Diritti

Le saudite guideranno i treni ad alta velocità

All’annuncio di lavoro dell’operatore ferroviario Renfe, che ha aperto le selezioni per 30 posizioni da macchinista, hanno risposto 28.000 candidate. Le neoassunte dovranno ottenere l’autorizzazione del parente maschio più prossimo o, se sposate, del marito
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
18 febbraio 2022 Aggiornato alle 21:00

Hanno risposto in massa all’annuncio di lavoro rivolto a 30 macchiniste in Arabia Saudita. Oltre 28.000 candidate da esaminare per Renfe, l’impresa ferroviaria spagnola che gestisce le tratte di alta velocità nel Paese.

Dopo il permesso di guidare i taxi, ora è la volta dei treni. Entro marzo, la società concluderà le selezioni, in cui verranno valutati principalmente la padronanza della lingua inglese e un colloquio online sulle esperienze pregresse.

Le neoassunte guideranno treni ad alta velocità tra La Mecca e Medina dopo un anno di formazione retribuita: una tratta coperta sino a ora da 80 uomini. Prima di accettare, però, dovranno ottenere l’autorizzazione del parente maschio più prossimo (il padre, il fratello etc.) o se sposate, del marito.

L’iniziativa si inserisce in un trend che recentemente ha visto allentare le numerose limitazioni lavorative che riguardano le donne nel Paese: fino al 2018 nel Regno di Mohammed Bin Salman le donne non potevano nemmeno guidare. Le opportunità di lavoro erano circoscritte ad alcuni settori in particolare, come l’istruzione e la sanità, purché nel rispetto delle regole di segregazione.

Nel giro di 5 anni la forza lavoro femminile è quasi raddoppiata, raggiungendo il 33% del totale, anche grazie al piano di rinnovamento economico e sociale del regno saudita, Vision 2030, presentato da Mohammed Bin Salman. Un incremento che ha riguardato soprattutto il settore privato, con picchi nell’industria ricettiva e alimentare (+40%).

Tuttavia, la situazione non è rosea. La disoccupazione femminile è tuttora tre volte superiore a quella maschile, che si attesta attorno al 21,9% e più in generale la repressione del dissenso è ancora uno strumento impiegato in misura massiccia ed è sfociata nel recente passato in dozzine di arresti tra le attiviste per i diritti delle donne e nell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.

La sensazione è che questi timidi segnali di aperture rientrino in una strategia più ampia basata sulla politica del consenso.

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