Diritti

Aborto: a Google 10 milioni di dollari dalle cliniche anti-choice

Il rapporto Profit from Deceit rivela che nel post-Roe il motore di ricerca ha tratto profitto dagli annunci che indirizzano le persone in cerca di centri per l’aborto verso siti ingannevoli di false cliniche
Credit: Thiago Matos
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
15 giugno 2023 Aggiornato alle 20:00

Google sta tradendo la fiducia di centinaia di migliaia di americani che cercano assistenza e servizi per la riproduzione. Invece di fornire risultati accurati alle persone che cercano “cliniche per aborto vicino a me”, il motore di ricerca le sta indirizzando direttamente verso coloro che desiderano solo ritardare e impedire loro le cure utilizzando pratiche ingannevoli. E questo è molto redditizio per Cupertino: almeno 10 milioni di dollari in soli due anni.

A dirlo è uno studio del Center for Countering Digital Hate (Ccdh) nel report Profit from Deceit (trarre profitto dall’inganno), che mostra “come Google trae profitto dagli annunci anti-choice che distorcono le ricerche sull’assistenza sanitaria riproduttiva”, spiega il sottotitolo.

Al centro dell’inchiesta ci sono quelle che spesso vengono chiamate Crisis Pregnancy Centers, false cliniche per la salute riproduttiva che apparentemente sembrano offrire consulenza indipendente sull’assistenza sanitaria riproduttiva, ma in realtà sono gestite da organizzazioni anti-choice che cercano di instillare vergogna e paura in chi cerca servizi come l’aborto, utilizzando tattiche basate su disinformazione e bugie mediche.

L’obiettivo di questi centri, che il report definisce “la pietra miliare del movimento anti-choice”, è intercettare le persone e a impedire loro di esercitare il diritto a una consulenza e a servizi validi. Per raggiungerlo, il movimento spende quattro volte di più in annunci di ricerca su Google per promuovere queste false cliniche – mirando a più di 15.000 query diverse relative all’aborto, tra cui “pillola abortiva”, “clinica abortiva”, “clinica abortiva vicino a me” e “planned parenthood” – che in annunci legati alle campagne per limitare l’assistenza all’aborto. Gli investimenti sono più del doppio negli stati in cui l’aborto è ancora legale.

Il 71% di queste cliniche, spiega il Ceo di Ccdh Imran Ahmed nella sua introduzione al rapporto, utilizza mezzi ingannevoli e false affermazioni, come quelle secondo cui gli aborti sarebbero collegati al cancro e ad altre malattie. In quasi 4 casi su 10 (38%), le homepage non dichiarano esplicitamente che queste cliniche non forniscono aborti, e le persone che finiscono su questi siti spesso lo scoprono quindi troppo tardi, quando sono già nel centro.

Ma c’è di più. Dopo il rapporto del Ccdh del settembre 2021 Endangering Women for Profit – che aveva mostrato come Facebook e Google stessero vendendo annunci a scopo di lucro per promuovere questa procedura, in alcuni casi a minori di 13 anni – Google si è impegnato a vietare la pubblicità della cosiddetta “inversione” della pillola abortiva (Apr), un metodo non provato e non sicuro per invertire un aborto medico.

Eppure, il 40% delle cliniche con falsi annunci propone questo trattamento e dal 2021 a oggi Google ha da allora incassato 2,6 milioni di dollari in entrate pubblicitarie da questi siti web di false cliniche che lo promuovono.

È evidente perché il movimento anti-choice sia così interessato a comparire nei risultati di Google Search: la ricerca su Google è la principale fonte di informazioni sull’aborto, con oltre 102 milioni di ricerche ogni anno.

Secondo diversi studi non solo le persone hanno un alto grado di fiducia nei motori di ricerca, ma fanno fatica a distinguere i risultati organici dagli annunci a pagamento. E la confusione è ancora maggiore grazie (o forse meglio dire per colpa) dell’aiuto di specialisti del marketing che aiutano queste cliniche a diventare “sagge come serpenti, innocue come colombe”. E funziona: gli esperti di marketing anti-choice affermano che la ricerca su Google è la fonte principale di traffico verso le false cliniche.

E Google? Il motore di ricerca, continua Ahmed, “partecipa e sostiene volentieri l’industria delle false cliniche, traendo profitto - e persino sovvenzionando - dalle campagne della lobby anti-choice. È il perno di un’industria multimilionaria di false cliniche che lavora 24 ore su 24 per privare gli americani dell’assistenza medica con mezzi ingannevoli”.

Per questo “è necessaria una riforma urgente”. Google, spiega il Ccdh, deve esigere trasparenza dalle false cliniche che pubblicano annunci, attraverso almeno 3 cambiamenti:

1. Le false cliniche devono riportare su tutti gli annunci la dicitura “non fornisce aborti”;

2. I siti web delle false cliniche devono mostrare chiare disclaimer evidenti;

3. Google deve porre fine alle sovvenzioni agli annunci per i siti web ingannevoli delle false cliniche.

Ma non basta: Google dovrebbe anche evidenziare e dare priorità alle vere cliniche abortive nei risultati di ricerca e i legislatori dovrebbero dare alla Federal trade Commission (che protegge i consumatori americani) il potere di proibire la pubblicità ingannevole sull’aborto.

Per questo, l’associazione invita a firmare una petizione: “l’industria anti-choice arma le bugie e la paura per prevenire l’aborto. Google guadagna milioni di dollari dalle loro bugie”, spiegano, “Chiediamo a Google di smettere di trarre profitto dalle bugie del settore anti-choice”.

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