Bambini

Ma che caldo fa, signo’, per il suo bambino

Estate bollente e distanze siderali. Quartieri che trasudano monnezza: i rifiuti, a Roma, non si possono estirpare. Ma i luoghi comuni?
Credit: EPA/MOHAMMED SABER
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 5 min lettura
21 luglio 2023 Aggiornato alle 07:00

“Eh certo con questo caldo il bambino al centro estivo signo’…”.

Sono al negozio sotto casa per comprare un pezzo di focaccia (a Roma pizza bianca) per mio figlio; chiedo di tagliare qualche fetta di prosciutto cotto da infilarci dentro così che insieme alle fragole e ai pomodorini ciliegini componga un pranzo equilibrato.

Un pranzo al sacco che gli ho preparato mentre leggevo e selezionavo le notizie della mattina e la mia amica Stefania gli preparava la colazione, perché mio figlio ha dormito a casa sua questa notte, nonostante fossi in città. Sono tornata prima ma lui ha preferito rimanere lì, in via del Vascello, perché proprio voleva dormire da Stefania con il figlio, Edo, e guardare quello che fanno i maschi “grandi”. Io ho dormito da sola mi sono svegliata come tutti credo alle 5 del mattino per il caldo.

“Eh con questo caldo signo’ i bambini dovrebbero andare al mare…”.

Una volta lasciavo stare e seguivo la lezione che mia madre ha impartito a noi sorelle Tagliabue: “Sii superiore, non abbassarti al loro livello”. Aveva ragione, nel senso che per vivere in una comunità è meglio non sbilanciarsi troppo in ogni momento. E tuttavia, visto che le cose proprio in questi giorni mi stanno andando tanto male, oggi ho deciso che facevo diverso.

“Ma hai visto come va in giro vestita quella ragazzina? Ma non è tanto colpa sua, lì è la madre che la porta in giro così che non dice niente”.

Settimana scorsa, alla pescheria di via Federico Torre, dove ho comprato le vongole per fare una sorpresa sempre a mio figlio, è passata una ragazza che avrebbe potuto avere 16 anni, con dei pants che lasciavano parte del sedere scoperto.

Niente di diverso dalla pubblicità dei jeans Jesus del 1973. Sono passati 50 anni eppure qui, nel quartiere dove abita una parte importante della cultura italiana, Nanni Moretti, Giovanni Veronesi, Fulvio Abbate, Carlo Verdone, Frida Giannini, in passato la famiglia Bertolucci, il poeta Giorgio Caproni, Pier Paolo Pasolini, sembra di essere rimasti nel secolo scorso.

“Eh quest’anno sono 42 gradi, la gente non sta bene, possono succedere un sacco di cose…”

Sì, quest’anno fa più caldo dello scorso anno come lo scorso anno faceva più caldo del precedente. Quello che non cambia, col caldo, è l’atteggiamento di chi vede passare davanti a sé il mondo e non lo vede proprio il cambiamento.

Tutto così saturo di luoghi comuni triti e ritriti: i giornalisti che commentano le nuotatrici con commenti sessisti, i negozianti che colpevolizzano le madri ancora in città che non portano i figli al mare. Le bufere social (per fortuna) intorno alle parole “ma tanto a letto sono tutte uguali” e invece ancora, in giro, per strada, è colpa nostra se i figli soffrono e tengono il culo al vento.

Com’è più facile celebrare una stortura che qualcuno che ha insegnato tanto a tutti noi, come Andrea Purgatori. Com’è più facile continuare a far finta che tutto intorno vada bene, quando invece ancora viviamo in un Medioevo Millennial dove tassisti e negozianti (quelli che parlano con la gente, e contribuiscono a mantenere o far formare nuove opinioni, oltre che i media ovviamente) sono così antichi, nel loro sguardo. E non sono solo gli uomini.

“Signora, io non so come posso fare davvero perché i miei genitori sono malati e non possono tenere mio figlio al mare come i miei nonni tenevano me, e io durante il mese di luglio lavoro perché le ferie durante l’anno sono circa 25 giorni non è che siano di più. Il mio compagno è all’estero, io sto facendo la trottola tra Milano e Roma e lo so che fa caldo, fa caldissimo, ma non posso sentirmi in colpa perché lavoro e devo portare mio figlio al caldo al centro estivo perché non ho i genitori che mi tengono il bambino…”.

Ho una comunità di amiche per fortuna che mi supportano nei momenti di emergenza. Non è come avere i genitori che tutti i giorni ti aiutano. Ho risposto per le rime alla commerciante della pizza bianca ma non so se ho fatto bene perché d’ora in poi mi guarderà e mi descriverà a quelli del negozio come “quella che risponde male”.

Prima ero solo la mamma di quel bel bambino che scorrazzava in piazza Rosolino Pilo. Adesso, lo so di per certo, sono la mamma rompina del bel bambino che scorrazzava in piazza Rosolino Pilo.

Tuttavia se non comincio a rispondere intorno a me non cambierà mai niente. Anzi, se non comincio a rispondere, piano piano saranno loro a cambiare me. E invece sai che farò? Seguirò le orme di Alda Merini, e comincerò, nel quartiere dei grandi intellettuali, a seminar zizzania! Lei ne sarebbe felice, di un’Alda Merini de noantri! La pazza della porta accanto de Roma Capoccia.

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