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Omofobia: che cos’è?


Il 1° giugno si apre il Mese del Pride. 30 giorni per imparare e condividere storia, cultura, lessico e personaggi Lgbtqai+ e formare “Le parole dell’orgoglio”, un vero e proprio vocabolario, dalla A di Arcigay alla Z di Zedsexual
Credit: Mag Pole
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 2 min lettura
1 gennaio 2023 Aggiornato alle 12:41

Omofobia, dal greco ὁμός - homòs - (stesso, medesimo) e φόβος - fòbos - (paura) letteralmente significa “paura dello stesso”.

Il termine “omo”, però, in questa accezione è usato come abbreviazione di “omosessuale”, e quindi il termine indica “la paura e l’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità, della bisessualità e della transessualità e quindi delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali basata sul pregiudizio”.

Il termine “fobia” perde il suo significato clinico – l’omofobia non è classificata come una vera fobia e non compare né nel DSM né nella classificazione ICD – e come il termine xenofobia indica genericamente un’avversione.

Il termine è stato coniato dallo psicologo clinico George Weinberg nel suo libro Society and the Healthy Homosexual del 1971.

Generalmente si utilizza il termine omofobia per riferirsi a un’avversione individuale, mentre si preferisce il termine eterosessismo per indicare l’atteggiamento antiomosessuale sistemico e istituzionalizzato.

L’omofobia non riguarda solo le persone eterocisgender, ma può essere interiorizzata anche da parte delle persone appartenenti alla comunità Lgbtqai+, soprattutto se cresciute in contesti fortemente religiosi o conservatori.

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