali e le piante che popolano questo Pianeta. Ma siamo sicuri e sicure che sia davvero così?

Secondo Stefano Mancuso, botanico e saggista italiano, per determinare la superiorità di una specie rispetto alle altre, bisognerebbe per prima cosa chiedersi: qual è la missione di ogni specie, umana, animale o vegetale che sia? Sopravvivere.

Ecco che, se guardata da questo punto di vista, l’affermazione iniziale non può che, da inevitabile certezza, cominciare a vacillare. Infatti, i primi ritrovamenti di Homo Sapiens risalgono a circa 200.000 anni fa; al massimo 300.000 stando a dei ritrovamenti in Marocco. Eppure, non serve andare troppo lontano per rendersi conto che non si tratta della specie più longeva che abbia mia popolato il Pianeta: per esempio si pensa che gli scarafaggi, che quasi nessuno di noi ha in grande considerazione, abbiano circa 350 milioni di anni e siano quindi fra le creature più vecchie ancora esistenti sulla Terra. Sembrerebbe dunque, che siano nati prima dei dinosauri, che, tra l’altro, hanno vissuto per circa 165 milioni di anni. Insomma, sicuramente molto più dell’insignificante periodo che fino a oggi ha visto gli esseri umani popolare la Terra.

Se vivessimo anche solo per 2, 3 o 4 milioni di anni sarebbe comunque nulla rispetto al periodo intercorso tra la nascita e l’estinzione di moltissime altre specie. Dunque, rispetto ai tempi geologici che bisogna prendere in considerazione quando si parla di vita sulla Terra, non sembra che siamo poi così speciali. Anzi.

Questo è lo stesso messaggio celato nel nuovo documentario prodotto dalla Bbc: Earth. Il programma, diviso in cinque puntate, può essere descritto come una sorta di biografia della Terra, la storia della geologia e della vita. Una biografia sì, ma leggermente anomala, dal momento che non procede in ordine cronologico, ma si sviluppa attraverso vari momenti chiave nella storia di questo straordinario Pianeta: cinque nello specifico, uno per ogni puntata.

Il primo episodio, ambientato circa 252 milioni di anni fa, racconta di come un’eruzione vulcanica, mille volte più grande di quella che un essere umano potrebbe immaginare, ha coperto di magna l’un per cento dell’unica massa terrestre della Terra, la Pangea. Si trattò di un evento dalle dimensioni epocali che determinò, attraverso una serie di episodi corollari, l’estinzione del 70% dei vertebrati terrestri e del 96% della vita marina.

Circostanze in grado di uccidere con grande rapidità, seppur non di quella portata, sono osservabili tutt’oggi. Come sottolinea il Guardian, a esempio, al largo delle Isole Canarie, le acque più calde dell’Atlantico consentono a un’alga velenosa per i delfini di prosperare. Quando i delfini mangiano il pesce che ha mangiato il pesce che ha mangiato le alghe, muoiono.

A tal proposito, per quanto riguarda la perdita di biodiversità che caratterizza l’epoca in cui viviamo, si è espresso in diverse interviste anche Chris Packham, presentatore del documentario della Bbc, uscito in Uk il 17 luglio. Come ha affermato in un’intervista per il The New Scientist, più che di perdita, dovremmo parlare di uno sterminio di massa, dal momento che siamo noi a distruggere gli habitat in cui le varie specie vivono e prosperano e dunque la loro estinzione non dipende da un evento naturale, ma è direttamente collegata alle azioni umane.

E in effetti anche per quanto riguarda la sopravvivenza degli esseri umani il discorso non sembra essere tanto diverso. Secondo Packham, infatti, i processi di estinzione sono in realtà essenziali e sono proprio questi processi che hanno permesso alle specie che a oggi popolano la Terra di svilupparsi. Anche gli eventi apparentemente più devastanti lo sono stati in una sorta di modalità dinamica e creativa che è estremamente affascinante secondo il presentatore.

Da ognuno di questi eventi la vita ha comunque trovato il modo di farsi strada e perseguire la sua missione, quella appunto di sopravvivere. Eppure, oggi le cose non stanno esattamente così. Infatti, a determinare fenomeni meteorologici estremi, la distruzione di moltissimi habitat e la conseguente estinzione di diverse specie, è fondamentalmente l’azione degli esseri umani e non un evento naturale come può essere l’eruzione di un vulcano o l’impatto di un asteroide. Ma le nostre condotte non penalizzano solo le piante e gli animali che ci circondano, perché tutti gli ecosistemi sono strettamente collegati tra loro e la sopravvivenza di ognuno è funzionale all’esistenza di altri ecosistemi, compreso quello in cui viviamo noi.

In circa 150-200 anni abbiamo prodotto un cambiamento climatico che spesso si verifica in tempi molto più lunghi, anche milioni di anni. Per questo, quando si parla di salvare in Pianeta in realtà si intende salvare noi stessi, perché la Terra, come ci dimostra il documentario, ha vissuto momenti estremamente più estremi e sconvolgenti e, nonostante tutto, è ancora qui, come lo sarà quando noi ci saremo estinti.

Insomma, se la missione di ogni specie è quella di sopravvivere, noi non stiamo facendo altro che aumentare le probabilità di estinguerci per causa nostra, non quello che si definirebbe un grande affare.

Leggi anche
Parità di genere
di Azzurra Rinaldi 3 min lettura