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Rivoluzione: cosa significa?

Il 1° giugno si apre il Mese del Pride. 30 giorni per imparare e condividere storia, cultura, lessico e personaggi Lgbtqai+ e formare “Le parole dell’orgoglio”, un vero e proprio vocabolario, dalla A di Arcigay alla Z di Zedsexual
Credit: Rivera Sylvia: chi è?
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
1 gennaio 2023 Aggiornato alle 14:14

“Non esiste la possibilità per l’omosessuale di emanciparsi completamente in seno alla società capitalista. La liberazione totale dell’essere umano che è in lui non avverrà che con la rivoluzione condotta dal proletariato per l’emancipazione dell’umanità, la quale, rendendo all’uomo la sua propria essenza, gli renderà con essa la sessualità, che gli è strutturale, in quanto componente fondamentale dell’essere animale. La sessualità si riscoprirà allora libera da quelle forme di comportamento escludentesi l’un l’altra, cioè da quei fenomeni con cui si presenta oggi la sessualità alienata dell’uomo”.

Era il settembre 1972 e Mario Mieli spiegava sulle pagine del Fuori! Perché l’unica via per la liberazione omosessuale fosse la rivoluzione.

Il movimento gay italiano, sul modello dei coevi movimenti internazionali (il Glf statunitense e il Fahr francese) era effettivamente nato come rivoluzionario e questa sua anima era racchiusa dalla “r” dell’acronimo “Fuori” (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani), nel sottotitolo del numero zero della rivista, “Mensile di Rivoluzione Sessuale”, uscito nel dicembre 1971, e nelle pagine della rivista, su cui si poteva leggere: “Nelle capitali del nord, del benessere, della cosiddetta libertà sessuale, la condizione dei liberi omosessuali è paurosa: sono stati accettati alle condizioni precise del capitale e, ma era il caso di dirlo, sono a suo esclusivo vantaggio. Già perché è anche nella logica del capitale l’accettazione è condizionata. Chi vuole comandare ha bisogno di servi: e l’accettazione viene scambiata con la servitù. […] Gli omosessuali del FUORI! sono usciti soltanto con la coscienza della loro omosessualità. Ma con la volontà di spingere questa loro condizione sino alle più estreme conseguenze, che è la rivoluzione e con la certezza che la loro rivoluzione è LIBERAZIONE”.

Già a partire dal 1973, però, il movimento iniziò a scindersi in due anime, una ancora convintamente rivoluzionaria, animata dai collettivi autonomi che vedevano in Mario Mieli un punto di riferimento, l’altra progressivamente sempre più riformista, guidata da Angelo Pezzana. Il dibattito tra rivoluzione e riformismo (che avrebbe portato alla spaccatura tra il Fuori!, dal 1974 federato al Partito Radicale e gli altri) sarebbe continuato per tutti gli anni ‘70, ma a partire dagli anni ‘80 sarebbe stato l’approccio riformista a imporsi.

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