Economia

Istat, Rapporto annuale 2023: qual è la situazione in Italia?

Bene l’economia e la crescita, male la demografia. Diminuiscono le nascite e aumentano i decessi: nel 2041 la popolazione ultraottantenne potrebbe toccare i 6 milioni. Precari i giovani e forte divario di genere e territoriale
Credit: Federico Lancellotti
Tempo di lettura 6 min lettura
10 agosto 2023 Aggiornato alle 16:00

Per avere una chiara visione della situazione del nostro Paese è fondamentale fare riferimento al resoconto che ogni anno viene rilasciato dall’Istat.

Il Rapporto annuale 2023, che rappresenta «un’importante occasione di confronto sulla situazione economica e sociale del nostro Paese», come ha dichiarato l’onorevole Roberto Traversi, fornisce infatti un quadro generale tenendo conto dei diversi punti di vista, dal lato economico al lato demografico passando per la transizione ecologica. Tanti gli elementi di crescita e benessere ma anche di crisi e di incertezza.

Economia

Parlando dell’andamento economico del nostro Paese, non si può non far riferimento all’anno appena trascorso: la fine dell’emergenza sanitaria, la guerra in Ucraina con conseguente inflazione e crisi energetica. Questi sono tutti fattori che hanno contribuito fortemente all’andamento dell’economia italiana.

Nonostante ciò, la nostra economia si è dimostrata resiliente e ha registrato un andamento più che positivo. È aumentato ancora il Pil (+3,7%), superando Francia e Germania, rispettivamente +2,5% e 1,8%. Si stima, inoltre, una crescita del Pil anche per tutto il 2023 e per il 2024, anche se in maniera più lenta.

In aumento anche il numero degli occupati quindi anche una diminuzione del numero dei disoccupati e degli inattivi, con il tasso di occupazione che ha raggiunto quota 61,2% mentre quello di disoccupazione è calato al 7,6%.

Demografia

Sul fronte demografico non vi sono, invece, buone notizie. Continua a diminuire il numero di residenti in Italia soprattutto a causa del calo delle nascite. Il 2022 ha registrato, infatti, un record negativo di nascite (393.000) e un numero estremamente elevato di decessi (713.000). Il 31 dicembre si sono registrati 58.851.000 residenti, ben 179.000 in meno rispetto al 1° gennaio 2022.

Il tasso di fecondità (numero medio di figli per donna) ritorna ai livelli del 2020 ma ancora non riesce a raggiungere quelli precedenti alla pandemia, attualmente è di 1,24 figli per donna. Di pari passo aumenta anche l’età media delle donne al primo parto, ora a 32,4 anni.

Ripercussioni anche sui giovani: attualmente i giovani appartenenti alla fascia d’età fino ai 14 anni sono 7.334.000 (12,5% della popolazione residente), aumentano sempre di più gli anziani. Secondo le stime dell’Istat, nel 2041 la popolazione ultraottantenne raggiungerà i 6 milioni di abitanti: «una situazione demografica mai sperimentata fino a ora in queste proporzioni», così il presidente Francesco Maria Chelli ha espresso la sua preoccupazione.

Ovviamente la situazione varia in base al territorio. A risentirne maggiormente sono le aree interne, dove già dal 2011 sono in atto emigrazioni da parte dei giovani e invecchiamento demografico, non potenziati da flussi in entrata. In particolare, sono le zone interne del Centro-Sud a risentire maggiormente del decremento demografico.

Inoltre, tra il 2021 e il 2050 si stima una riduzione della popolazione residente in Italia di quasi 5 milioni, in particolare tra il 2021e il 2041 i residenti nella fascia di età fino ai 24 anni si ridurranno di circa 2,5 milioni. Il calo più consistente avverrà nelle regioni del Mezzogiorno, soprattutto nelle aree rurali.

La situazione dei giovani

I giovani rappresentano la risorsa più importante per la crescita del nostro Paese, ma la situazione non è rassicurante. La fascia più vulnerabile è quella che va dai 25 fino ai 34 anni, ovvero coloro che iniziano ad affacciarsi nel mondo del lavoro e iniziano a desiderare una vita autonoma, uscendo dalla famiglia d’origine.

Come mai c’è questa vulnerabilità? Il problema principale riguarda la precarietà del lavoro e la scarsa mobilità sociale, che rappresentano un vero e proprio ostacolo alla realizzazione personale. E qui, entra in gioco un altro fatto importante: l’istruzione.

Istruzione

Com’è la situazione dell’istruzione e degli edifici scolastici in Italia? Partendo dal nido, nel 2021 la copertura dei posti disponibili rispetto al numero di bambini è del 28%, valore molto basso se si considera il target europeo del 50% da raggiungere entro il 2030. Per quanto riguarda gli altri edifici scolastici, solo il 40% ha tutte le certificazioni relative ai requisiti di sicurezza.

Per quanto riguarda, invece, l’accessibilità e la raggiungibilità con il trasporto pubblico, anche in questo caso c’è una forte disuguaglianza territoriale: nel Mezzogiorno il 14% degli edifici è poco raggiungibile, la percentuale scende al 7,8% per il Centro e 5,7% per il Nord.

Continua, nel frattempo, il fenomeno della “fuga di cervelli”: il tasso di espatrio per i laureati di 25-34 anni è pari al 9,5 per mille tra gli uomini e del 6,7 per mille tra le donne, in particolare si verifica nelle regioni del Nord e nelle Isole. L’istruzione, comunque, ha un ruolo centrale anche per l’occupazione femminile. Mediamente, le donne sono più istruite rispetto agli uomini e tendono ad abbandonare meno gli studi.

Occupazione femminile

Nel 2022, il tasso di occupazione di coloro che hanno tra i 25 e i 49 anni è pari all’80,7% per le donne che vivono da sole, il 74,9% per quelle che vivono in coppia senza figli, e il 58,3% per coloro che hanno almeno un figlio. Il divario, comunque, si riduce se il titolo di studio è più alto. Per le laureate, il tasso di occupazione è superiore al 70% indipendentemente dal ruolo che esse ricoprono nel nucleo familiare.

Ciò che risulta è, comunque, ancora una forte eterogeneità: per le donne che appartengono alla fascia d’età 25-49 anni, il tasso di occupazione varia da un minimo di 21,4% delle madri del Mezzogiorno con basso titolo di studio, a un massimo di 92,7% delle donne laureate che vivono da sole nel Nord Italia.

Tuttavia, il fenomeno dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano) colpisce soprattutto le ragazze rispetto ai ragazzi, in particolare nel Sud Italia. La percentuale di ragazze Neet è pari al 20,5% contro il 17,7% dei ragazzi.

Transizione ecologica

L’attenzione al cambiamento climatico e alla transizione ecologica diventa sempre più importante, ma sono soprattutto i giovani a preoccuparsi. Oltre il 70% della popolazione ritiene il cambiamento climatico uno dei problemi principali del nostro Paese, soprattutto tra i giovani di età compresa tra i 20 e i 24 anni. Differenze di genere anche in questo contesto: le donne tendono a essere più attente e ad assumere comportamenti più sostenibili e responsabili rispetto agli uomini.

Com’è la situazione generale in Europa e in Italia? In Europa le emissioni di gas serra stanno diminuendo soprattutto grazie al contributo del nostro Paese: l’Italia è tra i cinque Paesi dell’Unione europea che forniscono il contributo maggiore a tale riduzione.

Per quanto riguarda, invece, i comportamenti quotidiani si può dire che la maggior parte degli italiani non si ritiene soddisfatta dei mezzi pubblici e che quindi opta per il trasporto privato, e al tempo stesso rallentano i progressi nell’ambito della raccolta differenziata: la percentuale è pari al 64% ma ancora non si riesce a raggiungere il target europeo fissato nel 2012 del 65%. C’è ancora una lunga strada da percorrere.

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